Capitolo 9

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Apro lentamente gli occhi e impiego qualche secondo prima di ricordarmi ciò che è successo ieri sera. Pietro. Sono nel letto con lui. Facendo piano mi giro verso di lui e noto che sta ancora dormendo, non voglio svegliarlo. Sembra un angelo: ha tutti i capelli scompigliati davanti al viso e la bocca semichiusa. Delicatamente, provo a spostare qualche ciocca dorata dal viso e traccio il suo profilo. Nonostante la barba ha la pelle morbida. Starei ore a guardarlo, e mentre l'osservo sul suo viso nasce un sorriso e comodamente apre gli occhi. Wow. Erano belli, ma adesso ancora di più. Per svegliarlo, mi sa che il mio tocco non era delicato quanto pensassi.

"Buongiorno – dice stropicciandosi gli occhi – come hai dormito? Ti ho tenuto caldo?", annuisco sorridendo. Si mette seduto e lo copio. "Cosa desideri fare oggi? Io sono abbastanza libero." continua. "Non lo so, dimmi tu." dico, so che prenderò una ramanzina da parte di mia mamma se non torno per stasera, ma sinceramente, adesso, è l'ultimo dei miei pensieri. Nel frattempo, mi attira a sé mettendomi un braccio intorno alle spalle e mi accarezza; appoggio la testa sul suo petto, riuscendo a sentire il battito del suo cuore, e mi beo tra le sue braccia. Gli unici pensieri che mi girano per la mente sono due: cosa sarebbe successo ieri sera se Andrea non l'avesse chiamato e che mai mi sarei immaginata una situazione del genere con un ragazzo che conosco da relativamente poco. Non pensavo che mi sarei lasciata andare così velocemente, non che sia accaduto chissà cosa, ma per la mia esperienza inesistente è già tutto troppo.

Passiamo così circa una quindicina di minuti e, ad un certo punto, il mio stomaco ci richiama alla realtà. Vorrei sotterrarmi, lui ride e afferma: "Qualcuno ci vuole dire che ha fame, prepariamoci così lo porto a mangiare. – voglio sotterrarmi ancora di più, davvero – Mi vado a fare una doccia, tu fai come se fossi a casa tua. In fondo sulla destra c'è un altro bagno, io uso quello che c'è giù." Lo ringrazio e mi dirigo in bagno per darmi una sistemata e per cambiarmi. Per fortuna ieri ho optato per un abbigliamento che va bene anche di giorno, se no mi sarei sentita a disagio. Una volta finito di prepararmi sono tornata in camera per prendere il mio cellulare e lo trovo lì: i capelli non ancora asciutti che gli cadono davanti al viso, indossa solamente dei jeans larghi scuri e non ha ancora messo la maglietta. Ad ogni secondo che passa sento le mie guance che stanno diventando sempre più rosse; rimango pietrificata, non riesco a non guardarlo. Ed infine, mette una maglietta semplice bianca. "Ah sei qui, – sorride – direi di prendere anche un qualcosa da mettere sopra perché oggi fa freschino." Annuisco ringraziandolo mentre mi porge un maglioncino grigio e prende anche per sé un pullover verde scuro. "Ti aspetto giù" dico mentre prendo il mio cellulare; scendendo, noto un messaggio da parte di Emma "Heyyy, com'è andata l'uscita? Io tutto bene, sono arrivata sana e salva. Grazie per avermelo chiesto" è ironica. Decido di risponderle con un semplice "Mi fa piacere che tu sia arrivata tutta intera. Quando arrivo a casa ti racconto per bene". Il suo messaggio arriva subito: "Un uccellino mi ha detto che non siete a Empoli e che sareste tornati oggi; inoltre, sempre l'uccellino, ha aggiunto che Pietro aveva un tono scocciato quando ha risposto come se avesse interrotto qualcosa." riesco a leggere il messaggio con la sua voce e immagino anche il suo tono: un misto tra divertito e malizioso. "E questo uccellino si chiama Andrea? – replico io – comunque non siamo a Empoli, torniamo dopo. Appena metto in piede in camera mia ti chiamo, promesso"; mi invia solamente una faccina con l'occhiolino, leggo e sorrido. Sento dei passi alle mie spalle, mi alzo e chiedo: "Dove mi porti oggi?"; "Dove ci porta il vento – dice ridendo – sinceramente non so. Tu dove vorresti andare?" alzo le spalle e indicando il mio stomaco gli manifesto le mie volontà: "Qui qualcuno desidera del cibo"; "Hai ragione, allora andiamo a mangiare una cosina. Ti fidi?" gli vorrei rispondere sempre, ma mi sembra un po' troppo presto e annuisco aggiungendo: "Però pago io; già hai fatto tutto tu ieri, in più mi hai ospitata a casa tua."; "Vediamo..." dice solamente. Ma spero che me lo permetta perché non voglio approfittare della sua gentilezza.

Chiude la porta della villa, ci mettiamo in macchina e in cinque minuti arriviamo. È un altro ristorantino sulla spiaggia, anche qui lo salutano e ci fanno accomodare. Al momento dell'ordinazione Pietro mi chiede se mangiassi di tutto e al cameriere dice solamente: "Il solito, grazie. – poi rivolgendosi a me – Non te ne pentirai. Questo è il miglior ristorante che li cucina." Sorride e io ricambio. I nostri sguardi si incatenano nuovamente, lui stende il braccio lungo il tavolo e non appena le nostre dita si toccano sento come una scossa. Stavolta sento anche una cosa nuova come se fosse mal di pancia, ma non ci penso. Credo sia il brontolio del mio stomaco. Lui mi prende la mano e non la stacca fino a quando non ci arriva ciò che ha ordinato. "Questo è per la signorina – dice il cameriere – e quest'altro è per lei." Ringraziamo all'unisono e allo stesso tempo ci portano anche del vino bianco. Ringraziamo ancora e iniziamo a mangiare. Sono degli spaghetti con vongole e dall'aspetto sono molto invitanti. "I migliori eh? – dico guardandolo con fare sospetto dopo la prima forchettata, mi guarda abbastanza spaventato – Hai ragione" fa un respiro di sollievo e rido. "È la prima volta che porto una persona in questo posto. Qui ci venivo sempre da piccolo con la mia famiglia per il compleanno di mia nonna ed è lei che mi ha fatto assaggiare per la prima volta questa pietanza, – inizia a raccontare – e quando venivamo io e lei li prendevamo sempre; diceva sempre che solo le persone speciali potevano assaporare questa delizia. Da quando non c'è più non veniamo più come facevamo una volta e un po' mi manca essere quel Pietro spensierato. – gli prendo la mano accarezzandola e gli sorrido – Va beh, momento malinconico a parte diciamo che se c'è qualche evento importante veniamo qui o nel ristorante dove siamo stati ieri, insomma li alterniamo." Sorride cercando di non pensare a quanto detto precedentemente e beve un sorso di vino. Quindi vuol dire che sono importante, speciale? Non voglio illudermi inutilmente, e ricambio con un sorriso tenendogli sempre la mano. Dopo quel momento di ricordi, iniziamo a scherzare e parliamo delle nostre vite, di ciò che ci piace fare e cosa vorremmo fare da grandi. È appassionato di musica, suona la chitarra e qualche volta scrive anche delle canzoni. Lui e sua sorella sono amanti dei viaggi e infatti cercano sempre di organizzarsi per farli insieme.

Concludiamo il pranzo, cerco di distrarlo in tutti i modi possibili per avvicinarmi per prima alla cassa per pagare e, grazie alle mie doti atletiche molto scarse arriva prima lui e dice: "Facciamo metà, va bene?"; "No, dai per favore. Facciamo così: la prossima volta che usciamo, se ti va, paghi tu." rispondo io sperando che accetti. "Ah quindi stai già pensando al secondo appuntamento?" dice sorridendo divertito e mentre pago annuisco. Dopo alcuni secondi, ripenso a quanto detto; SECONDO APPUNTAMENTO? Questo era un appuntamento? E chi lo ha stabilito? Lui sembra tranquillo, come se non se ne fosse accorto o si fosse semplicemente scordato di dirmelo. Decido di comportarmi come lui: indifferenza all'esterno solo che internamente sto morendo. Probabilmente sono l'unica persona al mondo a non accorgersi di essere ad un appuntamento; mi sento stupida a non averlo capito prima. Magari adesso mi sto montando la testa e ho frainteso tutto. A interrompere i miei pensieri è lui che dice: "È successo qualcosa? Ti vedo pensierosa"; "No no, tutto okay. Grazie" dico mentre camminiamo per le vie del centro. Pietro, è ovvio che non sia tutto a posto. Non perché non vada bene, solo che non mi è mai capitato. Forse è vera quella frase che dice che le cose belle accadono senza che le si pianifichi. "Ti è piaciuta la serata di ieri sera?" mi chiede. "Davvero tanto, grazie." dico io. All'improvviso le nostre mani si sfiorano, forse questa volta non è colpa delle dunette che si creano sulla sabbia; sento le sue dita che si incrociano con le mie ma non ostacolo questa azione. Mi limito a girarmi e lo osservo, lui ricambia con un sorriso sincero e, continuando a chiacchierare, proseguiamo la nostra passeggiata fino ad arrivare alla macchina.

Dopo circa un'oretta di strada, siamo arrivati a casa mia; mette in sosta l'auto e lo saluto dandogli un bacio sulla guancia, lo ringrazio per la millesima volta ed esco. Mentre percorro il vialetto di casa, mi chiama e mi giro.

Vivo nel disordine - Fares || BNKR44Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora