Rabbia e ferite

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(Capitolo riveduto e corretto il 6/5/2024)


Draco era seduto su uno dei letti del San Mungo, la schiena poggiata su un mucchio soffice di cuscini, le mani piene di pergamene. Si trovava in una piccola area isolata che l'ospedale aveva riservato praticamente solo al corpo Auror del Ministero, tanto erano frequenti i ricoveri. C'erano stanzette singole come quella in cui si trovava lui, e alcune doppie. Aveva il capo chino e l'aria sconfitta, le spalle basse, le mani inerti in grembo, perse fra i fogli. Erano passati due giorni dallo scontro di West Woods, che si era rivelato a tutti gli effetti un agguato ai loro danni.
Al suo ritorno coi pochissimi rinforzi la battaglia era stata sanguinosa. C'era stato un morto fra le fila dei nemici, il più anziano del gruppo, ma erano riusciti a vincere e mettere gli altri in fuga. Draco se l'era cavata con una ferita al ginocchio che gli avrebbe reso difficile camminare per una settimana, più qualche contusione, ed un taglio alla mano che era già quasi scomparso. Un bilancio molto simile a quello di tutti coloro che erano accorsi al salvataggio, pochi ma forti dell'elemento sorpresa.
Evelyn Fergusson, Ginny Weasley e Calvin Penn erano quelli messi peggio a ferite, mentre Mike Spungen, già dimesso, se l'era cavata con tagli e contusioni profondi ma poco preoccupanti per il potere della medicina magica. Le ferite inferte alle due ragazze e Penn erano invece di natura più complessa, oscura, avrebbero richiesto parecchio tempo per venire risanate e risultavano dunque ancora potenzialmente in pericolo di vita.
Draco non aveva avuto il coraggio di andare a trovarli, ma solo di sbirciare dalla porta socchiusa della sua stanza l'andirivieni dei medimaghi o dei visitatori. Aveva fatto rapporto fino alla nausea, riferito ogni dettaglio che ricordava al Ministro, redatto documenti e identikit sebbene non fosse stato ancora dimesso. Aveva intravisto e sentito in due giorni un numero incredibile di famigliari e parenti affranti nei corridoi, fra cui praticamente tutti i Weasley, ma lui non aveva avuto alcuna visita se non quella del Ministro. Quel giorno erano arrivati anche Harry, Ron ed Hermione rientrati poche ore prima dalla loro missione. Avevano qualche ferita, ma si erano fatti curare il tanto che bastava a poter andare subito a trovare Ginny.
Draco dalla sua posizione non riuscì a vederli bene, era piena notte e il corridoio era illuminato fiocamente. Non era nemmeno tanto sicuro di volerli vedere, in effetti. Sapeva benissimo cosa la gente avrebbe pensato, e la sera prima aveva pure sentito le prime malignità sussurrate fuori dalle camere. "Non pensi sia strano che Calvin, Evelyn e Ginny siano tornati in quello stato, in fin di vita, mentre Malfoy e Spungen se la siano cavata con qualche graffio?" "Le serpi si fanno sempre meno male degli altri, chissà come mai."
Nonostante il proposito di non rimuginarci troppo, Draco non riuscì a scacciare una pessima sensazione. Avrebbe potuto salvare i suoi compagni restando a lottare con loro? Se lo chiese per la centesima volta, ma dopo il senso di colpa sentì anche un certo rancore. Li aveva salvati tutti, agendo di furbizia e non di petto. Se per essere considerato coraggioso si sarebbe dovuto far catturare, torturare e ammazzare invano, facendo svanire ogni speranza di salvezza per i suoi compagni, beh, meglio rientrare nella definizione di codardo. Non era morto nessuno, e la missione aveva avuto successo, riportando indietro un'enorme mole di informazioni. Il bilancio era tremendamente positivo. Avrebbe mai ottenuto la fiducia del mondo magico o sempre e solo biasimo e sospetto?



La prima cosa a cui pensò Harry quando la vide furono i genitori di Neville. Ginny Weasley giaceva sul letto con la stessa espressione vacua che anni addietro aveva scorto negli occhi di Frank e Alice Longbottom.
«Le abbiamo sedate, fra circa dieci minuti dormiranno, ne hanno bisogno, e voi siete ben oltre gli orari delle visite. Questo è il massimo che posso concedervi, mi dispiace.» aveva spiegato a bassa voce una medimaga ad Harry, Ron ed Hermione. «Né loro né il signor Penn sono in grado di rispondervi attualmente. Salutatele se volete, ma lasciatele riposare. Anche voi ne avete bisogno, fra l'altro.» si era raccomandata, prima di lasciarli soli e chiudersi la porta della stanza alle spalle. Oltre un alto separé di stoffa la figura di Evelyn Fergusson aveva già reagito bene alle pozioni per il sonno.
Harry, Ron ed Hermione avevano riportato ferite lievi, già tamponate da bende e unguenti magici, ma erano comunque profondamente provati dalla missione da cui erano ritornati da poche ore. La notizia delle conseguenze drammatiche della missione dei loro cinque compagni gli aveva inferto una scossa di disperazione a cui non si sarebbero mai abituati nonostante non fosse certo la prima volta che capitava qualcosa di così serio.
Hermione si era seduta sul primo sgabello libero accanto al letto, aveva una gamba fasciata e non riusciva a stare in piedi da sola, Ron era accucciato accanto a lei e carezzava la mano sinistra di Ginny con le proprie avvolte da bende, incurante delle ondate di dolore che provava ad ogni contatto. Harry era rimasto immobile, un passo più indietro rispetto a loro, il volto graffiato ma nessuna ferita importante. Solo un immenso dolore emotivo nel vedere in che stato avevano ridotto la sua ex ragazza.
Nessuno parlò, Hermione piangeva in silenzio, Ron era atterrito.
Ginny aveva le palpebre socchiuse e non sembrava neppure averli notati, stordita da forti sedativi magici capaci di strapparla ai dolori del mondo. Il suo corpo così come quello di Evelyn Fergusson era stato martoriato praticamente in ogni punto da tagli, botte, persino qualche morso che non aveva risparmiato neppure il suo viso. Dopo due giorni non era migliorata molto da quando era arrivata, le ferite erano pulite certo, ma essendo state inferte dai mannari c'era il solito spauracchio di una qualche forma di contagio. Al centro dell'addome le avevano inciso rozzamente un cerchio nella carne, un taglio così profondo che se fosse stato più calcato avrebbe potuto rischiare di sventrarla, e stessa cosa era stata fatta ad Evelyn ma a quanto pare non erano riusciti a terminare il lavoro su di lei perché il suo cerchio era a metà come una grottesca parentesi aperta.
Più Harry fissava quel volto storpiato da lividi e tagli, o quel poco che il lenzuolo lasciava vedere di un corpo fasciato in ogni dove, più sentiva lo shock mutare in rabbia.
Quando Ginny si assopì, molto prima dei dieci minuti preventivati, lasciarono la stanza con Hermione ancora singhiozzante, e Ron ed Harry scossi da una furia mal trattenuta per mero rispetto all'ospedale. Fecero qualche passo in silenzio lungo il corridoio, poi notarono una luce tenue provenire da dietro la porta socchiusa di una stanza. Sapevano bene chi fosse l'ospite al suo interno, l'infermiera li aveva informati della posizione di ogni compagno.
«Malfoy è sveglio.» disse funereo Harry.
Hermione non ebbe nemmeno il tempo di tirare su col naso e chiedergli che intenzione avesse, che Ron era già schizzato verso la porta ed Harry non riuscì né volle provare ad acchiapparlo.
«Malfoy.» ringhiò il rosso quando spalancò l'uscio, facendo trasalire il ragazzo che era intento ad ultimare la rilettura dell'ennesimo rapporto. Lettura assai pigra e vicina alla sonnolenza, vista la fioca lampada ad olio accesa sul comodino.
Draco lo fissò con un timore che presto si liberò della sorpresa: sapeva benissimo cosa sarebbe successo. Se lo era aspettato, solo non così presto.
Mentre Harry ed Hermione lo inseguivano, Ron schizzò verso Draco e gli si scagliò contro senza premurarsi di prendere la bacchetta. Con le mani fasciate e dolenti che aveva, in cui molte ossa si stavano rinsaldando a fatica, lo afferrò di malomodo per il camice, arrivando a ringhiargli la propria furia in faccia.
«Che cazzo hai fatto? Perché hai lasciato mia sorella indietro? Schifoso vigliacco!»
«Ron, no!» gli intimò Hermione che faticava a seguirlo fra stampella e gamba fasciata.
Harry chiuse di scatto la porta, imponendo un incanto sigillante perché nessuno potesse sentirli o aprirla facilmente dall'esterno.
Draco non rispose, la mascella contratta in una smorfia nervosa.
«Perché sei scappato?» lo incalzò il moro, avvicinandosi al letto con una delle smorfie più rancorose del suo repertorio.
«Rispondi, Malfoy. O te le caccio fuori a pugni, le risposte. Non me ne frega un cazzo delle mani rotte.» ringhiò Ron, che stoicamente stava riuscendo a ignorare il dolore pur di continuare a stargli addosso, scuoterlo e strattonarlo. Aveva finito per posare un ginocchio sul letto e se avesse continuato a spingere avrebbe fatto cascare Draco dall'altro lato. Ad impedirglielo, giusto le braccia stanche e affaticate di Hermione che cercava di trattenerlo e calmarlo.
«Ron, ti prego. Ne discuteremo domani, a mente più lucida.» supplicava lei.
«No, ne discutiamo ora! È risaputo che voi serpi siate dei vigliacchi inadatti a combattere sul serio, ma lasciare dei compagni indietro così?»
«Weasley, lasciami.» protestò stizzito Draco. Sebbene avesse le mani libere e sane non cercò la bacchetta adagiata sul comodino lì accanto, preferendo una mera opposizione verbale.
«Avete più serpi fra le braccia che palle fra le gambe, voi atri!» sibilò Ron, rancoroso e maggiormente irritato dalla mancanza di risposte.
Draco, troppo stanco e stressato per controllarsi, perse a sua volta la pazienza. Ne aveva abbastanza di insulti alla propria divisione, fu proprio la sfiducia a demolirne la resistenza.
«Oh certo, Weasley.» sibilò. «Non ci impegniamo abbastanza noi, non siamo abbastanza coraggiosi come voi Fenici, non ci facciamo abbastanza male. Infatti Nott è in malattia da un mese con più ferite del vecchio Moody perché si diverte a fare avanti e indietro da casa sua a questo fottuto ospedale. Zabini mesi fa ha quasi perso un occhio perché beh, tanto ne ha due, chi se ne frega! Ma chiaramente se si fa male uno dei vostri vale dieci dei nostri. Se poi si fa male la piccola santa Ginny, quanti ne vale dei miei?»
Ron prima lo lasciò andare, poi si liberò da Hermione con uno strattone e infine gli rifilò un pugno in faccia. Fece più male alle sue mani che a Malfoy, ma bastò a far cadere il biondo giù dal letto, in uno svolazzio di pergamene e coperte.
«Harry, fa qualcosa subito!» alzò la voce Hermione, quando si rese conto che Ron era caracollato oltre il letto e si stava preparando a colpire ancora.
Il moro raggiunse i due a terra, e con estrema fatica agganciò Ron da sotto le ascelle e lo tirò via.
«Ron. Ti stai facendo male più tu che lui!» lo rimproverò fra i denti.
«Fuori!» ruggì Hermione quando ebbe estratto la bacchetta, puntandola contro Ron che si dimenava. «Fuori o giuro che ti schianto, Ron!»
Mentre Draco, arrabbiato e spaventato si rimetteva su a fatica, Ron calmò a fatica il respiro e scelse di non voler testare i limiti della pazienza di Hermione.
«Fanculo Malfoy. Ci puoi giurare che vali meno di mia sorella.» ringhiò, muovendosi verso l'uscita.
Harry guardò i due amici raggiungere il corridoio restandosene sulla porta, il viso ancora segnato da quella smorfia rabbiosa che tratteneva a stento.
«Voi andate. Parlo io con lui.» disse secco, chiudendogli la porta in faccia senza aspettare una risposta. Li sentì allontanarsi dopo pochi secondi, Ron protestava. Sigillò nuovamente la stanza.
Draco non disse nulla, non riusciva a stare in piedi e dovette ributtarsi a sedere sul letto, acchiappando la propria bacchetta per rimettere in ordine quanto era caduto. I pugni di Ron gli avevano spettinato i capelli e arrossato una guancia, ma fra le bende che il rosso aveva alle mani e la poca forza del colpo sarebbe già stato tanto se gli fosse comparso un livido il giorno dopo. Dava le spalle ad Harry, che non riuscì a farlo voltare nemmeno quando gli parlò direttamente.
«Perché sei scappato?» non c'era traccia di conciliazione nella sua voce, ma la promessa di un'incazzatura che aspettava solo qualcosa e qualcuno su cui far presa per infiammarsi. «Non me ne vado finché non rispondi, Malfoy. E le mie di mani funzionano benissimo.»
«Minacci, Potter?» biascicò malmostoso. Di tutti quelli di cui non avrebbe voluto sentire il peso del biasimo, Harry era decisamente in cima alla lista. Fece un enorme sforzo per assecondarlo e provare a spiegarsi.
«Ti avranno spiegato cos'è successo, no? L'hai letto il rapporto che ho scritto praticamente mentre mi curavano?»
«Sì, l'ho letto. E nella posizione in cui eri finito avresti potuto fare dieci cose diverse per intervenire.»
«Forse tu, Potter, avresti potuto. Ma io non sono te!»
Lentamente il tono di voce di entrambi saliva di volume ad ogni risposta.
«Chiunque non sia un fottuto vigliacco senza sentimenti avrebbe potuto fare qualcosa, Malfoy. Ce l'hai un cuore nel petto?»
«Sono tutti vivi!» urlò esasperato Draco, la pazienza nuovamente annientata. Si voltò di scatto, lanciandogli un'occhiata avvelenata e ferita. «TUTTI Potter! In quanti dei tuoi magnifici atti di coraggio nella tua vita, puoi vantare di aver riportato TUTTI i tuoi amici indietro vivi?!»
Harry pensò esattamente a quanti gli erano morti davanti, a cominciare da Cedric Diggory sino a Sirius, il preside Dumbledore, Snape e molti altri ancora. La vampata di dolore e sensi di colpa che già lo stava addentando da giorni per altri motivi spalancò le fauci e lo divorò in un boccone solo.
«Sono vivi perché hanno lottato! Non certo perché sono scappati come dei conigli come te.» lo accusò crudo.
«Il Ministro ha approvato la mia scelta, ne ho parlato a lungo con lui e-»
«Non me ne fotte un cazzo del Ministro! Non sei intervenuto non perché avessi un lucido piano per salvarli, ammettilo, ma solo per avere una scusa per scappare. L'hai tirato almeno un incantesimo o sei rimasto nascosto fin dall'inizio?»
«Eravamo cinque contro dodici! La zona era a nostro svantaggio, alcuni di loro erano mannari, fiutavano il nostro fottuto odore. Sapevano benissimo che fossimo lì, erano preparati, non potevamo smaterializzarci!»
E mentre Draco argomentava - ormai urlavano - Harry gli si avvicinò bacchetta alla mano. Sembrava aver chiuso la mente alla parola "mannaro" e gli urlò sopra per la buona metà della sua ultima frase.
«Mannari, oh sì, povero hai avuto paura che ti mordessero? Hai lasciato due donne davanti a un branco di mannari che volevano stuprarle e ucciderle, che le hanno picchiate e torturate solo per farselo venire duro e-»
«Non le hanno stuprate! Non ci sono arrivati nemmeno, Potter. E sai perché? Perché sono andato a chiedere aiuto dopo aver valutato la situazione anziché agire come un decerebrato in preda a-»
«Ah?! Hai valutato la situazione, Malfoy? E come?»
«Li ho ascoltati, idiota! Mentre decidevo cosa fare. Erano vive, non volevano ucciderle subito e volevano che Penn e Spungen assistessero. C'era tempo, sarebbero rimasti vivi fintanto che-»
«Fintanto che le avessero stuprate? Era QUESTA la tua garanzia Malfoy?! Fintanto che sono occupati a violentarle posso salvarmi la pellaccia?»
«Se fosse stato così sarei scappato molto prima, non credi?» sbuffò Draco, abbassando di netto la voce: non era abituato ad urlare, e gli faceva ancora male la gola per tutto il fumo che aveva respirato due notti prima.
«Questo è quello che racconti tu, Malfoy. Quando siete arrivati coi rinforzi erano ad un tanto così dal venire violentate da due mannari! Lo capisci che cazzo avrebbe implicato una cosa simile?» ringhiò Harry, fuori di sé dalla rabbia. Erano ad un metro di distanza ma si puntavano a vicenda la bacchetta insieme a due sguardi feroci.
«E allora?! Sono due femmine, Potter!» sbottò Draco, realizzando con qualche secondo di ritardo di aver detto qualcosa di veramente troppo spietato, che non pensava davvero, semplicemente perché aveva finito gli argomenti con cui ribattere.
Harry ridusse gli occhi a due fessure cariche di disprezzo e gli scagliò contro un Expelliarmus così furente che oltre a sfilargli la bacchetta di mano lo fece sbalzare nuovamente giù dal letto.
«Che cosa cazzo dovrebbe voler dire, Malfoy?» berciò. «Che siccome sono femmine sono fatte per essere violentate?!»
«N-no io non-» bofonchiò Draco, che nella caduta aveva sbattuto il ginocchio ferito e cercava piuttosto goffamente di mettersi seduto a terra, una gamba mezzo imprigionata nelle lenzuola.
«No? Ah no? Perché è quella la cazzata che ti è scappata dalla bocca, Malfoy. Incarceramus!» ringhiò, ed un paio di corde spesse si avvlupparono alle sue braccia. Erano una costrizione efficace per uno debole come lui, ma non particolarmente strette e dai nodi imprecisi, segno che il moro doveva essere decisamente stanco.
«Cosa?» soffiò il biondo, lanciandogli un'occhiata interdetta, allarmata, ancora seduto scompostamente sul pavimento mentre l'altro gli era ormai di fronte. Non aveva mai visto Harry Potter così fuori di sé. «Che cos-» Gli arrivò uno schiaffo che gli impedì di finire la frase e a differenza del pugno di Ron questo fece davvero male. Sentì la bacchetta di Harry cadere a terra e le braccia dell'altro sollevarlo di peso per sbatterlo di malo modo sul letto.
«Per te non è niente, Malfoy?» aveva la voce rauca per la fatica e nello spostarlo a quel modo gli rimase in parte riverso addosso, troppo stanco e dolorante per raddrizzarsi.
Draco si ritrovò schiacciato contro il materasso dal braccio sinistro di Harry premuto in mezzo alla schiena. Sgranò gli occhi e trattenne il fiato, la rabbia cancellata via da un guizzo di timore. Non osò dire altro, lasciando che fosse ancora Harry a parlare o meglio, a ringhiargli contro la nuca.
«Dai, dimmi che non è niente.» gli fece, carico di un sarcasmo nervoso e iracondo. Gli abbassò pantaloni e mutande con un gesto brusco. «O perché tu hai il cazzo pensi che non possa succedere anche a te?»
Il biondo non provò nemmeno a dimenarsi, appena si sentì afferrare di malomodo una natica nuda una scossa violenta e frenetica di piacere gli salì a tradimento dal basso ventre. Era il lampo di piacere più forte e controverso che avesse mai provato in vita sua, e ne fu sconvolto vista la situazione ben lontana dalla natura ruvida ma più romantica delle sue fantasie.
«O forse sei scappato perché avevi terrore che scambiando il tuo bel faccino per quello di una femmina non si sarebbero fatti problemi a spaccarti il culo?» lo accusò crudelmente Harry, insinuando un ginocchio fra le sue gambe per portarlo ad allargarle.
Ad accendere le fantasie più spinte del biondo e tenerne a freno il panico, era la certezza che Harry non sarebbe mai andato oltre. "Mi vuole solo spaventare." Si disse. "È esausto. È etero. È ... sul mio culo, non su quello della fidanzata." Con un singhiozzo silenzioso si accorse che il proprio pene la stesse prendendo piuttosto bene. Gli si era gonfiata un'erezione incredibilmente rapida e fastidiosa, che pregò con orrore l'altro non notasse.
«M-mi dispiace. Potter, senti io non, mi dispiace. Ok? Ho parlato senza pensare, non intendevo davvero una cosa del genere.» sussurrò nel panico.
La nota di timore nella voce del biondo soddisfò non poco lo spirito iracondo del moro, sebbene non avesse minimamente capito da dove venisse realmente la sua paura. Un'altra cosa che non aveva calcolato fu che, quando si mosse per recuperare equilibrio, si ritrovò a premere il bacino contro le natiche nude del serpeverde.
«Potter?» l'altro si fece scappare un sussurro a metà gemito, in risposta a quella spinta. C'era la stoffa dei propri jeans a separarli ed Harry si accorse dopo un piccolo fremito piacevole di un certo gonfiore che aveva deciso di manifestarsi sotto la patta. Si tirò su di scatto, come ustionato, liberando di fatto Malfoy dal proprio peso, che ruotò di poco il capo per lanciargli un'occhiata basita.
Con le mani legate, la faccia arrossata e le labbra schiuse, più che fargli pena o rabbia Draco gli suscitò una nuova violenta pulsazione all'altezza del pene, soprattutto quando calò istintivamente lo sguardo sul suo sedere. Aveva decisamente un bel culo, gli rese noto qualcosa dal fondo del cervello. O forse un po' più in basso.
Draco non era molto sicuro di ciò che aveva sentito, era la sua fantasia ormai scatenata o aveva davvero avvertito qualcosa di duro premere contro le natiche?
Mentre uno guardava il sedere all'altro, quello guardava alla sua patta ma senza riuscire a vedere granché, un po' per la posizione, un po' per colpa delle ombre profonde e la luce fiacca. I loro sguardi si incrociarono in un attimo fugace di reciproco stordimento, la rabbia cancellata dalla rispettiva confusione.
Harry recuperò la bacchetta e liberò frettolosamente il collega. Draco si ritrasse sul letto cercando disperatamente di coprirsi. Mentre senza saperlo avevano rispettivamente una corposa erezione fra le cosce, ostentarono entrambi una maschera di rancore e stizza senza provare a dirsi nient'altro, o anche solo guardarsi un istante di più. Harry non salutò mentre si affrettava a lasciare la stanza, sconvolto e accaldato.

La profezia del cerchio scarlatto [Drarry]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora