Capitolo 5

573 44 19
                                    

Non troppo lontano dal castello, c'era uno laghetto. Si trovava nel cuore della foresta, al di fuori dal sentiero consigliato, ma non ci mettemmo molto a raggiungere la piccola oasi. Non avevo voglia di farmi una nuotata nell'acqua gelida, ma Alexi mi aveva rassicurato che sarebbe stato rinvigorente, e totalmente sicuro. Perciò, quando bussò alla mia porta quella domenica mattina, andai con lui senza pensarci due volte. Non possedevo un costume da bagno, quindi Thomas aveva dovuto prestarmene uno dei suoi. Era un po' troppo grande per me, ma avevo dovuto accontentarmi. Tra tutti, il suo fisico era quello più simile al mio. Christian era più alto di me, ma decisamente più magro; Paola era la più bassa, mentre Alexi torreggiava su tutti noi.

Con quel pensiero, osservai da lontano il suo petto liscio e gli addominali scolpiti, chiedendomi se sarebbe stato in grado di caricarmi sulle sue larghe spalle e trasportarmi come se non pesassi nulla. Lo avevo sognato, una volta. Non ricordavo chiaramente cosa fosse successo nel sogno, ma non avevo dimenticato le sensazioni che mi aveva trasmesso; sicurezza e desiderio. Se mi concentravo abbastanza, potevo ancora sentire le sue mani su di me, la sua bocca, il suo...

«Terra chiama Benjamin.»

Abbandonai i miei sogni ad occhi aperti e guardai Thomas. Mi stava fissando con un sopracciglio inarcato.

«Cosa?» chiesi.

«Hai intenzione di spogliarti o vuoi continuare a sbavare dietro Alexi per tutta la mattina?»

«Non lo stavo facendo.»

«Certo.»

Loro quattro si erano già spogliati. Thomas era in piedi sulla riva, e si stava stiracchiando, mentre gli altri si erano tuffati. Alexi nuotava da solo, mentre Paola galleggiava accanto a Christian, che era ancora in piedi, con l'acqua che gli sfiorava i fianchi. Aveva una strana fascia attorno al petto; era stretta e sembrava molto costrittiva. Piegai i miei vestiti per terra e mi incamminai verso di lui. Come avevo immaginato, l'acqua era ghiacciata.

«Che cos'è?» gli chiesi, indicando il capo di abbigliamento. La mia voce vacillò mentre un brivido mi percorse da capo a piedi. Cominciavo a pensare che seguire Alexi non fosse stata una grande idea e che saremmo sicuramente morti di ipotermia, anche se sembrava che fossi l'unico a soffrire.

Christian mi sorrise. Sembrava totalmente a suo agio. «È un binder. Serve a persone come me

Oh. Non ci avevo pensato.

«Lo indossi sempre?»

«Sotto i vestiti? Sì.»

Ammisi a me stesso che non sapevo quasi nulla sulle persone trans. L'unica volta che avevo incontrato qualcuno come Christian era stato quando vivevo a Londra, e un mio conoscente mi aveva portato in un posto alquanto losco per il suo compleanno. Mi aveva detto "Ci sono ragazzi che sono ragazze qui, Ben. È perfetto per te", come se stessimo andando a fare la spesa e la mia preferenza sessuale fosse solo un mio gusto peculiare invece che una parte di me. Inutile dire che disprezzavo quel ragazzo.

Quella notte incontrai una ragazza, che mi raccontò della sua transizione prima di poter vivere liberamente come se stessa. La sua famiglia l'aveva ripudiata per quello, definendola un abominio, e l'aveva lasciata senza niente; per quel motivo, era stata costretta a trovare altri mezzi per sopravvivere. Non parlammo per molto tempo; io non ero interessato a pagare per il sesso e l'intero quartiere puzzava di delinquenza, quindi me n'ero andato quasi subito. Ma mentre tornavo a casa, mi ero posto delle domande.

Come decidiamo cosa è normale e cosa non lo è?

Chi lo decide?

Perché le cosiddette leggi della natura rendono gli uomini così inclini al pregiudizio e all'ingiustizia?

Gilded Cage - L'illusione della libertàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora