❦︎𝒜𝓇𝓇ℯ𝓃𝒹𝒾𝓉𝒾 𝒶𝓁 𝒹ℴ𝓁ℴ𝓇ℯ 𝒸𝒽ℯ 𝓉𝒾 𝒶𝓈𝓅ℯ𝓉𝓉𝒶❦︎

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Passarono anni.
Tanti anni.
La piccola Dacia crebbe molto in fretta: pensate,aveva già sei anni!
Ed era anche molto brava con l'arco,già alla sua tenera età.
Cale era di un anno più grande di lei,e la differenza un po' si vedeva.
Lui era più alto,più maturo,più taciturno.
Sembrava quasi mìtera.
Regno e Salò cominciavano finalmente a differenziarsi.
Avevano dieci anni,Salò cominciava a svilupparsi fisicamente e Regno si tagliò per la prima volta i capelli,più lunghi di quelli di sua sorella.
Erano armoniosi come sempre,ma litigavano spesso.
Il motivo era semplice: Salò,per la cultura dell'epoca,poteva già essere promessa a qualcuno e sposarsi non appena avrebbe compiuto unidici o dodici anni,e per questo molti ragazzi le fischiavano,si avvicinavano a lei o comunque la guardavano con spiccato interesse,facendo infuriare Regno.
La teneva stretta accanto a sé,stringendole il polso,come se in quel momento fosse disonorata e quando tornavano a casa le urlava contro fino a farla scoppiare a piangere.
A volte era così nervoso che perdeva le staffe e cominciava a sbottare in greco antico senza rendersene conto.
Victoria ed Hispania divennero molto più tranquilli dopo la ripacificazione con nostro padre,avvenuta qualche anno fa.

Ma un problema si fece presente.
Si,un altro!
Mio padre cominciò ad ammalarsi.
Giorno dopo giorno diventava sempre più debole,era sempre stanco e nemmeno riusciva a prendere in mano la sua lancia.
Aveva delle occhiaie scure e ampie,il suo viso era segnato dalla stanchezza e da tutta la sofferenza fisica e mentale che provava.
Odiava vederci confusi e spaesati quando non sapevamo organizzarci,perché sapeva che non poteva far niente per aiutarci.
Era immobile,nel suo letto,a sentirci discutere con gli occhi lucidi.
Oramai,anche i nostri ruoli erano cambiati.
Con l'indebolimento di mio padre,si aggiungeva anche quello dell'impero,come avevo previsto.
L'economia andò completamente a puttane ed i prezzi erano altissimi per qualsiasi cosa.
Hispania cominciò a lavorare,vendendo abiti,stoffe per la casa come centrini per i tavolini delle case patrizie e coperte ad un prezzo minore per i più poveri.
Le tesseva tutte Vichy,avendo appreso da mìtera come cucire.
Io non uscivo più a far la spesa,anzi,stavo sempre a casa,a badare a nostro padre.
Infatti,fui costretta a dire addio a William,che a quanto so tornò in Britannia.
Regno e Salò,invece,erano quelli che si occupavano della spesa al posto mio.
Io gli dicevo cosa comprare e soprattutto dove e loro pian piano stavano imparando.
Ammetto che saper 'barattare' era qualcosa di difficile,devi essere cocciuto per ottenere ciò che vuoi al prezzo che vuoi,e loro non erano abituati a tutto ciò,ci vuole tempo!
Cale e Dacia,invece,mi aiutavano con la casa.
Sistemavano le stanze di ognuno, spolveravano,sistemavano la spesa nella dispensa,apparecchiavano e mi aiutavano a preparare i pasti.

Che dire,ci davamo da fare e cercavamo di andare avanti come potevamo,insieme fino alla fine.

Era sera,stavo sparecchiando,quando sentì mio padre chiamarmi dalla sua stanza.
Sospirai,chiamai Dacia e Cale e mi inginocchiai,dinanzi a loro.
"Potete finire di sparecchiare voi? Papà mi chiama..." Chiesi,con un tono stanco e delicato.
"Certo!" Esclamò Cale,sorridendo.
Io sorrisi e lasciai l'incarico ai due,andando in camera di mio padre.
Chiusi la porta e mi avvicinai a lui.
"Si,padre?"
Lui alzò un po' il busto,allungando la mano fino alla mia guancia.
"Sapete che io vi amo,no?" Chiese,con una voce e debole e flebile,quasi inudibile.
Sorrisi,sedendomi nel letto accanto a lui,toccando la sua mano sulla mia guancia.
"Si,padre,lo sappiamo bene." risposi,con un tono paziente.
"Bene. Ricordatevelo per sempre,e rimanete uniti nel nome del sangue che vi lega,d'accordo?"
Lo guardai,perplessa e preoccupata.
"Padre,perché parlate di queste cose ora? Quanto siete pessimisti..." Mi lamentai,sapendo dove andava a parare.
Lui avvicinò il mio capo al suo e mi diede un bacio sulla fronte.
"Non dimenticatevi mai che appartenete alla stessa famiglia,nei secoli che verranno." Continuò,non badando alle mie parole.
Mi guardò negli occhi e sorrise.
"Ti ricordi di tua madre?" Chiese,toccandomi il viso.
La fronte,le guance,le palpebre,le labbra.
"Vagamente." Risposi.
"Ricordi i suoi occhi?"
"Erano azzurri come i miei." Risposi.
"Erano i suoi,e adesso sono i tuoi occhi. Quando mi trovavo spaesato,sconfortato,mi bastava guardarli,ma non pensavo che avrei trovato lo stesso sollievo riguardandoli nel tuo viso." Spiegò,con una dolcezza sconfinata ed inimmaginabile.
"Dovete dormire,padre,siete stanco e domani è un altro giorno." Dissi,cambiando discorso e staccandomi da lui.
Gli rimboccai le coperte e gli sorrisi.
"Buonanotte,padre."
"Notte,figlia mia."

✵𝘓𝘢𝘴𝘤𝘪𝘢 𝘧𝘢𝘳𝘦 𝘢𝘭 𝘋𝘦𝘴𝘵𝘪𝘯𝘰✵Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora