(Capitolo revisionato e corretto il 6/5/2024)
Quando la sera del 31 Dicembre andarono a far visita a Ginny, l'unica cosa degna di essere festeggiata per Harry e i Weasley era il fatto che finalmente la ragazza si sarebbe svegliata. Una gioia comunque macchiata dall'ansia di non sapere ancora troppe cose. Ad esempio in che stato mentale l'avrebbero ritrovata? Avrebbe manifestato sintomi di contagio come era accaduto a suo fratello Bill dopo i morsi ricevuti dal mannaro?
Si erano riuniti dopo una cena veloce, i medimaghi gli avevano detto che sarebbero potuti entrare solo quattro per volta e solo se Ginny avesse mostrato segni di tranquillità o di gradire la loro presenza, per non rischiare di creare confusione o stancarla troppo già al suo primo risveglio. I signori Weasley avevano deciso di andare per primi insieme a Bill e Charlie. George, Percy, Ron ed Hermione avrebbero seguito dopo, mentre Harry si era proposto di entrare per ultimo ed eventualmente da solo se Ginny avesse accettato di vederlo. Tutti pensavano che la premura di Harry nel lasciarli andare insieme e per primi fosse una mera gentilezza, in realtà più gravitava intorno ai pensieri dell'accaduto e a Ginny, più si sentiva afflitto dal rimorso. Il dolore non era stato lenito dalla consapevolezza che ormai la ragazza fosse salva e fuori pericolo, e non contento era pure finito a "pasticciare" un qualcosa di indefinito con Malfoy. Il ragazzo che l'aveva lasciata nuda e pesta su un altare davanti ad un branco di folli. Scaricare parte di quel senso di colpa su Draco era uno dei pochi sollievi che riusciva a concedersi, ma ogni giorno era sempre meno efficace.
Ginny era stata spostata momentaneamente in una stanza singola, per lasciare tanto a lei quanto ad Evelyn Fergusson la possibilità di riprendersi nell'intimità di un ambiente più riservato.
Harry stava quasi accarezzando l'idea di scappare inventando una scusa a caso. Se già stare fuori in attesa lo faceva stare così male, che sarebbe successo quando l'avrebbe vista? Agitato com'era le sarebbe stato d'aiuto o l'avrebbe fatta stare ancora peggio? Così, mentre i Weasley attendevano di poter entrare, lui iniziò a vagare per i corridoi.
«Potter?» lo richiamò una voce conosciuta e un po' fiacca da una delle stanze singole davanti a cui era sfilato sovrappensiero.
Si avvicinò subito, andando a presentarsi sull'uscio con un guizzo curioso.
«Nott? Che ci fai qui?»
«Ho avuto un leggero peggioramento, i guaritori dicono che vogliono tenermi qualche giorno qui finché non miglioro.»
Theodore Nott era uno degli elementi più validi della divisione di Malfoy. Non aveva mai ricevuto il marchio nero, ma suo padre sì e tanto bastava ad impedirgli una carriera da Auror che avrebbe invece ricoperto più che egregiamente. Era uno dei pochi fra le Serpi a saper combattere, era anzi fin troppo spericolato, sembrava non gli importasse del rischio di venire colpito e ucciso. Su di lui l'inventiva pettegola popolare si era sbizzarrita lautamente. C'era chi diceva che lavorando per il ministero volesse solo provare a ripulire la propria reputazione dopo la rovinosa caduta in disgrazia della sua famiglia e la morte dell'anziano padre. C'era chi pensava che fosse semplicemente strano, depresso o masochista, per la veemenza con cui cercava gli scontri e il pericolo. C'era chi sosteneva che fosse direttamente pazzo come lo era stato suo padre.
Nott era sempre stato un ragazzo solitario fin dai tempi di Hogwarts, ed il suo atteggiamento in tal senso non era cambiato negli anni. Di rado l'aveva visto parlare con Zabini, Malfoy e qualche altro, ma non sembravano estremamente uniti, non in pubblico almeno.
Era un mago eccezionalmente abile negli incantesimi, ed aveva un'ampia conoscenza inerente alla creazione di oggetti magici e allo smantellamento di quelli di natura oscura proprio come Malfoy. Solo che, pensò malignamente Harry, a differenza del suo capo Theodore non fuggiva mai da un'occasione di mettersi a rischio in battaglia. Proprio questo suo coraggio o avventatezza che fosse, insieme ad una spiccata intelligenza, l'avevano reso una delle Serpi più rispettate del gruppo all'interno del Ministero. Quello ed anche un po' il suo aspetto fisico. Da bambino era già alto e secco ma l'aria vigliacca e poco sveglia che aveva sempre avuto gli era stata strappata via negli ultimi anni. Ora somigliava tremendamente ad un cosplay molto giovane del compianto Alastor Moody. Certo, aveva ancora gli occhi al loro posto, ma nel giro di due anni aveva già perso tre dita di una mano (che si era reciso di netto da solo per impedire ad una maledizione di divorargli tutto il braccio o peggio), buona parte di un orecchio, e la gamba destra dal ginocchio in giù. Il suo viso era sfigurato da una serie di cicatrici profonde, una gli aveva tranciato un sopracciglio e la punta del naso. Un'altra gli allargava un angolo della bocca in sorriso sinistro, e quelle erano solo le parti visibili del suo corpo che non erano celate dai vestiti.
«Come stai? Qualche novità sulla prognosi?» gli chiese Harry, squadrandolo mentre reprimeva una nota di compassione per non rischiare di offenderlo.
Nott era seduto sul letto e indossava la protesi alla gamba, segno che non si era ancora sdraiato. I lunghi capelli neri erano raccolti in una coda sfatta, tenuti rasati ai lati in barba agli sfregi del viso o dell'orecchio che venivano così enfatizzati. Il suo volto era molto pallido, in maniera innaturale, ed aveva un'aria piuttosto debole. Senza quegli sfregi in faccia, pensò Harry, sarebbe potuto essere decisamente un bel ragazzo, ma ormai era difficile riuscire ad immaginarlo intero.
«Potter, anche se mi è stata inoculata una stilla del loro sangue, non sto diventando un vampiro, se è questo che ti turba. Guarirò presto e tornerò a lavoro.» sembrava nervoso e vagamente aggressivo, come raramente Harry l'aveva visto al di fuori degli scontri.
«Non è quello che intendevo, Nott.» si giustificò Harry. «E se anche fosse, onestamente per me potresti anche tornare con una fiaschetta di sangue nel taschino e non sarebbe affar mio e di nessun altro, al ministero.»
«Mh, cerca di spiegarlo ai medimaghi, magari. Le infermiere a stento mi avvicinano.»
«Per quello ti chiedevo come stai. Che dicono?»
«Niente di nuovo. Che sono ancora troppo debole. Inizialmente stavo migliorando, ed ora sto di nuovo uno schifo. Non come all'inizio però. Credo sia semplicemente perché ho sviluppato assuefazione alle pozioni ricostituenti. Passerà. E per tua informazione non ho nessuna voglia di attaccarmi al tuo collo, bere sangue o levare l'aglio dalla mia dieta, dunque puoi anche chiudere la porta ed entrare, se vuoi.» concluse bruscamente sarcastico.
Harry si accorse d'essere rimasto imbambolato lì sull'uscio con un guizzo vagamente imbarazzato. Così entrò, accostando la porta e avvicinandosi un po' a quello strano ragazzo ferito. Che si sentisse solo?
«Quindi che programmi hanno per cercare di farti stare meglio?»
«Questo lo scoprirò solo domani mattina, anno nuovo cura nuova. Ma piuttosto, dimmi che cos'è successo. Ho visto che c'è fermento nei corridoi, significa che qualcuno dei nostri è stato ricoverato e i medimaghi non vogliono dirmi un bel niente.» gli piantò in faccia un'occhiata fra il dolente e l'astioso, manco fosse colpa sua.
Harry emise un sospiro pesante, quindi gli raccontò tutto nei minimi dettagli, inclusa la parte che tanto odiava della "purezza" di Ginny: sarebbe stata solo questione di tempo e Nott l'avrebbe saputo comunque dai rapporti, inutile ometterlo. Per quanto sgradevole, era un dettaglio importante e aveva imparato da anni a sue spese che omettere dettagli importanti potesse avere conseguenze catastrofiche.
Quando ebbe finito, non poté fare a meno di notare una decisa smorfia astiosa sul viso di Theodore, specialmente quando aveva parlato di mannari. Ma forse si stava solo lasciando suggestionare dalla questione del sangue di vampiro.
«Quindi Weasley, Penn e Fergusson sono ancora ricoverati.» commentò sulle prime Nott. «Malfoy e Spungen?»
«Stanno bene. Spungen è stato dimesso dopo un giorno, Malfoy poco dopo di lui.» Harry non si accorse che quando aveva nominato Draco gli era sfuggita una smorfia nervosa, aspra.
Nott invece la vide eccome.
«Che cos'era quello, Potter?» lo ammonì, aspro.
«Eh?»
«La faccia che hai fatto quando hai nominato Malfoy.»
Harry non seppe che dire, l'altro lo scrutava come se volesse leggergli nell'anima.
«Non ti piace come ha agito, vero?» ci mise meno di un secondo a intuirlo.
«Già.» ammise. «Penso sarebbe dovuto intervenire e non scappare. Le stavano quasi per violentare, mentre lui decideva cosa fare.»
«Draco doveva intervenire. Da solo contro dodici?» propose fortemente ironico Nott.
«Tu saresti intervenuto. Io sarei intervenuto. Chiunque-» stava iniziando ad arrabbiarsi solo all'idea, ma Nott lo frenò.
«Lo scopo primario della missione qual era, Potter? Riportare indietro intatto l'imene della tua fidanzata o le informazioni su quanto stanno facendo quei cani?»
Harry tacque, sgomento non solo per la brutalità di quelle parole ma anche per il loro senso.
«No perché a quanto ho capito ti ha riportato indietro entrambe le cose alla fine. Sì, va bene, forse l'hanno un po' ammaccata. Ma è un'Auror, Potter. Una dell'Ordine della Fenice, fra l'altro. Ed è anche una brava, sa cosa sta facendo della sua vita e i rischi che corre, non è la principessa in pericolo di una fiaba babbana.»
«Sì, ma ... » obiettò Harry un po' vago. Sentiva un certo disagio nel riconoscere che l'altro avesse in qualche modo ragione. Non lo afferrò bene a livello conscio, ma lentamente Draco stava perdendo il ruolo di capro espiatorio del proprio senso di inadeguatezza verso Ginny. « ... niente, capisci? Non ha fatto proprio niente a parte scappare.»
«Scappare e tornare coi rinforzi come da procedura, Potter, non mi sembra proprio la definizione di niente. Ma dimmi, cos'altro avrebbe potuto fare, secondo te? Considerando che non ha il tuo stesso talento nel combattimento in inferiorità numerica, ma se la sa gestire solo in duelli singoli? Voglio dire, se persino uno come Penn-»
«Sì, lo so, lo so. L'ha detto anche Hermione, se persino Penn è stato sconfitto figurarsi Malfoy.»
«Dovresti ascoltarla di più la Granger. Il suo cervello la porterà molto più lontano di me e te e lo sai.»
«Avrebbe potuto anche solo, non lo so, quando stava scappando, cercare di distrarli prima di smaterializzarsi? Avrebbe potuto creare un diversivo qualsiasi per dargli noia, come appiccare un incendio? Ginny ed Evelyn si sono salvate praticamente solo perché quegli stronzi si sono messi a litigare.»
«Hai detto che c'era un incanto anti smaterializzazione a proteggere l'area, giusto? Immagino che lui fosse impegnato a scappare nel buio senza farsi notare, oltre a cercare di capire dove finisse il raggio dell'incanto, no?»
«Corretto.» ammise controvoglia Harry.
«Immagino che abbia semplicemente provato a smaterializzarsi finché non c'è riuscito, ossia fin quando non ha superato il raggio dell'area bloccata. Non credo avrebbe avuto modo di lanciare diversivi senza perdere tempo prezioso, ignaro di quando sarebbe stato libero di smaterializzarsi davvero. E poi, beh, rimane pur sempre Draco Malfoy. Non aspettarti il tuo stesso coraggio o la stessa capacità tattica da uno che fino ai quindici anni lottava al massimo contro di te, a cavallo di una scopa, per acchiappare il fottuto boccino d'oro.» concluse con uno sbuffo stanco.
Harry non riuscì a trovare più argomentazioni valide per la sua disamina e si ritrovò muto e vagamente a disagio.
«Qualsiasi cosa diversa da ciò che ha fatto avrebbe potuto mandare tutto a puttane. Lui era la chiave di volta per la risoluzione di quel casino, e la soluzione era solo quella che ha seguito, fine. Se avesse fatto qualsiasi altra cosa diversamente sarebbero potuti scappare portandosi via i nostri come ostaggi o ucciderli subito, quindi basta recriminare e sii grato di com'è andata, piuttosto.»
A salvarlo arrivò dal corridoio la voce di Ron.
«Harry?! Harry dove sei?»
Il Grifondoro Si alzò svelto, rivolgendo a Nott un'occhiata eloquente, quasi di scusa, mentre si affrettava verso la porta chiusa.
«Potter un'ultima cosa.» lo richiamò Theodore.
«Mh?» si bloccò sull'uscio, squadrandolo interdetto.
«Se non ricordo male, quando hanno ridotto me così ... » si indicò la faccia martoriata. « ... non mi pare tu ti sia messo ad accusare così furiosamente i miei compagni che non erano stati capaci di risparmiarmi questo destino o che erano scappati. Lo capisco che Ginny è la tua ragazza, ma se vuoi essere un buon capo devi riuscire a trattare tutti allo stesso modo.»
Harry stava per ribattere spontaneamente qualcosa come "tu sei un uomo, Ginny è una ragazza". Si zittì prima ancora di aprire bocca, quando si rese conto di aver formulato un pensiero decisamente sessista e di avere malmenato Malfoy per lo stesso motivo due sere prima. Abbassò lo sguardo, con aria colpevole.
«Hai ragione.» ammise, controvoglia. «Dirò a Malfoy di passare a trovarti e portarti un fascicolo da leggere, se ti annoi. Auguri per la tua ripresa e beh, auguri anche di buon anno.»
Theodore annuì senza l'ombra di un sorriso ma inarcando sorpreso l'unico sopracciglio intero che aveva, quindi non lo trattenne oltre, nemmeno per ricambiare l'augurio.
«Harry!» lo chiamò Ron quando lo vide uscire. Sembrava agitato, e vide sul fondo del corridoio dall'altro lato che Hermione e tutti gli altri Weasley scrutavano nervosamente in loro direzione.
«Ron, che succede?»
«Ginny, vuole parlare subito con te, me ed Hermione!» disse il rosso, acchiappandolo per un braccio per iniziare a tirarlo frettoloso verso la zona della camera della sorella.
«Ha già parlato con Molly, Arthur e gli altri?» chiese stupito Harry.
«Solo con mamma, papà, Bill e Charlie. Ma li ha praticamente mandati via dopo dieci minuti dicendo che voleva parlare subito con noi.»
Così sfilarono dentro la stanza con Hermione a chiudere la fila oltre che la porta, mentre i signori Weasley e il gruppetto dei fratelli maggiori li guardavano preoccupati.
«Ginny.» mugolò Harry appena la vide, sveglia e seduta sul letto.
Era molto meno debole di come se l'era immaginata, sembrava stare quasi più in forze di Nott e le avevano già rimosso diverse bende. Alcune contusioni e tagli erano svaniti, altri erano ancora presenti, ma una brutta cicatrice le segnava una guancia fino all'attaccatura del mento e non sembrava il genere di sfregio che se ne sarebbe andato col tempo.
«Harry.» gli sorrise fiaccamente lei.
Si avvicinarono tutti e tre al suo letto, sembrava impaziente, vittima di un nervosismo stanco.
«Devo parlarvi di quello che è successo. Non voglio rischiare di dimenticarmi niente. Avete qualcosa con cui prendere appunti?»
«Ginny, abbiamo già sentito praticamente tutti a parte te ed Evelyn Fergusson.» le spiegò dolcemente Hermione, sedendosi al suo fianco per cercare di carezzarle una mano, di calmarla. «Penn che era cosciente durante tutta la sera, ci ha raccontato ogni dettaglio fra ciò che ha visto all'altare e quello che è successo prima. Non avere fretta, sappiamo già tutto.»
Ginny sembrava spiazzata, ebbe bisogno di qualche secondo per rimettere insieme le idee, calmarsi un minimo.
«No, non sapete tutto.» disse serissima. «C'è una cosa che non può avervi detto.»
Nessuno ebbe nulla da obiettare, sembrava molto decisa, la fissavano attenti.
«Ci sono delle cose che il mannaro mi ha detto, e me le ha sussurrate molto da vicino, Penn non può averlo sentito. Il mannaro si chiamava Ross, aveva un fratello, Graham e ... bene, queste cose le sapete già immagino.» spiegò, leggermente confusa. «Era disgustoso, su ogni profilo, ed era tremendamente esaltato dalla violenza. Voglio che mi portiate carta e penna dopo, voglio scrivere tutto quello che mi ha detto, anche le parti più schifose. Potrebbero esserci cose importanti in mezzo.» sembrava divisa fra il dolore emotivo ancora vivido, il disgusto e la ferrea volontà di parlare. «Comunque, una cosa in particolare mi ha colpita. Ad un certo punto mi ha detto qualcosa tipo "dolcezza, vorrei che tu non fossi la donna della profezia, sarebbe davvero un peccato altrimenti, vedi di sopravvivere."»
Come finì di spiegare andò a serrare la bocca e reprimere a forza un conato, Harry, Ron ed Hermione le si avvicinarono allarmati.
«Ginny, ora pensa a riposare ok?»
«Ti porteremo carta e penna stanotte.» promise Ron, atterrito.
«Segneremo tutto, non metterti fretta.» aggiunse Harry. «Avere altre informazioni una sera prima o una dopo non cambierà molto: siamo sulle tracce di quei bastardi ma non abbiamo ancora niente purtroppo.»
«Subito, dovete portarmeli subito!» tuonò Ginny, facendoli trasalire non tanto per l'enfasi quanto per quello scoppio di energia che non si aspettavano di certo dopo averla vista quasi in coma per giorni. «Ci ritenteranno, stanno andando a caso cercando questa ... questa donna pura della profezia che è destinata a morire. Ne violenteranno e ammazzeranno altre, l'avete capito?»
La rossa minacciava di scendere dal letto, ed Harry la bloccò, le mani puntate sulle spalle più delicatamente che poté. Si guardarono in faccia per una trentina di secondi buoni, l'agitazione di lei si stava condensando in un turbine nauseante al ritmo dei ricordi che le affollavano la mente in quella strana frenesia. Poteva quasi sentire ancora la puzza dei corpi accaldati di quegli uomini lupo, come se il suo olfatto fosse incredibilmente più perspicace di prima. Poteva sentire il profumo di Hermione e di Harry come i due se lo fossero appena spruzzato addosso.
Harry sembrava desolato manco fosse tutta colpa sua. Ginny inghiottì a vuoto senza riuscire a calmare lo sfogo nervoso che la portò infine a scoppiare a piangere. Tuffò il viso sul suo petto, smettendo di agitarsi per cercare piuttosto, finalmente, un briciolo di conforto in quel profumo che le era familiare.
«Piangi, sfogati.» l'accolse l'ex ragazzo, piazzandosi seduto sul bordo del letto e andando a carezzarle delicatamente il capo. «Siamo tutti qui, non ce ne andiamo stanotte. Segnermo tutto presto, davvero. Parleremo anche con Fergusson per capire se anche lei ha sentito qualcosa. Ma ora pensa a stare meglio. Sanno che li stiamo braccando, non saranno così avventati, in fondo non avevano fretta, no?»
«No, dobbiamo sbrigarci.» pianse lei senza osare rialzare il capo.
Hermione le carezzava la mano, Harry il capo e la schiena, Ron cercava in ogni modo di non cedere ad una crisi di nervi per quanto la sua mente gli stava facendo spietatamente immaginare.
Ci volle quasi mezz'ora perché si calmasse completamente, o forse perché la stanchezza la riportasse a stendersi con la schiena sul cuscino e riprendere un po' il controllo.
Nel giro di qualche ora, ormai passata la mezzanotte ed entrati ufficialmente nell'anno nuovo, la ragazza reclamò la compagnia del resto della famiglia, che le fu piuttosto di conforto. Sul suo viso rovinato fece persino capolino un sorriso macchiato di spossatezza grazie a qualche battuta di George.
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La profezia del cerchio scarlatto [Drarry]
FanfictionPochi anni dopo la fine della guerra, Harry è il più giovane Auror della storia del mondo magico, raggiunto in breve dai suoi più cari amici ed anche qualche antico avversario con cui ora si ritrova a condividere ideali comuni e lavoro. Nella pace a...