Capitolo 11 𝕷𝖆 𝕮𝖔𝖗𝖔𝖓𝖆

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Improvvisamente,sparirono tutte le serve.
E mìtera non ne assunse,diceva che preferiva darsi da fare in casa lei stessa che mettere per casa delle donne 'ingrate'.
Diceva proprio così,con una faccia disgustata e pensante,come se le venissero brutti ricordi in mente.
Io non sapevo perché facesse così.

Avevo provato a chiedere altre informazioni a Vichy,a Gallia o ad Hispania,e tutti e tre dicevano 'nulla d'importante,Salò'.
Ma io non ero Salò!
Ero Regno,ma nessuno lo capiva.
Ero il maschio dei due,ma sembravo esser preso per una donna.
Forse perché avevo i capelli più lunghi di lei...
Ma mìtera non ci scambia,però.
Infatti,mi ha detto che è normale per le femmine che da bambine i capelli crescano lentamente,soprattutto se ricci.

E proprio in quel momento,ero insieme a Salò.
Non parlava quasi mai con gli altri,mi diceva solo qualche parola all'orecchio che poi avrei dovuto riferire facendo da tramite.
Era molto timida,e non volevo lasciarla da sola proprio per questo.
In quel momento era seduta,e stava guardando fuori dalla finestra,quasi sognante.
Le luccicavano gli occhi.
"Andiamo fuori?" Le chiesi,spezzando il silenzio tombale tra noi due.
Rimase a guardarmi un secondo e poi annuì leggermente,alzandosi.
La presi per mano e dissi a Gallia che fossimo stati in collina,qualora ci cercassero.

Lei non usciva quasi mai,poiché fosse donna ed anche la più piccola di tutti.
Mentre io potevo uscire,ma non capivo perché!
Siamo perfettamente uguali,cos'ho io che lei non ha?
Quando ci addentrammo in mezzo alle case ed alle persone mi strinse la mano,impaurita ed estranea a tutto quel mondo.
"Tranquilla,non voglio portarti qua." Le dissi,ed accelerai il passo.
Dopo circa mezz'ora ci fermammo in una collina,vicino ad un monte marrone altissimo.
Mi sorprendevo che una città di mare come Neapolis potesse avere vicino alla costa monti tanto alti.

In cima alla collina c'era un albero,con qualche cespuglio accanto.
Mi sedetti appoggiando la schiena al tronco e lei fece lo stesso,sedendosi accanto a me.
"La gente è..molto ciarliera." Mi disse,con un filo di voce quasi udibile.
"Si,è vero. Tutti sono così qui,abituati." Le dissi,guardando per terra.

C'erano diverse foglie di Farnia,l'albero con cui stavamo prendendo riparo dal Sole.
Presi un bastoncino mal ridotto e poco spesso e lo divisi a metà,cominciando ad intrecciare le foglie tra di loro nel bastoncino.
In poco tempo,feci una corona.
Sorrisi soddisfatto e la posai sulla testa della mia principessa.
Certo,amavo anche le mie sorelle e mìtera,ma lei era qualcosa in più.
Era...qualcosa che non riuscivo ad esprimere.
Sono nato con lei,e credo che ci morirò pure.
Ma non metto fretta,ho una vita davanti ed io ho ancora quasi cinque anni.

La mia principessa mi abbracciò,mettendo le braccia intorno al mio collo.
"Sei bravo,chi ti ha insegnato?" Chiese,con voce calma e dolce.
"Nessuno,ho fatto al momento."
"Oh- ... Ne fai un'altra?" Mi chiese,staccandosi da me.
Così,ne feci un altra,simile alla prima.
"Woah..."
"Questa la regalo a mìtera... Secondo te le piacerà?" Le chiesi.
"Certo! Hai un talento,Regno."

Quella sera,ad ora di cena,le diedi la corona che avevo fatto.
"È stupenda,tesoro,sei bravissimo!" Mi disse,sorridendomi.
Sembrava che le fosse piaciuto veramente.

Acaia's pov
Qualche giorno dopo quel meraviglioso regalo di Regno,che conservai con amore nella camera mia e di Roma,qualcosa di stupendo accadde.
Per la seconda volta,ero in gravidanza.
Roma mi abbracciò,nell'atrium,davanti a tutti.
Hispania ci guardò confuso,ed anche un po' disgustato.
"Ragazzi,dobbiamo dirvi una cosa." Annunciò Roma,e così Victoria andò a chiamare i gemelli.

Quando furono tutti lì,Roma mi diede un bacio sulla fronte e si staccò.
"Io non ci ritorno a Roma." Disse Hispania,anticipando qualsiasi notizia lo aspettasse,provocando una risata a me e Roma.
"No,rimaniamo qui per ora,tesoro." Gli risposi,tranquillizzandolo.
"Arriverà un altro bambino." Disse l'amore accanto a me.
"Un altro!?" Esclamò Vichy,più sbalordita del previsto.
"Ma siamo un gruppo di legionari,voglio dire- Così diventiamo sei!" Si lamentò Gallia,quasi a scopo ironico poiché ridemmo tutti,persino lei.
"Europa ha voluto questo." Le rispose,così,Roma.
"Veramente l'hai voluto tu perché-" Non finì di parlare,Hispania,che Roma gli fece segnale di star zitto mettendo un dito davanti le labbra.
"Perché?" Chiese Regno,invitando Hispania a finire ciò che stava dicendo.
"Nulla!"
Il bambino allora alzò le spalle e tornò in camera,seguito a ruota dalla gemella.

E di nuovo,si ricomincia.
La pancia crescerà,i dolori pure,fin quando non ne uscirà una creatura che Roma nominerà con nomi un po' di merda.
Di cinque si è salvata solo Victoria per ora.
Per un momento,pensai come tutti erano diversi.
Erano unici ed inimitabili,ognuno con il proprio colore e la propria anima.
Mi accarezzai il grembo: e tu,tesoro mio,come sarai?
Quale sarà il tuo colore?

E mentre pensavo questo,di sera nel peristylum,il giardino centrale della Villa,a guardar le stelle,sentì la testa girarmi e quasi persi la lucidità.
Iniziai a vedere sfocato ed ogni movimento si fece impercettibile,sentì solo dei passi e caddi a terra,perdendo controllo delle mie gambe.
L'ultima cosa a cui pensai fu il bambino,e speravo con tutta me stessa che non abbia sbattuto la pancia e che lui,o lei,stia bene.

Roma's pov
Era sera,i ragazzi erano tutti a letto,quando decisi di raggiungere la mia amata.
Ora che aspettava un bambino,poi,non poteva sostenere tutte le faccende di casa come le serve facevano,quindi volevo discuterne.
Anche se,dopo ciò che quelle maledette da Giove hanno fatto a mio figlio,non vorrei assumerne nemmeno una neanch'io,ma era per il suo bene.
Non poteva ammazzarsi e sopportare la gravidanza allo stesso tempo.

La vidi da lontano nel peristylum,ma quando cercai di raggiungerla la vidi abbassare lo sguardo dal cielo ed oscillare leggermente,finché non svenne per terra.
Mi affrettai e corsi da lei,caddi in ginocchio davanti a lei e le presi il polso,verificando se il battito fosse presente.
A mia fortuna,si.
C'era ancora,amore mio...
Per un attimo mi sentì sopraffatto dal panico che sentivo gli occhi bruciare dalle lacrime che minacciavano di solcarmi il volto.

La presi tra le mie braccia e la portai a letto,nella nostra camera,le diedi un bacio sulla fronte e sperai che il giorno dopo avrei rivisto il suo splendido e raggiante sorriso.
Se non fosse stata notte,avrei chiamato un medico,ma mi toccava fissare il soffitto e pregare i miei fidati dèi quella notte,al posto di dormire.













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✵𝘓𝘢𝘴𝘤𝘪𝘢 𝘧𝘢𝘳𝘦 𝘢𝘭 𝘋𝘦𝘴𝘵𝘪𝘯𝘰✵Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora