Nota: capitolo riveduto e corretto il 4/5/2024
«Non mi vuole perché non ho abbastanza palle!» esclamò Ginny, scoccando un'occhiata a metà fra divertita e offesa al suo ormai ex fidanzato. Harry arrossì: l'ironia della ragazza era sempre stata acuminata al pari di quella dei gemelli. La verità è che Ginny di palle ne aveva tante quanto lui, peccato però - si ritrovò a sospirare fra sé e sé - che fossero solo metaforiche.«Che diamine vorrebbe dire, scusa?» sbottò Ron, tutt'altro che divertito, alternando occhiate spaesate e irritate fra la sorella e il suo migliore amico.«Niente, Ron. Era una battuta stupida.» sospirò Ginny, serrando le labbra sorridenti sul proprio boccale di birra. Mostrava un ghigno amaro quanto la bevanda che stava per mandar giù. Era leggermente brilla, occhi lucidi, guance e labbra arrossate e l'ostinazione fiera di non mettersi a piangere davanti ai propri amici.«Harry, che significa che ... ?» intervenne Hermione preoccupata. Il tono era basso ed esitante come quello di chi ha timore di dire qualcosa di troppo.«Lascia perdere.» bofonchiò il moro. «Semplicemente non ha funzionato.»«Già. No. Non ha proprio funzionato, no.» rise maligna Ginny, la voce ovattata dentro il bicchiere da cui non aveva nemmeno finito di staccare la bocca pur di concedersi quella pronta battuta.Harry le scoccò un'occhiata torva, ma quando ne vide gli occhi, lucidi di un dolore malcelato da ironia, si sentì scottare dal senso di colpa.I due Grifondoro erano stati una splendida coppia, e la loro relazione era decollata immediatamente dopo la fine della battaglia di Hogwarts. Avevano avuto praticamente la benedizione di ogni essere senziente del mondo magico, primi fra tutti la famiglia Weasley, orgogliosi e lieti all'idea che un giorno Ginny si sarebbe sposata proprio con Harry Potter. Il ragazzo era considerato ormai da anni parte della famiglia e Molly si lasciava andare spesso a dolci fantasie di un futuro da nonna, con una marea di nipotini dai capelli spettinati e gli occhi verdi. Voleva piuttosto bene anche ad Hermione, fidanzata con Ron dallo stesso periodo di tempo, ma Harry era praticamente un secondo figlio. La coppietta aveva persino ottenuto l'inutile approvazione delle riviste scandalistiche riempite da scrittrici del calibro di Rita Skeeter. Eppure, come Ginny aveva appena sarcasticamente rivelato, qualcosa fra loro non aveva funzionato. Qualcosa in Harry per la precisione. Il suo uccello.I primi mesi i due si erano lasciati andare ad effusioni e coccole, un impacciato insieme di baci e romanticherie con tutta la calma del mondo. Ginny s'era effettivamente domandata più volte perché un ragazzo di quasi diciotto anni non le fosse ancora saltato addosso. Un ragazzo che aveva ammesso di essere ancora vergine, fra l'altro. L'anno successivo alla disfatta di Voldemort erano dovuti tornare ad Hogwarts per ripetere l'anno scolastico e completare gli studi. Fare sesso al castello non era un'idea particolarmente stimolante per entrambi: lì erano morti troppi dei loro cari. La ragazza aveva giustificato in quel modo l'insolita mancanza di audacia da parte del fidanzatino. Poi Harry era un ragazzo per bene, uno paziente, si era detta. Avrebbe pazientato con lui.L'anno successivo furono separati sempre per colpa di Hogwarts. Essendo lei un anno più piccola aveva dovuto frequentare il suo settimo, mentre Harry era stato già accalappiato dal Ministero per la posizione di Auror più giovane della storia. Si erano visti poco, solo durante le vacanze a casa Weasley. Sicuramente Harry era stressato dal nuovo lavoro, aveva pensato. Era un ragazzo un po' troppo per bene, un po' troppo paziente, si era detta. Ma avrebbe pazientato anche lei.Poi finalmente Ginny aveva finito la scuola e i due erano andati a convivere. Ormai avevano rispettivamente diciannove e vent'anni e i dubbi della rossa si erano ammassati frenetici come una valanga. Sicuramente Harry era ancora un po' infantile sul profilo emotivo - lo era sempre stato in fondo - ma perché lui si accontentava di baci, carezze e serate romantiche? Che aspettasse il matrimonio? Non era più tanto sicura di avere la sua stessa pazienza.Così, una sera si era impegnata più del normale: scollatura vertiginosa, cenetta afrodisiaca, intimo sexy, baci e carezze che erano culminati col moro schienato sul letto e lei a cavalcioni sul suo inguine. Era una ragazza di una bellezza disarmante, ne era obiettivamente conscia e quella sera le sue forme gentili, la pelle morbida e profumata stretta dal pizzo rosso, avrebbero fatto inturgidire anche un molliccio. Gliel'aveva praticamente servita già apparecchiata, ma la patta dei jeans del suo ragazzo era rimasta più placida di un gattino al sole. Così avevano deciso finalmente di parlarne. La discussione era iniziata male, proseguita peggio ma finita meglio di com'era iniziata. Harry Potter, alla veneranda età di vent'anni, aveva dovuto affrontare la sorprendente scoperta di essere potenzialmente omosessuale.In quella settimana si era scusato almeno cento volte e sembrava persino disposto a trovare un qualche metodo, una pozione, un non so che qualsiasi per riuscire a risolvere quell'importante e flaccido problema. Era davvero innamorato, ma Ginny non era disposta a incastrare entrambi in una vita di coppia tenuta insieme da una pozione eccitante o da una portentosa pasticca blu babbana di cui Harry blaterava disperato. Una settimana di discussioni, pianti, abbracci e scuse dopo, avevano dunque deciso di lasciarsi e comunicare la cosa perlomeno ad Hermione e Ron. Possibilmente davanti ad un paio di birre, in un locale babbano dove nessuna loro conoscenza o qualche giornalista pettegolo avrebbe rischiato di origliare.«Ci abbiamo provato, ma non ha funzionato. Tutto qui. Non c'è molto da spiegare.» sospirò Harry, che di tanto in tanto rivolgeva alla ragazza occhiate fra l'allarmato e il costernato.L'aveva pregata di non rivelare a Ron ed Hermione il reale motivo della separazione. Sapeva bene di potersi fidare ciecamente di lei, tuttavia iniziò a dubitare della propria scelta di offrire due birre ad una Grifondoro emotivamente devastata da una recente rottura.«Ma sembrava andare tutto bene.» pigolò Ron, affranto manco gli avessero annunciato di aver perso un altro fratello.«Harry, Ginny io ora non vorrei ... » cominciò cauta Hermione. I suoi occhi attenti sembravano aver intravisto qualcosa di storto. L'argomento la imbarazzava, ma la curiosità era troppa. « ... beh, non vorrei mettermi in mezzo e parlare a sproposito, è la vostra vita, la vostra scelta. Però, insomma, è normale i primi tempi sapete? Intendo i primi tempi in una relazione dopo i primi anni di uhm, fuochi d'artificio e la passion- »Una risatina isterica di Ginny la interruppe. «Scusa. Continua.»«Dicevo, dopo i primi anni capita un periodo di crisi, è normale. No?» guardò imbarazzata Ron a cercare aiuto.«Eh?» Il rosso cadde dalle nuvole con un visibile moto di panico. «Herm, cosa intendi? Che anche noi siamo in crisi? No-non ti piaccio più? Ti sei stancata di me?»«Ma no, Ron non è assolutamente quello che intendevo.» si affrettò a spiegare lei, paonazza.«E allora cosa intendevi scusa?! No perché io non mi sento mica stanco di te.»Ginny ed Harry si scambiarono un'occhiata dolente, imbarazzati e desiderosi di potersi smaterializzare. Peccato per la scelta del locale pieno di babbani.Passarono il resto della serata a rassicurare Ron che Hermione non fosse sul punto di lasciarlo, ma il malinteso divenne un ottimo diversivo per evitare altre spiegazioni su quel misterioso qualcosa che non aveva funzionato fra Harry e Ginny.Il primo mattino del 20 Dicembre portava con sé l'aria gelida dell'imminente inverno e la luce candida di una delle prime delicate nevicate di stagione. A quell'ora il via vai degli impiegati al Ministero della Magia era ancora piuttosto esiguo. Quelli che arrivavano dall'esterno e non dai camini con la metropolvere erano ancora intirizziti e spolverati di bianco sulle spalle e i cappucci dei lunghi mantelli invernali. Harry era arrivato prestissimo con ancora addosso la cappa di disagio e delusione della serata precedente in cui lui e Ginny avevano annunciato la rottura. Si era svegliato prima dell'alba, orfano del confortante calore della rossa nel letto. Era finito col rigirarsi fra le coperte e rimuginare per decine di minuti senza riuscire a riaddormentarsi, così il pensiero era corso alla prima distrazione possibile: lavorare.Non era mai stato un gran sostenitore del Ministero, ma ora che questo era retto da Kingsley Shacklebolt la musica era cambiata. Il mondo magico post conflitto si stava ancora assestando, la dipartita di Voldemort non era bastata purtroppo a scrivere un semplicistico "e vissero tutti felici e contenti". C'erano ancora fanatici seguaci del signore oscuro in giro e, sebbene privi di un leader, andavano tenuti d'occhio. C'era anche un numero inquietante di manufatti della magia nera da sequestrare, analizzare e rendere inservibili. Senza contare le creature magiche con cui gestire accordi diplomatici, i luoghi misteriosi da controllare, le leggi da correggere e la pletora di problemi da risolvere. Harry, all'età di vent'anni, era già in una posizione di rilievo fra gli Auror, capo della divisione interna dell'Ordine della Fenice, specializzata negli interventi più rischiosi della lotta alla magia oscura. Il capo effettivo del corpo Auror non era mai stato nominato da quando Kingsley era stato eletto Ministro della Magia, ma l'uomo ne svolgeva ancora le mansioni facendosi carico di un'immensa mole di lavoro pratico e burocratico. Anche Harry non era privo della sua buona dose di noiosi rapporti, documenti da vagliare, report da studiare. Non erano in molti a far parte degli Auror, e ancora meno dell'Ordine della Fenice: era il lavoro più rischioso del mondo magico e non mancavano i casi di ferimenti anche gravi, maledizioni o peggio. Ginny, Ron ed Hermione ne facevano parte, sebbene l'ultima fosse così brillante da essere finita già da mesi a fare due lavori contemporaneamente: Auror e assistente personale del Ministro della Magia. Shacklebolt la ammirava profondamente, e scherzava spesso sul fatto che sarebbe stata colei che gli sarebbe succeduta in carica.Raggiunto il proprio ufficio, Harry si accomodò alla scrivania, pronto ad affrontare la lotta contro un blocco di fascicoli spesso almeno tre dita. Si tuffò anima e corpo in un tedioso ed eccessivamente dettagliato rapporto che riportava l'indignata testimonianza di un'anziana babbana. Riferiva di strane figure incappucciate, colpevoli di schiamazzare troppo la notte, sul limitare del bosco vicino casa sua. "Sicuramente sono dei poco di buono! Li ho visti riunirsi intorno ad un piccolo fuoco. Hanno dei bastoncini in mano e li agitano ululando parole strane. Poi ogni tanto fanno scoppiare dei fastidiosi petardi, sono degli incoscienti. E a volte si addossano gli uni agli altri e iniziano a danzare o forse credo, a fare cose sporche e indicibili. Come bestie selvagge! Per giunta credo di aver visto anche due uomini, sì proprio due maschi, fare fra loro tali sconcezze! È increscioso. Se il mio povero Herbert fosse ancora vivo ..." Rilesse le prime frasi tre volte, ma la sua mente affumicata dal tedio dopo appena dieci minuti preferì la dolce tortura del rimuginare. Abbandonò le rimostranze dell'anziana, insieme a segnalazioni di presunti riti satanici che erano in realtà babbani devoti a innocui culti new age, lupi mannari che probabilmente erano solo vandali che giocavano con un megafono, e virò sgradevolmente sul ricordo doloroso degli occhi lucidi di Ginny, col dubbio di aver fatto la cosa sbagliata. Pensò a quanto profondamente le volesse bene e...«Potter?» la voce stupita di Draco Malfoy lo riscosse. Non l'aveva nemmeno sentito arrivare ed accostarsi all'uscio del suo ufficio. Gli scoccò l'occhiata clamorosamente inebetita di chi è stato sorpreso nell'incanto di una riflessione.Malfoy era stato assunto al Ministero praticamente pochi mesi dopo aver concluso gli studi. Era a capo di una delle divisioni di supporto in più stretta collaborazione con gli Auror e l'Ordine della Fenice. Le malelingue, e coloro che portavano ancora il rancore delle ferite di guerra, li chiamavano col ben poco lusinghiero soprannome de l'Ordine della Serpe. Più della metà di loro erano ex mangiamorte pentiti ed era stata studente di Serpeverde ad Hogwarts o un ex allievo di Durmstrang. In realtà non avevano un nome o una carica ufficiale, e il loro ruolo era uno dei meno rispettati al Ministero, ma nessuno osava dire che fossero poco utili. Trattandosi di ex servitori del signore oscuro, figli o parenti degli stessi, sebbene guardati con costante diffidenza, si erano resi indispensabili al ritrovamento, la catalogazione e la messa in disarmo di pericolosi manufatti e maledizioni. Per le loro famiglie erano spie traditrici, ma nonostante alcuni si esponessero a rischi simili a quelli degli esponenti dell'Ordine della Fenice, percepivano uno stipendio nettamente più basso dei loro colleghi. In fondo il mondo magico non aveva lasciato loro molta scelta per fare carriera, ma molti erano ben lieti di poter scontare le proprie colpe come uomini liberi e non come ospiti di Azkaban. Sorprendentemente era stato lo stesso Draco a proporsi per quel particolare impiego, a fondare letteralmente la sua stessa divisione al Ministero, e in pochi anni l'avevano seguito un'altra dozzina di compagni fra cui Blaise Zabini e Theodore Nott.Si diceva che il giovane Malfoy fosse stato diseredato e cacciato di casa per aver rifiutato un matrimonio combinato. Per questo, sempre stando ai pettegolezzi, aveva dovuto mettersi all'opera per la prima volta in vita sua trovandosi un lavoro vero pur di non finire col fare la fame. Quale migliore occupazione per una serpe pentita, se non tornare strisciando a servire il nuovo potere in carica? Sempre stando alle voci - molte delle quali erano scaturite dalla penna di Rita Skeeter - il biondo non aveva tardato a vendicarsi di suo padre. In effetti era un dato di fatto che una delle sue prime azioni al Ministero fosse stata quella di denunciare il possesso da parte di Lucius di diversi manufatti oscuri ben celati al maniero. Tale denuncia e i successivi controlli guidati proprio dal giovane, avevano avuto come risultato quasi due anni di Azkaban per il padre. I rapporti di famiglia si erano ufficialmente interrotti da quell'evento.«Sei caduto giù dal letto?» lo apostrofò con un sorrisetto ironico il biondo. «È la prima volta in quasi due anni che ti vedo arrivare a lavoro prima di me.»«Forse sei tu che hai dormito troppo, Malfoy?» ribatté divertito il moro. «Hai ancora le pieghe del cuscino in faccia.»Draco arrossì portandosi di scatto una mano a sfiorarsi una guancia. Era diventato un ragazzo molto attraente, si ritrovò a pensare Harry, forse un po' troppo magrolino ma attraente. Aveva mantenuto la corporatura equilibrata e fine da cercatore, portava i capelli lunghi fino alle spalle sempre raccolti con cura in un codino ordinato, il viso perfettamente sbarbato e pulito. Costretto a mantenersi col suo stipendio più che modesto, non era raro vederlo girare con abiti di seconda mano un po' troppo vissuti. Eppure anche in quelle condizioni manteneva una sorta di ordinata e austera dignità.Harry invece si era leggermente irrobustito sul profilo muscolare, perdendo un po' della grazia asciutta dell'esile ragazzino che era stato. Poco più alto di Draco, il viso sporcato da un accenno pigro di barba di pochi giorni, aveva i soliti capelli corti e indomabili, gli immancabili occhiali, ed una predilezione per gli abiti comodi senza particolare cura per stile e accostamenti. Il suo punto di forza sul piano estetico rimanevano gli occhi verdi ereditati da Lily, magnetici e dal taglio gentile e vispo.«Non ho nessun dannato segno in faccia, vero Potter?» realizzò Malfoy, squadrando l'altro con un broncio offeso.«Nemmeno uno.» confermò con un sorrisone allegro il moro, conscio della vanità altrui.Draco fece una smorfia indecifrabile e si allontanò in uno svolazzio del pesante mantello sbiadito. Harry sorrise, scosse il capo e tornò a far finta di essere un lavoratore produttivo. Occhi sui fascicoli, mente altrove. Il suo rapporto con Draco era migliorato di netto dall'epoca della scuola. Subito dopo la battaglia di Hogwarts gli aveva restituito la sua bacchetta, quella che durante gli eventi travagliati al maniero dei Malfoy era stato costretto a strappargli di mano per poter fuggire. La bacchetta era tornata subito fedele al biondo, e come ebbero modo di scoprire negli anni a venire il suo nucleo in crine di unicorno non aveva mai tollerato bene la magia oscura. Il cambiamento di lealtà da parte di Malfoy verso il lato più luminoso della magia, ne aveva liberato il completo potenziale, rendendolo un mago più potente di quanto non fosse stato diversi anni prima. Dopo quel gesto evidentemente inaspettato per l'ex mangiamorte, Draco aveva messo da parte le ostilità e fin dal loro comune rientro a scuola aveva cessato la carriera da bullo. Non era stato raro anzi vederlo nei panni della vittima in quel settimo anno, e qualche volta lo stesso Harry aveva preso le sue difese. La popolarità di Malfoy era drammaticamente peggiorata tanto a scuola quanto in società, colpevole da un lato di essere stato il mangiamorte più giovane della storia, e dall'altro di aver tradito la sua stessa famiglia. Non erano mai diventati davvero amici, ma si incrociavano e collaboravano a lavoro con un rapporto di reciproca cortesia e fiducia, in cui le battutine e le provocazioni erano solo il pallido ricordo delle cattiverie che si scambiavano da ragazzini. Harry aveva imparato ad apprezzarne la precisione e le vaste conoscenze in fatto di magia oscura, la puntualità dei resoconti e l'impegno profuso nel lavoro in ufficio. Arrivava sempre incredibilmente presto, ed era praticamente sempre l'ultimo ad andarsene nonostante avessero gli stessi orari.Perso in quella fumosa nuvoletta di riflessioni, Harry si rese conto di aver fantasticato un po' troppo sul bel viso imbronciato del collega. La cosa lo portò a rinnovare intensamente il proposito di concentrarsi sul lavoro.Nell'ufficio accanto a quello di Harry Draco si era sfilato il vecchio mantello e, dopo averlo asciugato e appeso con fin troppa cura, si era subito accomodato alla scrivania. Ad attenderlo una pila di documenti simile a quella del collega.Gli uffici dei capi dei vari dipartimenti si trovavano tutti a quel piano ed erano strutturalmente identici. Erano stanze modeste a pianta rettangolare con pareti e pavimenti piastrellati di un cupo nero lucido e mobili in legno rossastro. C'era un ampio caminetto subito dietro la scrivania e una finestra dalla vista stregabile a piacimento. I camini degli uffici personali erano incantati in maniera tale da impedire il passaggio in entrata, per questioni di sicurezza, e garantire l'uscita ai soli dipendenti del Ministero autorizzati. A differenza di quelli dei suoi colleghi, l'ufficio di Malfoy non era in alcun modo personalizzato. Non c'erano ritratti alle pareti o foto in movimento incorniciate sulla scrivania, soprammobili, trofei o oggetti personali di alcun tipo. Tutto era tenuto in un rigoroso ordine e le tende alla finestra erano sempre chiuse. Se di punto in bianco se ne fosse andato o avesse cambiato ufficio, nessuno se ne sarebbe accorto per quanto era anonimo.«Vecchia babbana guardona e omofoba.» bofonchiò contrariato mentre leggeva il primo rapporto del fascicolo. Era solo la prima di un lungo numero di testimonianze registrate da impiegati del Ministero specializzati nello scovare situazioni potenzialmente sensibili. Di segnalazioni sospette ce ne erano centinaia a settimana, ma di queste solo una manciata si rivelavano piste utili a scovare tracce di magia oscura. Una manciata capace però di tenere ben oberati gli Auror. Leggere quei fascicoli infatti era solitamente compito loro, ma si era offerto volentieri di dare una mano ed era uno dei pochi oltre Granger a gradire quel lato teorico del lavoro d'ufficio. Gli era sempre piaciuto ficcanasare e soprattutto perdersi per ore nella lettura era un ottimo modo per dimenticarsi della sua vita grigia e piatta.Scorse un'altra manciata di rapporti, tutti accomunati da parole chiave come bacchette, loschi figuri incappucciati vestiti di nero, scoppi misteriosi, luoghi, persone, cose o addirittura animali dai comportamenti insoliti. Aveva qualche difficoltà a volte a comprendere certi discorsi dei babbani, e infatti si bloccò fra le righe di un denso rapporto che parlava di un forum di incontri per sedicenti streghe e stregoni oscuri londinesi.«Che diamine è un sito internet?» mugugnò, lanciando un'occhiata dubbiosa alla parete alla sua destra che confinava con l'ufficio di Harry. Sapeva che il moro stava leggendo gli stessi identici fascicoli e che, avendo vissuto fra i babbani, sicuramente conosceva la risposta. Rimase sospeso lì con l'impulso mal trattenuto di alzarsi, ma alla fine le gambe non si mossero e fece un sospiro frustrato.Harry Potter era diventato la sua amara ossessione negli ultimi tre anni, ed era più che deciso a non farglielo notare in alcun modo. Il suo orgoglio non avrebbe retto un rifiuto, memore fra le tante cose di quel piccolo innocente trauma che fu il primo vero diniego di Harry Potter di essere suo amico, quando erano bambini. Potter era un obiettivo inarrivabile per uno come lui, probabilmente lo tollerava con la pietà dei vincitori, figurarsi se avesse scoperto il genere di fantasie che negli ultimi anni gli ronzavano in testa ogni volta che se lo ritrovava di fronte. La scintilla era scoccata quando Harry gli aveva restituito la bacchetta dopo aver sconfitto Voldemort. Era stato incredibilmente gentile nei suoi confronti, l'unico ad averlo trattato bene fra coloro che non facevano parte della ristrettissima cerchia di amici che gli erano rimasti. Cerchia che attualmente contava due soli individui: Blaise Zabini e Theodore Nott. Il primo in missione all'estero da mesi e il secondo in congedo per malattia da qualche settimana. Harry l'aveva difeso in diverse occasioni durante il settimo anno ripetuto ad Hogwarts, e non aveva certo scordato che era stato lui a salvargli la vita pochi mesi prima, tirandolo fuori di peso dall'inferno dell'Ardemonio nella Stanza delle necessità. Aveva imparato molto su di lui man mano che la verità sul ragazzo era emersa dopo la guerra. I giornali e i libri non facevano altro che parlare della sua storia privata, finalmente in termini accurati e lusinghieri. Ne aveva appreso con sgomento la vita misera al fianco dei babbani, e quanto si fosse sbagliato negli anni a vederlo come un malato di attenzioni. Aveva imparato ad osservare con gli occhi e la mente più aperta il salvatore del mondo magico, fino a sentire qualcosa di più della gratitudine nei suoi confronti. Si sarebbe mozzato la lingua piuttosto che ammetterlo a voce alta ma era così: Harry Potter era stato inizialmente un'infatuazione romantica e irraggiungibile, e poi un discreto materiale da sogni bagnati. Peccato solo che il capo dell'Ordine della Fenice fosse decisamente etero e decisamente fidanzato con Ginny Weasley. La detestava. Disprezzava un po' tutti i Weasley in ordine sparso, ma la simpatica, forte e bellissima Ginny, poteva vantare di avere addosso anche la sua più livida invidia. Per quanto potesse desiderare e fantasticare di avere ciò che aveva lei, alla fine si sentiva solo inadeguato e immeritevole. Si era accontentato dunque di un civile rapporto professionale con Potter, in cui gli rivolgeva la parola il minimo necessario per non rischiare di perdere anche quel poco che aveva con lui. A frenarlo, oltre la presenza della Weasley e il fatto che Potter fosse etero, c'era anche la sensazione pesante come macigno di non essere cambiato poi tanto. Aveva scelto di rinnegare la magia oscura e la propria famiglia, ma sotto sotto rimaneva ancora una piccola serpe capace di pensieri cupi, vendicativi e maligni. Era certo che non sarebbe mai andato davvero d'accordo col buon San Potter, il ragazzo che non aveva avuto neppure lo scrupolo di piantare un Avada Kedavra in faccia al Signore Oscuro, ma si era limitato ad un placido, squisito, Expelliarmus.Il biondo si deconcentrò dalla lettura e si ritrovò a pensare a quanto la sua vita fosse diventata fosca negli ultimi tempi. Meglio sicuramente dei periodi di guerra in cui era fatta di ansia e paura, ma ultimamente pativa sempre più la solitudine. Non era mai stato abituato a stare da solo e vivendo in una casa povera non aveva neppure la comoda compagnia di un elfo domestico. Aveva dovuto imparare a fare il bucato, cucinare e pulire personalmente. Ogni giorno a lavoro si presentava al meglio delle proprie mediocri possibilità, sia per orgoglio personale, sia per il vano vezzo di apparire bello agli occhi di Harry. Uno sforzo inutile, lo sapeva, ma pur sempre sufficiente a motivarlo la mattina.Arrivava a lavoro il prima possibile e se ne andava via per ultimo nella speranza di avere una distrazione, di trovare anche solo un vago e distaccato contatto umano coi colleghi. Non aveva nessuno ad attenderlo a casa, nessuno con cui uscire la sera, con cui passare le feste. Nessuno con cui scambiarsi un abbraccio o fare l'amore. Il mondo l'aveva tagliato fuori e lui non aveva trovato la forza di provare a rientrarci, terrorizzato dal rischio del fallimento.Teneva sempre affettuosamente nel cuore la figura solitaria di Severus, suo padrino e mentore fin dall'infanzia. Avrebbe voluto essere forte almeno la metà di quell'uomo, ma continuava crudelmente a ripetersi che uno come lui, cresciuto negli agi e viziato fin da bambino, era destinato ad essere debole.«Che vita di merda.» sbuffò a mezza voce, alzandosi di scatto. Troppo emotivamente instabile per andare a chiedere lumi a Potter circa i misteriosi siti internet, avrebbe rivoltato la biblioteca del Ministero all'ormai ben nota sezione "Babbani, usi e costumi contemporanei".
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La profezia del cerchio scarlatto [Drarry]
FanfictionPochi anni dopo la fine della guerra, Harry è il più giovane Auror della storia del mondo magico, raggiunto in breve dai suoi più cari amici ed anche qualche antico avversario con cui ora si ritrova a condividere ideali comuni e lavoro. Nella pace a...