CAPITOLO 10

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Mi volto e compio gli ultimi passi che mi separano dalla porta del bagno.
Ci sono solo tre ragazze che, appena mi vedono, se ne vanno. Erano la mia speranza di salvezza, ma a quanto pare non merito di essere salvata.
Mi appoggio al lavandino e chiudo gli occhi. Tremo. Tutto trema.
Tommaso mi ha vista.
Tommaso mi ha trovata ed è qui.
Ma io?
Io dove sono?

Avverto una presa leggera sulla spalla e una scossa improvvisa muove il mio braccio, in uno spasmo. Non ho bisogno di aprire gli occhi, non ho bisogno di voltarmi. Sento il suo profumo e questo basta a distruggere ogni sicurezza.

Fa forza e mi allontana dal lavandino.

Le dita dell'altra mano scivolano sulla vita.
Indietreggiamo, senza guardarci, fino a chiuderci dentro a uno dei gabinetti.
Avessi avuto anche una misera possibilità di vincere questa battaglia contro di lui, l'avrei giocata e ora mi starei ribellando, ma non ho carte da scendere sul tavolo, mi resta solo il jolly della pietà.

Tommaso è alle mie spalle e la mia schiena posa sul suo petto. Sento il suo respiro sul mio collo, sento le sue dita ancora sul fianco e sono fiamme in grado di incendiare la pelle sotto la stoffa.
Non dice nulla e io non ho il coraggio di fiatare, ho paura persino di respirare.
La mano di Tommaso si sposta lentamente, io fisso la porta del gabinetto di fronte a me. Le scritte idiote che le ragazze hanno inciso nel legno si mescolano nei miei occhi e diventa improvvisamente freddo, quando le sue dita tirano la canottiera, sotto la felpa, per sfilarla dai jeans.

Serro gli occhi, d'istinto, come se così facendo potessi tenerlo fuori, potessi allontanarlo.
Mi sfiora la pelle proprio sopra la vita dei pantaloni e la mia pancia si ricopre di brividi. Dio... non sento più il mio cuore.
Tommaso sta per fare la mossa successiva, qualsiasi essa sia, quando la porta del bagno si apre e le voci di due ragazze risuonano nella stanza. La sua mano sul mio ventre stringe la presa, mi schiaccia contro il suo petto. Dalle mie labbra esce un gemito involontario che mi disorienta.

«Shh», sussurra al mio orecchio e il suo respiro caldo è più intenso di una carezza.
Qualcuno bussa alla porta.
Qualcuno tira giù la maniglia e prova a entrare.
Riapro gli occhi all'improvviso e la luce mi stordisce.

«Parla», mi sprona Tommaso, facendomi notare che stanno bussando proprio al nostro gabinetto.
«Occupato», trema la voce nel dirlo, ma ci riesco.

La mano di Tommaso torna sul mio ventre, questa volta sopra la felpa. Muove piano le dita verso l'alto, mi tiene stretta al suo petto.
«Brava», mormora contro la pelle del mio collo.
Le ragazze al di là della porta sbuffano, poi le sentiamo entrare in un altro gabinetto.
«Ivonne», Tommaso sospira il mio nome e con la mano risale su, lungo lo stomaco, verso lo sterno, al centro dei miei seni e io non riesco a smettere di agitarmi sotto il suo tocco.
«Non ti farò nulla», dovrebbe essere una rassicurazione, ma io non riesco a calmarmi.

Il suo tocco mi accende in un modo in cui non credevo possibile. Prima avevo paura di lui, adesso ho paura di me stessa, di questa mia incapacità di oppormi.
Il pensiero di ribellarmi è scomparso dalla mia testa, sostituito da un'imperdonabile voglia di scoprire cosa ne sarà di me con lui e dopo di lui.
Il suo pollice si è infilato nello spazio tra i miei seni e potrebbe bastare questo a dimostrargli che non indosso il reggiseno, ma Tommaso non si ferma. La sua mano sale ancora, porta con sé la stoffa della felpa che sfrega sulla mia pelle e io perdo la testa. Sale, sale, fin quando con le dita non circonda completamente il mio seno sinistro. Il suo respiro è pesante e io mi sento morire.

Non stringe, il tocco della sua mano è delicato, ma è c

Sì, proprio così...

Le dita calde di Tommaso restano ferme lì, sul mio seno e, tra le sue dita, adesso, ci sono anche io.

BATTITI RUBATIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora