13 CONSEGUENZE SERIALI

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La brezza della sera portava i profumi che il caldo pomeriggio estivo aveva accumulato per
le rigogliose campagne. Tra i rami degli alberi leggermente smossi, il cinguettio rompeva il
silenzio che solitamente regnava attorno alla proprietà in cui vivevano la signora Silvana e
suo figlio Pietro. Quella sera però, nei pressi della loro abitazione si potevano udire altri
suoni. Forti schiocchi seguiti da un pianto che pareva una cantilena disperata. Valeria,
l'autrice di quella cantilena, stava ricevendo la sculacciata più dura che avesse mai provato.
Silvana non si risparmiò. Dopo averle slacciato il costume ed averle scoperto le candide
natiche, iniziò a colpirle con gran vigore. In quei colpi c'era tutta la sua rabbia ed antipatia
verso quella ragazzina di città che sicuramente, a detta sua, stava portando suo figlio sulla
cattiva strada. Bastarono pochissimi colpi per far diventare rosso fuoco quel sedere, ma
Silvana non si lasciò impietosire e continuò a colpire fino a sentire il braccio indolenzirsi. Sul
divano a fianco, Pietro e Antonia assistevano in silenzio. Uno in evidente imbarazzo, più
causato da sue reazioni fisiologiche alla vista della pseudo fidanzata seminuda, e l'altra
intenta ad assicurarsi che la nipote ricevesse la giusta punizione. Dopo qualche minuto,
Silvana si fermò. Mosse il braccio evidentemente affaticato da tutte le sculacciate rifilate al
figlio e a Valeria.
“Accidenti, inizio ad invecchiare cara Antonia” disse infastidita tenendo di sfigurare davanti
alla sua illustre amica.
“Ti capisco, mia cara. Anche io con Diana ho dovuto arrangiarmi con l'avanzare dell'età.
Dove non arriva la mano, ci arriva qualcos'altro” la tranquillizzò Antonia con la voce
dell'esperienza.
Valeria era troppo provata per ragionare sulle parole della nonna, ma sentire nominare sua
zia Diana le fece pensare a quanto quella punizione fosse molto più pesante confrontata con
quella impartita da sua zia giorni prima. Piangeva, sia per il dolore e sia per la vergogna;
Pietro era lì e vedeva tutto, la vedeva in quella situazione… come avrebbe fatto a guardarlo
ancora in faccia dopo tutto questo? Vero che anche lei aveva assistito alla sua punizione, e
sicuramente lui si stava ponendo la stessa domanda. Sentiva parlare sua nonna e Silvana la
fece alzare dalle ginocchia su cui era sdraiata. Incerta sulle gambe e asciugandosi gli occhi,
Incrociò per un secondo lo sguardo di Pietro. La stava guardando intensamente, salvo
abbassare subito lo sguardo appena i loro occhi si incontrarono. Silvana si allontanò e
Valeria ne approfittò per andare in contro alla nonna cercando conforto. Questa però la
bloccò alzando un dito come ad ammonirla “signorina, non finché non avrai ricevuto la tua
punizione”.
Valeria sgranò gli occhi. Tutte le sculacciate prese non erano state sufficienti? La domanda
ebbe risposta non appena seguì lo sguardo di Pietro che si era voltato verso l'entrata della
sala da cui sua madre stava arrivando armata di una cintura di pelle.
“No! No! Nonna per favore!” Valeria cercò di impietosire Antonia. Sua nonna però assunse
un'espressione dura e glaciale, era evidente che per lei queste cose dovevano avere un loro
corso, senza sconti. D'altra parte nei giorni passati da quando erano arrivate lei, sua sorella
e sua madre a casa di nonna e zia, era stato chiaro che non si andava per il sottile in quanto
a punizioni. Però ora quella donna, Silvana, la madre di quello che sperava diventasse il suo
fidanzato non solo l'aveva appena sculacciata tantissimo, ma brandiva una cintura con la
quale avrebbe continuato a punirla. Cercò allora di scappare attorno al tavolo, una mossa
che ebbe il solo risultato di fare infastidire Silvana. In un attimo, la donna la afferrò ad un
braccio e la fece posizionare chi a sul tavolo. Due sferzate sulle già rosse natiche fecero
rizzare in piedi la ragazza.“Sta giù” la intimò senza troppe cerimonie Silvana.
“No” protestò la ragazza.
“Fa come ti dico o sarà peggio” lo sguardo della donna si posò su Antonia che parve
compiaciuta della risolutezza della sua amica.
“No, basta!” Valeria cercava di tirarsi su opponendosi al peso della mano di Silvana che
tentava di tenerle il busto contro il tavolo.
La donna allora fece un cenno al figlio Pietro, intento a fissare il fondoschiena della ragazza,
inebetito da quelle forme che aveva solo visto nei video che suo fratello maggiore teneva
nascosti.
“Pietro! Vieni qui e tienila ferma per le mani” gli ordinò vedendolo distratto. Suo figlio stava
guardando quella ragazzina in modo inappropriato e la cosa la fece ancora più infuriare.
Pietro si alzò titubante, sapeva che non obbedire a sua madre avrebbe avuto ripercussioni
dolorose e seppur controvoglia, la prospettiva di essere punito ancora gli fece eseguire
quell'ordine. Si posizionò dalla parte opposta del tavolo e prese le mani di Valeria. Pensò a
tutte le volte che si era trovato lui al posto della ragazza con suo fratello maggiore a tenerlo
mentre sua madre lo puniva.
“Scusami Vale” disse con un filo di voce mentre afferrava i polsi della ragazza per tenerla
ferma in posizione.
La cinghia schioccò parecchie volte e Valeria pianse fino allo sfinimento. Silvana sfogò tutto
il suo risentimento verso quella ragazza nei colpi che le infieriva senza pietà. Fu solo
l'intervento di Antonia che fece cessare il tutto. Si alzó dal divano e andò a contemplare il
lavoro fatto dall'amica. “Ci sei andata pesante. Ma credo che ora mia nipote abbia capito i
suoi errori”.
Il sedere di Valeria era viola, contornato da segni rossastri dove la cintura si era abbattuta
meno frequentemente. Lei, in lacrime e sfinita si tirò su a fatica qua di Pietro lasciò le sue
mani e si abbandonò tra le braccia della nonna.
“Tu va in camera tua, che stasera prima di andare a dormire finiamo il discorso anche con
te” disse Silvana al figlio indicandogli la scala che portava alle camere al piano di sopra.
Pietro, mesto, si diresse su per le scale cercando lo sguardo di Valeria che però aveva la
faccia sprofondata sul petto di sua nonna. Era sconsolato al pensiero che quella stessa sera
anche a lui sarebbe toccato la stessa sorte, ma era ancora più triste al pensiero che dopo
quel pomeriggio, Valeria non avrebbe più voluto vederlo.
Antonia rimase ancora un'oretta a casa di Silvana. Giusto il tempo di fare riposare Valeria e
sistemarla in modo che fosse presentabile nel loro ritorno verso casa. Silvana si prodigò in
mille scuse e elogi alla donna sua ospite.
Antonia e Valeria camminarono verso casa col sole in procinto di toccare la cima delle
colline e sparirvi dietro infuocando il cielo coi colori del tramonto. Solo i loro passi ed i suoni
della natura facevano loro compagnia.
“Hai compreso il perché della tua punizione, tesoro?” chiese all'improvviso la donna.
Valeria la guardò pensierosa. Poi accennò un -si- con la testa.
“Mi ha fatto molto male, nonna”.
“Lo so, piccolina. Ma non devi pensare che Silvana sia cattiva. Lei lo ha fatto perché ci
siamo molto preoccupate. E ora sia tu che Pietro sapete come dovrete comportarvi in
futuro”.
Valeria pensava che la mamma di Pietro in realtà la odiasse, ma il ragionamento di sua
nonna non era sbagliato in fondo e alla fine si convinse di aver sbagliato.
“Domani andrai a ringraziarla e a chiederle scusa, siamo d'accordo?” Antonia si fermò
aspettando la risposta della nipote. La ragazza guardò davanti a sé, verso la strada ancorada percorrere. Aveva capito di aver sbagliato, però non era convinta di voler rivedere quella
donna. Anche se non vederla più avrebbe significato non poter passare tempo con Pietro e
non era disposta a smettere di vederlo… o almeno credeva. Con quei pensieri in testa
rispose distrattamente alla nonna in modo affermativo, più per riprendere il cammino verso
casa che per convinzione. Nonostante il bruciore intenso al sedere, il resto della camminata
fu più tranquillo e spensierato. Giunte a casa, Valeria andò in bagno a sistemarsi ed Antonia
aggiornò Diana su quanto accaduto.
Giada aveva passato tutto il pomeriggio con sua zia Diana. Dopo la punizione ricevuta, la
donna aveva fatto stare faccia all’angolo la ragazza per più di un'ora e successivamente le
aveva fatto riordinare tutto l'ufficio mentre lei lavorava e faceva telefonate. Nonostante
qualche errore, Diana non diede ulteriori punizioni alla nipote, ma la avverti che
proseguendo non sarebbe più stata così clemente. Dal canto suo, Giada si impegnò al
massimo e seguì la zia nel suo lavoro, apprezzandone la grinta e la risolutezza, arrivando a
confermare la sua volontà di imparare ad essere come quella donna che tanto ammirava.
Aver sentito ciò che era accaduto a sua sorella la portò ad andare a sincerarsi delle sue
condizioni. Bussò alla porta del bagno, ma Valeria le disse di andarsene. Avrebbe voluto
entrare e confortarla, decise però di lasciarla in pace e di parlarle casomai quando si
sarebbero caricate per dormire. Di certo, la sorella non poteva sapere che anche lei quel
giorno era stata punita con estrema severità. A cena, Giada sedette al suo posto
sopportando il fastidio, non voleva deludere sua zia e dimostrare di avere carattere come lei.
Diana però non diede a veder di essersi accorta di ciò. Invece, Valeria non riuscì a sedere,
cosa che incuriosì sua madre Elena, la quale chiese ovviamente spiegazioni, anche se
sapeva bene il perché qualcuno a cena in quella casa non restasse seduto.
“Tua figlia oggi ne ha combinata una bella grossa. Vero Valeria? Vuoi spiegare a tua madre
cosa hai fatto, tesoro?” Antonia mantenne un candore surreale nel pronunciare quelle
parole.
Valeria, quindi, spiegò alla madre ciò che era accaduto senza scendere troppo nei
particolari. Elena non ne fu affatto contenta. Certo, la figlia non si era comportata a dovere,
ma ora iniziava a trovare eccessiva tutta quella disciplina e soprattutto tutte quelle punizioni.
“Cerchiamo di cenare in tranquillità per favore” sentenziò Antonia ponendo fine ad ogni
discussione.
Solo dopo cena Elena raggiunse la figlia Valeria per farsi raccontare per filo e per segno ciò
che era accaduto e constatare ciò che aveva subito. Ascoltando il racconto della ragazza e
vedendo il sedere livido, fu presa da un moto di rabbia e si alzò di scatto per raggiungere
sua madre Antonia.
“Ti rendi conto di come è conciata Valeria?” sbottò facendo slave tare Giada che stava
finendo di asciugare i piatti.
Antonia alzò un sopracciglio, stupita ed infastidita dal comportamento di Elena. Diana
comparve mettendosi tra madre e figlia “Elena, non parlare così alla mamma”.
Elena sgranò gli occhi. Come poteva sua sorella difendere loro madre dopo quello che
aveva permesso? Aveva soprasseduto sulle punizioni in casa, ma far sculacciare sua figlia
da una estranea era troppo!
“Come posso stare calma? Ti rendi conto di quello che ha permesso?” urlò in direzione di
Antonia.
“Elena, per favore, se è successo ci sarà stato un motivo più che valido” tentò di mediare
Diana.
Elena però non sentiva ragioni e continuò a chiedere spiegazioni alla madre cercando di
sovrastare la sorella che le impediva di avvicinarsi ulteriormente. Giada assisteva alla scenacon preoccupazione, anche perché vide sua nonna alzarsi dal divano evidentemente
contrariata. Non aveva mai visto sua nonna arrabbiata, ma da ciò che aveva scoperto di
recente, non doveva essere nulla di buono.
“Diana!” esclamò con voce ferma Antonia.
Diana si zittì all'istante voltandosi verso la madre. La vide in piedi, con sguardo pavido e
severo. L'esperienza le aveva insegnato a non metter parola davanti a quell'espressione del
viso. Elena invece aveva solo vaghi ricordi, ma furono sufficienti a trasmetterle una
sensazione di disagio e riverenza.
“Elena! Se non sei in grado di tenere a bada le tue figlie non è certo colpa mia! Avresti
dovuto insegnare loro un po' di educazione e rispetto!” la voce sembrava fare tremare i vetri
delle finestre. Elena aveva ancora lo sguardo furente, ma il fuoco dentro di sé stava
iniziando a spegnersi davanti all’autorevolezza della madre.
“Non tollero certi comportamenti, né in questa casa, né fuori casa. La nostra famiglia ha un
nome ed un prestigio da portare con fierezza e non permetterò a nessuno di farlo sfigurare
con comportamenti inappropriati! Questo vale anche per te figlia mia! Forse stare troppo
lontana da casa ti ha fatto dimenticare come ci si comporta!”.
Quelle parole fecero tornare Elena alla realtà. La fecero sentire piccola e inadeguata come
aveva pensato di essere da quando era tornata a vivere lì. Così, abbassò lo sguardo e si
scusò, dirigendosi in camera di sua figlia Valeria per applicarle un po' di pomata lenitiva.
Diana emise un sospiro di sollievo e tornò alle sue faccende, assicurandosi che la madre si
fosse calmata. Giada assistette in rigoroso silenzio. Le parvero chiari più che mai i ruoli in
quella famiglia e quelli di sua madre, come aveva pensato, era il più basso. Lei non voleva
essere così. Lei voleva essere come sua zia e anzi, grazie a sua zia un giorno sarebbe
diventata come sua nonna: la vera regina della casa.

La Calda Estate Di Due SorelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora