Per scaldarsi un po'

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(Capitolo riveduto e corretto l'11/5/2024)


Quando Ginny sentì di nuovo il suolo sotto i piedi e il peso del corpo di Makah sulla schiena si sentì quasi svenire. Era arrivata a destinazione e ci era arrivata intera, stesso discorso anche per la sua passeggera addormentata. Tutto era rimasto identico a come lo ricordava lì dentro: le fiaccole magiche erano ancora accese come il giorno prima, l'altare circolare era ancora lurido di sangue solo un po' più secco e coagulato e i cadaveri delle due giovani ragazze erano ancora lì. Si sentì contrarre violentemente lo stomaco dalla nausea e l'agitazione. I cadaveri e tutto quel sangue avevano un puzzo nauseante e persistente, capace di bloccarsi nelle narici nonostante il freddo rigido rallentasse drasticamente i processi di decomposizione. Si sforzò di non guardarle, di ignorare l'orrore del fatto che avrebbe dovuto lasciarle lì. Rimase in attesa in perfetto silenzio qualche minuto, quindi lentamente lasciò andare a terra il corpo svenuto di Makah. Non sarebbe rimasta in quello stato per molto e non voleva passare un minuto di più lì dentro. L'abbandonò vicino all'altare esattamente dove l'avevano trovata il giorno prima con Ron e Theodore, quindi fece qualche lento passo per aggirare il cerchio di pietra.
Era esausta, tesa, incapace di decontrarre la mascella o respirare dal naso e si stava sforzando molto di non fuggire all'istante o vomitare. Diede un'occhiata in giro e controllò brevemente che tutto ciò che la donna aveva detto loro circa quel luogo corrispondesse a verità: non c'erano uscite secondarie a parte la scalinata principale, tuttavia non sarebbe stata capace di rilevare la presenza di incanti particolari, nascondigli occultati con la magia, maledizioni o altro. Quando si accorse che Makah si stava per risvegliare capì che fosse ora di andarsene.
Raccolse le poche forze che le rimanevano, concentrandosi intensamente sul dettaglio dell'Isola di Fair, della costa dove aveva lasciato Harry e si smaterializzò.
Per un attimo Ginny credette di essere stata colpita da una maledizione fra le più crudeli esistenti. Sentì dolore praticamente da ogni parte del corpo, la pelle era tutta un unico grido d'allerta su ogni singola terminazione nervosa in suo possesso. Si sentì pesante, intrappolata da qualcosa immensamente più forte e grande di lei che le stava aggrappato ai vestiti. Acqua, gelata, agitata. Le finì in gola e fece male, il suo corpo diede una scossa violenta e poi si paralizzò per secondi che le parvero infiniti senza la possibilità di prendere una boccata d'ossigeno. Il mantello dell'invisibilità e i pesanti vestiti invernali poco sotto erano come le reti di un pescatore dotate di zavorre. Impugnò a fatica la bacchetta come unica via di salvezza e pronunciò a stento la formula dell'incantesimo testabolla ringraziando ogni divinità di averlo imparato da Fleur, per quanto ridicolo sembrasse all'epoca.
Una piccola tremula bolla d'ossigeno mal riuscita le inglobò la faccia, ci tossì dentro acqua e lamenti dolorosi, ma almeno poteva respirare. Appena aprì gli occhi vide di essere decisamente a diversi metri in profondità, era buio ma in alto c'era ancora un barlume di chiarore a darle il senso del sopra e del sotto, dell'uscita di quell'incubo opprimente. Fu difficile anche solo ragionare, ma la seconda cosa che fece fu puntare ai propri vestiti e pronunciare tremante fra i denti: «Impervius.»
Il suo corpo parve alleggerirsi come se avesse scaricato giù un macigno, tutta la stoffa che aveva addosso divenne impermeabile, rendendole possibile finalmente smettere di affondare. Non riusciva a muoversi bene, era ancora gelata e non le veniva in mente niente per risolvere il problema. Voleva solo tornare sù, uscire, mettere la testa fuori perché ogni respiro affannoso restringeva la bolla a vista d'occhio.
Quando finalmente ci riuscì respirò con la gola e il naso doloranti l'aria gelida della costa. Era come tirarsi stilettate minuscole nei polmoni. Vide la terra selvaggia a poche decine di metri, le venne quasi da piangere per il sollievo di aver sbagliato solo di poco la misura.
Nuotare fu estremamente frustrante e difficile nonostante non avesse più peso, era troppo stanca, troppo gelata. Sentì il mantello dell'invisibilità afflosciarsi da un lato e dovette richiamarlo con un incantesimo di appello e tenerselo ben stretto senza essere più capace di capire cosa le proprie dita congelate stessero davvero stringendo.
«Ginny!» sentì la voce di Harry diversi metri più avanti.
«Harry.» mormorò debolmente mentre continuava a nuotare. Il vento sembrava volerla spingere via.
Il moro non esitò a gettare lo stesso Impervius sui propri indumenti e tuffarsi in acqua per raggiungerla.
«Non ti muovere, ti raggiungo io, sta solo a galla!» le urlò, ignorando il dolore atroce del gelo.
Quando la raggiunse e lei gli si aggrappò con forza addosso parlava a fatica, la voce scossa dai tremiti violenti.
«Ha-Har-ry. I-il mante-tello. Ti-tienilo. N-non lo sento.» mugolava disperata.
«Tranquilla, è qui, calmati. Se ti scappa lo appelliamo.» la rassicurò tremante il ragazzo non appena strinse la mano sulla familiare consistenza setosa dell'oggetto che era rimasto incastrato su una spalla della giovane: le vedeva la testa infatti, ma mancavano all'appello spalla e braccio.
La afferrò forte, e facendo appello all'adrenalina, alla forza di volontà e tutte le proprie energie si smaterializzò levando entrambi da quella situazione terribile.
Si materializzarono a pochi metri dal punto dove Draco, nella Baia di Sjaivar, era rimasto ad attenderli e finirono per ruzzolare malamente a terra. Il biondo li vide e si alzò di scatto dal masso che aveva eletto a seduta temporanea.
«Che cosa è successo?» esclamò allarmato raggiungendoli a grandi passi.
«Credo che abbia sbagliato di qualche metro il punto dove materializzarsi.» mormorò Harry fra i denti che tremolavano. «L-la stanchezza penso, è finita in acqua.»
Ginny non riusciva a parlare, cercava calore contro il corpo dell'ex fidanzato ma non ce n'era.
«Fuocondro.» scandì Draco, che insieme ad un ampio gesto della bacchetta diede vita ad uno scudo magico capace di offrire immediato calore in un'area che includeva sé stesso, Ginny ed Harry a cui si avvicinò il più possibile. Non fece altre domande, perché dovette mantenersi concentrato per tenere attivo l'incantesimo ed evitare il rischio di ustionare gli altri due.
I benefici furono immediati. Harry emise un lungo sospiro di sollievo e fu il primo a riprendersi. Asciugò magicamente la pelle e i capelli di Ginny e poi i propri, ed anche la ragazza iniziò a smettere di tremare. Sembrava comunque esausta.
«Tutto bene Gin?» le mormorò tenendosela saldamente al petto.
«Sì.» gemette lei. «O-ra sì. Grazie. Makah è nella grotta. Era ... tutto normale.» aggiunse fiaccamente.
«Va bene. Riposati.» le disse Harry. «È tutto ok. È finita, abbiamo tempo ora.» alzò il capo per cercare lo sguardo concentrato di Draco. «Quando sei stanco lascialo andare, ti darò il cambio.»
Il biondo annuì, conscio che non avrebbe avuto bisogno di arrivare a tanto. Sentiva che avrebbe potuto tenere quello scudo attivo anche per una notte intera, solo per il forte istinto di tenere il suo amato al caldo. L'avrebbe voluto abbracciare forte proprio come l'altro stava stringendo Ginny e sorrise quando si rese conto che non sentiva alcuna gelosia, una volta tanto. Si sentiva in pace.
Lentamente si misero seduti uno accanto all'altro col mantello dell'invisibilità addosso come un telo protettivo, Ginny premuta in mezzo ad entrambi, stremata e ancora riversa addosso ad Harry senza che riuscisse a reggersi su da sola.
Fuori dal raggio dello scudo invisibile di Draco infuriava il vento spietatamente gelido, e il cielo era tinto dai colori sempre più cupi dell'imminente tramonto. Ad ovest il sole stava svanendo dietro le sagome maestose delle alte scogliere pietrose ed il rigido Mare del Nord si increspava ruvido sotto il soffio chiassoso del Maestrale. Se fossero stati lì in qualunque altra occasione, in qualunque altro momento, sarebbe stato persino uno spettacolo straordinario a cui assistere.





Quando Harry, Ginny e Draco finirono di ripercorrere a ritroso tutto il dedalo di passaporte per tornare a Londra, era ormai notte fonda e avevano tutti e tre chi più chi meno una discreta nausea, mal di testa ed una grande voglia di infilarsi a letto sotto pesanti coperte incantate per restare calde.
Al ministero ritrovarono tutti i loro compagni ad attenderli, il ministro ed anche le due medimaghe che gli somministrarono abbondanti dosi di pozioni ricostituenti.
Fecero rapporto, e Shacklebolt decise di spedire tutti a casa il prima possibile. Si sarebbero ritrovati lì il giorno dopo alle nove, per studiare al meglio i dettagli del piano d'attacco programmato per la serata.
Ognuno prese la via di casa propria dai relativi uffici, Ginny e Theodore si infilarono nel medesimo camino così stanchi da dimenticarsi di far finta di non convivere a casa di lui.
Chi fu invece più cauto fu Draco, che si era scambiato una semplice occhiata d'intesa con Harry e tanto era bastato ad entrambi a capire cosa fare. Attesero che tutti se ne fossero andati, quindi si infilarono nel camino dell'ufficio di Harry, dritti a casa sua.
Nonostante le cure ricevute erano ancora stanchi, fecero una cena veloce e sostanziosa e decisero di concedersi un meritato bagno caldo prima di andare a letto.
Il piano iniziale era molto sano e ottimista nel rispetto delle relative energie residue: ognuno nella propria stanza, ognuno nel proprio bagno. Modificarono il programma nell'attimo in cui si diedero un innocente bacio della buona notte fuori dalla camera di Harry. Si ritrovarono abbracciati, le bocche unite da un reciproco bisogno di premere la lingua contro quella altrui, le mani infilate sotto i vestiti a palparsi senza una meta precisa.
Entrarono in bagno così, mezzo avvinghiati, intenti a sfilarsi i vestiti l'un l'altro. Il bagno della camera di Harry era una bella stanza ampia, piastrellata da tanti piccoli tasselli lucidi color bianco antico. Quel mosaico che correva lungo le pareti ed il pavimento si tuffava in un'ampia vasca da bagno circolare sul fondo della sala. Le luci erano piccole lampade magiche incastonate come led fra i tasselli, che offrivano riflessi scintillanti contro le superfici. I sanitari erano semplici ed essenziali, lo specchio sul lavandino ampio abbastanza da vedercisi a mezzo busto. I due soli mobili di legno chiaro erano una graziosa panca ed una cassettiera per gli asciugamani.
Quando arrivarono all'altezza della vasca erano in mutande e si erano lasciati dietro una scia di indumenti come un serpente si lascia dietro la muta.
Interruppero il bacio per guardarsi negli occhi, cercando la rispettiva intesa in merito alla voglia di proseguire quel qualsiasi cosa avessero appena iniziato.
Avevano entrambi un gonfiore in via di divenire nelle mutande, il viso arrossato e le mani ancora ben piazzate a tastare la pelle calda dell'altro.
«Riempila.» mormorò Draco ad un soffio dalla bocca di Harry.
«Cosa?» mugugnó lui stordito.
Draco sorrise ammiccante, accennando col mento alla vasca vuota lì accanto.
Harry inghiottì a vuoto un fremito di impazienza e aspettativa: fare il bagno insieme era qualcosa di nuovo che non avevano ancora provato. Non se lo fece ripetere, toccò il rubinetto e quello, evidentemente incantato, iniziò a far scorrere un getto di acqua ben calda.
Tornarono a baciarsi, e non ci volle molto perché dalla tenerezza di quegli scambi si passasse al desiderio vero e proprio. Draco artigliò la biancheria di Harry e la spinse giù lentamente, Harry ricambiò il favore infilando una mano fra la stoffa e il suo sedere, spingendo giù la stoffa con una manata stizzita, manco gli avesse fatto un torto personale ad essere lì in mezzo.
Quando la vasca fu piena di profumata acqua fumante al punto giusto, il getto si bloccò da solo. Le loro ultime cose a venir abbandonate fuori furono il laccio che teneva legati i capelli di Draco e gli occhiali di Harry, quindi scavalcarono uno per volta il bordo della vasca. L'acqua calda li accolse nel più gentile degli abbracci come le mani dolci di un terzo amante particolarmente insidioso nel solleticare ovunque i loro corpi. Draco si mise seduto, ed Harry rimase accucciato fra le sue gambe aperte, una mano intenta ad accarezzargli il petto, l'altra tesa al bordo vasca poco dietro una sua spalla per reggersi meglio. Dopo un bacio lungo e di poco più lento di prima, si interruppero una seconda volta per guardarsi in faccia. C'era una tensione che non aveva bisogno d'essere spiegata a parole. Nonostante tutti i loro incontri fugaci e nonostante sapessero ormai alla perfezione che forma avesse la bocca o l'uccello dell'altro, non si erano mai guardati così bene da nudi a vicenda.
Harry si perse con uno sguardo ebete lungo il collo fine dell'altro, inseguendo le ciocche bionde dalle estremità più lunghe già irrimediabilmente bagnate. Il biondo era forse un po' troppo magro: se avesse voluto avrebbe potuto stringere ambo i suoi polsi in una mano sola, ma il suo corpo manteneva ancora la proporzione ben equilibrata tipica dei cercatori, con la loro muscolatura leggera e poco marcata. La sua pelle era liscia, glabra e pallida, un piacere da guardare e carezzare.
Draco non poté impedirsi di contemplarlo di rimando, di toccarlo: era così diverso da sé, e ogni dettaglio che vedeva era dannatamente eccitante. Se lui aveva la pelle chiarissima quella di Harry doveva aver visto decisamente più sole, lì dove lui aveva appena la traccia di muscoli il moro aveva linee più marcate e solide, lì dove la sua pelle era glabra l'altro vantava una leggera peluria scura. Particolari che lo fecero fremere: ogni singolo dettaglio marcatamente maschile dell'altro era capace di fargli pulsare l'uccello fra le cosce e accendergli dentro il profondo istinto di abbandonarsi a lui. Gli stimoli erano troppi. Lo aveva desiderato così tanto fisicamente e mentalmente, e il timore per la pericolosa missione del giorno dopo non fece altro che spingere sull'acceleratore.
Passò le dita della mano sinistra lungo il profilo più marcato del bicipite destro del moro, scendendo al petto rovinato da qualche cicatrice. Rapido come era partito frenò: sul proprio avambraccio sinistro aveva intravisto la sagoma opaca del marchio nero e improvvisamente si sentì davvero, vergognosamente, nudo. Harry lo intuì chiaramente, lo vide abbassare lo sguardo e calare il braccio in acqua, manco potesse annegarlo, lavarlo via.
«Ehi.» gli sussurrò, allungando la mano destra ad inseguire quel braccio nel calore dell'acqua profumata. Gli afferrò l'avambraccio, lì dove più o meno sapeva esserci il vecchio tatuaggio. «Guardami.» mormorò delicatamente, il viso ad un palmo dal suo.
Draco, a disagio, rialzò lo sguardo in quegli amati occhi verdi, senza riuscire a nascondere quella che era forse la sua più profonda vergogna.
«Questo ... » prese a dire Harry, rimarcando leggermente la stretta della mano. « ... non è ciò che sei.»
«Lo so.» ammise in un soffio il biondo. «Ma è ciò che sono stato.»
«Questo è vero.» sorrise il moro. «Sei stato un Mangiamorte. Un Mangiamorte che è riuscito a tornare indietro e fare la scelta giusta.» dalla presa che gli aveva riservato, scese con una carezza decisa al polso, quindi gli tirò su la mano, tornando ad esporre l'avambraccio fuori dallo scudo liquido dell'acqua calda. «Questo non è un marchio di cui devi avere vergogna, è una cicatrice che Voldemort ti ha lasciato, proprio come quella che ho io sulla fronte. Quello che sei, che hai fatto, che fai ogni giorno, la rende tale. E avere cicatrici non è una cosa di cui vergognarsi.» concluse, con un sorriso incoraggiante mentre si avvicinava la mano alla bocca per baciarla.
Draco sentì il cuore correre come se l'altro gli avesse appena fatto una dichiarazione d'amore, e al contempo una profonda sensazione di sollievo. Era la prima volta in vita sua che qualcuno consolava quel suo profondo e vergognoso trauma. Si sentì lontano dalle preoccupazioni del passato o dell'immediato futuro. Ora era nel presente, e i bellissimi occhi buoni di Harry erano l'unica cosa su cui riusciva a concentrarsi.
Non gli rispose a parole, gli scattò addosso come se volesse spingerlo, in realtà era solo l'impeto di tornare a baciarlo e appenderli le braccia al collo.
Si baciarono col sorriso sulle labbra, mentre quel piccolo scatto fece ondeggiare con forza l'acqua calda che strabordò oltre il bordo vasca. L'insistenza di Draco si fece più vivace man mano che i loro corpi guadagnavano calore, e anche se era più magro di Harry lo spinse facilmente fino ad invertire le posizioni. Il moro finì seduto, schiena al bordo della vasca, il biondo gli salì a cavalcioni sulle cosce.
Draco afferrò il pene di Harry ed iniziò a massaggiarlo piano sott'acqua, il moro gli strinse ambo le natiche a mano piena, palpandolo con sempre maggiore audacia. Carezzò sotto un polpastrello l'ano contratto del biondino, sentendolo sussultare piacevolmente. Incrociarono un'altra volta lo sguardo e seppero che stavolta sarebbero andati sino in fondo e non ci sarebbe stata stanchezza o tensione che tenesse.
Draco allargò meglio le gambe e gli premette di più il bacino contro la mano in un invito esplicito.
Harry aumentò la pressione di quel polpastrello, complice l'acqua calda, e forzò la piccola apertura ad accoglierlo. Lo penetrò di pochi centimetri e lo sentì prima contrarsi poi rilassarsi, emettere un sospiro compiaciuto. Era bollente, stretto, e l'idea di poterci mettere dentro il pene era un pensiero così semplice ma potente da annebbiargli la mente. Non sapeva cosa fosse giusto fare a quel punto, ma all'ignoranza sopperì con iniziativa e curiosità. Quanto poteva farlo gemere solo così? Quanto sarebbe stato facile o meno forzare quel buchetto che sembrava solo volerne di più? Le risposte le trovò quando iniziò ad affondare fino alla fine e poi ritrarre il dito, riaffondarlo e ritrarlo delicatamente. Il respiro di Draco era fatto di sussulti e piccoli ansiti, i suoi fianchi lo assecondavano ondeggiando piano a quella simulazione di una penetrazione vera e propria. Quando fu più sicuro osò inserire un secondo dito e gli ansiti divennero un gemito capace di rimbombare fra le belle pareti del bagno. Sentì la mano con cui Draco lo stava masturbando farsi più decisa, la propria erezione svettava completa ormai da un pezzo fra quelle dita sottili. Fu proprio Draco dopo un po' a sollevare del tutto il bacino sfuggendo alle sue dita. Gli si fece più vicino in modo da allineare il sedere a quell'uccello duro che stava massaggiando. Harry, nella sua inesperienza, lasciò che fosse l'altro a tenere le redini del gioco, limitandosi a tenerne una natica fra le dita e cercare la sua di erezione da massaggiare.
Draco aveva il respiro affannato e il cuore a mille, non era come se l'era immaginato, nelle sue fantasie era sempre di spalle ed era Harry a montarlo, ma non gliene fregava niente perché non era mai stato così eccitato in vita sua. Non era mai stato così innamorato, in vita sua. Si portò la punta del pene del moro contro l'ano e lentamente, dopo qualche tentativo un po' impreciso, forzò la propria stessa apertura ad accoglierla. Sussultò già dai primi centimetri, la mano che Harry gli teneva sulla natica fu un piccolo aiuto in più, e dopo qualche istante scese col bacino per prenderne di più. Chiuse gli occhi, ecco un'altra cosa che non si era immaginato: era grosso, duro, e faceva male. Un dolore sopportabile, anche per uno come lui che non era mai stato abile a tollerarlo. Fu quando scese oltre metà della lunghezza che non poté trattenere un piccolo guaito. Era lento, cauto, eppure fu un misto fra piacere e gran parte dolore: piacere dalla mano di Harry che lo masturbava, dal semplice essere con lui, dolore da quella penetrazione con cui stava effettivamente perdendo la propria verginità. Non voleva ritrarsi, avrebbe sopportato, così calò fino alla fine, impalandosi sul pene del moro fino all'ultimo centimetro.
Harry, che sentiva solo il piacere più forte e devastante che avesse mai provato, appena capì che per l'altro non era esattamente la stessa cosa tirò su il muso e andò a baciarlo. Gli lasciò andare la natica, senza smettere mai di masturbarlo, e con la mano libera ne cercò piuttosto la schiena per spingerselo meglio contro.
Draco si aggrappò con ambo le braccia alle sue spalle, baciandolo per soffocare nella sua bocca alcuni piccoli gemiti dolorosi, poi piegò il capo di lato e tuffò la testa contro il suo collo.
«Ehi.» mormorò Harry, stordito, carezzandogli la schiena. Erano così avvinghiati che fermò in parte il movimento della mano con cui lo stava masturbando. «Tutto ok?»
«Mh.» mugugnò Draco a denti stretti. «Fa ... male. Sei ... troppo grosso, e io ero troppo vergine, mi sa.» sbuffò a metà fra divertimento e insofferenza. Era ancora palesemente eccitato, ma a stento riusciva a calmare il respiro. «Devi aspettare.» ansimò a occhi chiusi. «Se provi a spingere ti do una testata sul naso, giuro.» aggiunse, abbastanza marcato da non suonare esattamente ironico.
Harry sbuffò una risatina bassa, andando a carezzargli la testa e finendo così di bagnargli i capelli.
«Tranquillo, io sto una favola qui.» ironizzò, guadagnandosi un piccolo morso dispettoso da parte dell'altro, all'altezza della spalla su cui gli aveva poggiato il muso. «Ouch! Ma continuo a stare una favola.» insisté provocatorio.
Draco non poté impedirsi di ridacchiare, pianissimo. Si prese qualche respiro profondo per calmare il cuore, quindi provò timidamente ad ondeggiare il bacino.
Harry chiuse gli occhi e reclinò il capo all'indietro: sentiva quel piccolo buco caldo e contratto trattenere dentro di sé il suo uccello come se non volesse lasciarlo più. Ogni movimento, ogni piccolo centimetro che usciva e rientrava era una nuova scossa di piacere.
«Draco.» si ritrovò a gemere, o forse a pregare per avere di più.
Il biondo accolse quel sospiro languido del suo nome con una nuova scossa di piacere a superare quelle di dolore. Smise di stargli aggrappato addosso ed Harry tornò a masturbarlo con più decisione. Nuovo piacere. Lo guardò in faccia, ne vide il viso compiaciuto, i fremiti ad ogni movimento più deciso del proprio bacino. Sentì di avere un enorme potere su di lui, e alla componente fisica si unì quella mentale. Aveva Harry Potter sotto di sé, il suo cazzo piantato a fondo nel culo, e la sua mano devotamente intenta a masturbarlo. Poteva fare di lui quello che voleva. Poteva farlo attendere o dargli un piacere immenso semplicemente muovendo il bacino. Voleva il suo orgasmo, voleva fargli perdere la testa e lasciarlo libero di schizzargli dentro. Lo amava, lo voleva, avrebbe sopportato quel dolore pungente solo per lui, solo per dargli di più. Un po' per quei pensieri, per l'amore che gli dava alla testa, e un po' perché i suoi muscoli si stavano finalmente abituando, fu finalmente capace di tentare il primo vero e proprio movimento marcato. Alzò il sedere fino a sfilare metà del pene di Harry dal proprio buco, poi tornò a prenderselo tutto. Da qualche parte in mezzo al dolore, sentì una nota di piacere anche da lì. Riprovò, e sentì Harry gemere forte. Stava diventando più facile, più piacevole, più eccitante: l'acqua calda aiutava.
In breve iniziò a cavalcarlo come si deve, il ritmo ancora lento e poco deciso, ma estremamente piacevole per entrambi.
I gemiti dei due ragazzi si unirono al soffio caldo del vapore, i loro corpi erano tesi, la pelle non coperta dall'acqua imperlata di sudore e condensa.
Draco riaprì gli occhi di scatto quando sentì la mano libera dell'altro premere contro la propria nuca con un pizzico di prepotenza. Se lo stava avvicinando al viso per tornare a baciarlo, e al contempo prese a masturbarlo più forte. Il biondo gli cacciò la lingua in bocca, affamato, infiammato dal calore e ormai quasi completamente incapace di sentire più dolore. La certezza innata che Harry stesse per venirgli dentro, la sua bocca contro la propria, i tocchi decisi della sua mano che ormai sapeva benissimo come maneggiare il suo pene, furono la somma capace di risultare in un orgasmo intenso. Gli artigliò le spalle fra le dita e mentre venne osò qualche spinta più intensa e rapida col bacino.
Harry, con gli occhi ormai serrati e la testa smarrita nel piacere, accolse una nuova sensazione ancora più eccitante: sentì l'ano di Draco contrarsi intorno al suo pene, la frizione farsi più intensa, più svelta. Era già al limite un istante prima, e anche se avrebbe voluto far durare quel momento una vita intera non fu capace di fermare l'orgasmo che riempì in fiotti caldi e abbondanti il suo amante. Era un piacere assoluto, fisico e mentale.
Quando le contrazioni dei rispettivi sessi si placarono, quando si sentirono finalmente svuotati da sperma, pensieri e fatica, il loro bacio si ammorbidì ad un contatto pigro di labbra, un lento riprendere fiato. Draco si spostò accanto ad Harry, sedendosi su un fianco ma rimanendogli in parte addosso. Gli posò una guancia sulla spalla vicina, una mano aggrappata invece all'altra. Harry gli cinse la vita per tenerselo meglio contro. Gli baciò distrattamente la testa e quando abbassò di poco lo sguardo notò che Draco non stava più nascondendo in alcun modo l'avambraccio segnato dal marchio nero.
Forse era per ciò che avevano appena fatto, forse Draco era solo stanco e distratto, ma Harry sentì un profondo senso di complicità e fiducia. Sentì un profondo senso di amore, da parte dell'altro e da parte propria per lui.

La profezia del cerchio scarlatto [Drarry]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora