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Non si parla abbastanza di quanto faccia schifo lavorare in ambiti inerenti alle belle arti, ci si focalizza troppo sulla bellezza di quel mondo e si tralasciano tutte le torture medievali da dover subire, necessarie per affermarsi e diventare qualcuno.
Harry non fa altro che pensare a questo da ore ormai.
«Perché cazzo ho scelto l'architettura?!» si domanda infatti, tra sé e sé, prima di scagliare a terra con forza tutti i fogli inerenti il progetto più grande su cui abbia messo mano. Fino ad ora, perlomeno.
È stressato a livelli record, vive perennemente in uno stato di angoscia estrema ogni singola volta che fa ingresso nel suo studio, dovrà probabilmente iniziare ad essere uno di quelli che si porta il lavoro a casa per continuare a mandare avanti qualcosa di davvero troppo grande in cui si è buttato a capofitto senza pensarci mezzo secondo.
È così indietro con le cose da concludere che non capisce nemmeno se vuole prendere a cazzotti il muro o mettersi a piangere in un angolino, non sa da dove iniziare per rimediare, ha già visto quattro errori su quelle piante in scala e ci ha perso delle dannate ore per aggiustare il danno fatto da qualcun altro, e adesso ne ha trovato un altro!
Dovrà licenziare qualcuno, non è possibile che stia tutto andando male e basta da giorni ormai. Prima la segretaria gli porta un progetto al posto di un altro poi, una volta srotolato sulla scrivania, si è accorto che l'ingegnere edile ha sbagliato la riproduzione in scala in più sezioni.
Lui si occupa di urbanistica, non è un dannato ingegnere che deve progettare edifici industriali e cazzate simili quindi, come risultato, le sue orecchie stanno diventando bollenti dalla rabbia e deve fermarsi e sedersi sulla sedia della scrivania e prendere dei bei respiri profondi.
Non è moralmente giusto che debba essere sempre lui a rimanere fino a tardi su quella scrivania di merda perché gli altri colleghi si limitano a fare il minimo indispensabile per poi sbolognare tutto nelle sue mani.
Okay che lo studio è il suo e, come capo, deve dare il buon esempio. Ma Cristo! Così è troppo, è solo un ragazzo che va verso i trent'anni, ha aperto quello studio solo da tre, ha sempre fatto piccoli progetti che richiedevano un team di tre o quattro persone e basta ma adesso, invece, sono in quindici.
Quindici incompetenti, gli verrebbe da aggiungere.
Lui e Zayn sono stati contattati dal fottuto sindaco praticamente appena sono tornati dal Giappone, gli ha commissionato la progettazione e costruzione di una clinica di riabilitazione, e fin qui tutto okay, se non fosse per il fatto che dovrebbe essere la clinica più grande e attrezzata mai realizzata in tutto il Paese.
Si parla di una struttura all'avanguardia, dovrà accogliere dipendenze di tutti i tipi, dall'alcol alla cocaina, ma anche semplicemente quella da tabacco, o quella da sesso, qualsiasi dannato abuso di qualsiasi cosa. Ovviamente dovrà essere grande quanto un intero quartiere, più edifici collegati tra loro che dovranno includere cucine, camere da letto, zone per hobby, cortili all'aperto, studi medici, e così tanta altra roba che le mani di Harry finiscono tra i suoi capelli per tirarli e darsi una svegliata.
Si dá un lieve schiaffo sulla guancia, poi si strofina gli occhi stancamente.
«Okay, è tutto okay, forza e pazienza» si ripete, infine, afferrando il fascicolo che gli ha portato Zayn un'ora prima sull'analisi del terreno su cui dovranno costruire.
Ci vorranno ancora mesi prima di poter iniziare con i lavori, ma sono già indietro con la fase di progettazione, così gli ha chiesto di iniziare già a studiare come e dove costruire, in modo da recuperare più avanti il tempo perso adesso.
Guarda i grafici, legge le prime pagine in fretta, arriva velocemente alla parte della scelta dei materiali, ed è allora che sbianca e per poco non cade dalla sedia.
Prima alza gli occhi al cielo, sbuffa irritato, e sbatte forse troppo forte la testa sul legno scuro della scrivania, poi, però manda un messaggio alla sua segretaria e le chiede di portargli Zayn.
Il suo migliore amico fa capolino nell'ufficio senza nemmeno bussare, entra e si siede sul divanetto vicino alla scrivania con espressione stanca ma felice.
Bene, glielo toglierà Harry adesso quel sorriso sbilenco.
«Che succede?»
«Che cazzo è questa?»
Sventola il fascicolo davanti ai suoi occhi del colore del miele, gli viene da tirargli un calcio sugli stinchi solo vedendo l'espressione confusa che fa.
«L'analisi del terreno, perché?»
«Perché?!» con rabbia, sbatte il plico di fogli sul legno e trova la pagina che gli serve «Zayn, c'è argilla nel terreno. Hai selezionato il calcestruzzo come materiale per le fondamenta. Mi spieghi come ti aspetti che stia in piedi per decenni del cazzo di calcestruzzo su un terreno argilloso? Illuminami, ti prego, perché oggi sono in vena di licenziamenti.»
Zayn solleva entrambe le sopracciglia con aria di stupore, prima di portare una mano al petto e mettere su un'espressione indignata.
«Prima di tutto, non puoi licenziare me dato che metà di questo posto è mio...»
«Hai il quarantanove per cento, tu. Io ho il cinquantuno» viene bloccato e corretto da Harry.
«E poi, in secondo luogo, si può cambiare. Siamo ancora in fase di progettazione. Domani...»
«Domani una sega, Zayn. Ora, dai! C'è un motivo se ti ho chiesto di farlo prima del previsto. Siamo già fottuti con la progettazione, abbiamo un incontro tra un paio di settimane per presentare i progetti e sono quasi tutti da sistemare, e indovina chi lo sta facendo da solo?»
«Okay, senti, adesso rimedio all'errore ma tu devi calmarti, cazzo. Non puoi trasmettere la tua ansia a coloro che ti circondano, stai rilasciando energia negativa da giorni, sei antipatico e stressante. Ricomincia a drogarti di funghetti, che cazzo ne so, eri mille volte più divertente allora, sai?»
Zayn, come sempre, la butta sull'ironia.
Di solito è un bene, davvero, è piacevole sdrammatizzare e prenderla a ridere con un tipo come lui ma, stavolta, Harry si fa ancora più serio.
Sbuffa, di nuovo, infastidito, alza gli occhi al cielo nel farlo e si butta all'indietro, fino a che lo schienale non si inclina sotto al suo peso e gli permette di piegare la testa e osservare il soffitto bianco.
Allenta il nodo della cravatta, poi, come se gli mancasse l'aria, con tanto di guance arrossate e accaldate ad accompagnare i suoi movimenti frenetici e nervosi.
Zayn, dopo aver sbattuto un piede a terra con aria estremamente seccata, prende posto sulla sedia dal lato opposto della scrivania limitandosi, inizialmente, ad osservare il suo migliore amico con un cipiglio sul volto. Lo sta silenziosamente incitando a confessarsi e togliersi un peso di dosso, ormai è evidente che ci sia qualcosa che lo disturba, ma è anche vero che non è sempre semplice far svuotare il sacco a un tipo così riservato e testardo.
«Allora? Dobbiamo stare qui tutto il dannato giorno o vuoi dirmi che diamine succede stavolta?»
Sbotta, alla fine, quando Harry non accenna a voler parlare.
«Scusa, ma nessuno ti obbliga a sentire, sai? Devi sempre essere così...rude?» quest'ultimo torna a guardarlo in faccia, rivelando un paio di occhi verdi più lucidi e arrossati del normale.
Non sta piangendo, ma è come se non aspettasse altro.
«Dai, facciamo gossip. Per una volta possiamo portarci il lavoro a casa, tanto tra meno di un'ora abbiamo finito per oggi. Che hai? Problemi in paradiso?»
Il fascicolo sull'analisi del terreno viene rapidamente dimenticato sul grembo di Zayn, posato distrattamente sulle cosce toniche.
«È Louis.»
«Ovviamente è Louis. Penso fosse chiaro anche ai muri questo, ormai!»
«Cioè, voglio dire, non è solo Louis. Questo progetto mi sta innervosendo, sai che è molto importante per noi e per il nostro studio, è una cosa enorme! Quindi già quando sono qui sono stressato per questo, poi torno a casa e devo stressarmi per Louis perché non capisce le dinamiche di ciò che siamo e facciamo» con un movimento vago della mano, Harry indica prima se stesso e poi l'amico di fronte a lui «e non lo so, forse sta solo diventando pensante. Non lo so, okay? Possiamo dire che sono leggermente smarrito per la prima volta, non so come spiegarlo meglio di così» con l'ennesimo sbuffo, incrocia le braccia al petto.
Zayn, invece, si sofferma più del dovuto ad osservare il suo linguaggio del corpo. Lo conosce quasi meglio di se stesso e, al momento, ha le spalle incurvate verso l'interno, il labbro stretto tra i denti e gli occhi spenti. Ad un primo impatto, ad occhi estranei, sembrerebbe depresso ma, dal modo in cui gonfia le guance e dilata le narici, Zayn capisce che è, invece, saturo di frustrazione e trepidazione e rabbia repressa.
Gli sorge un dubbio, e non ci mette più di tanto prima di riuscire a dar voce ai suoi pensieri.
«Harry, senti, la butto lì così, vado dritto al sodo: avete già fatto sesso, vero?»
Per un attimo cala il silenzio nella stanza, le iridi verdi del suo amico iniziano a guardarsi intorno senza mai soffermarsi su un punto, e lui inizia ad arricciare la punta del naso con espressione sofferente, come se quello fosse un tasto dolente.
«Si e no, preliminari...» ammette, infine, abbassando drasticamente il tono della voce, riducendola quasi a un sussurro.
«Oh mio Dio. Torna tutto, sei un coglione! Perché no? Ti ricordi come diventi dopo un periodo troppo lungo di astinenza, vero? No, no, io mi prendo le ferie, non voglio starti vicino nelle prossime settimane. Harry!»
Il modo in cui Zayn si alza in piedi è così brusco da far cadere a terra non solo il fascicolo su cui deve lavorare, ma anche diverse penne e squadre dal bordo della scrivania.
Se non fosse così stanco, Harry si metterebbe a ridere per una scena così comica. Si sta rivolgendo a lui con quel tono da ragazzina isterica.
«E sentiamo, come divento? Non mi sembra così male, sono solo più serio.»
«Serio? Serio. Certo. Tu diventi cattivo, Harry. Ti fai mangiare vivo dalla frustrazione sessuale, diventi odioso, ingestibile, intrattabile, e finisci per prendertela con me di solito perché sono il primo che hai vicino. Diventi offensivo e inizi ad avere problemi di gestione con la rabbia, perché devi tornare stronzo? Ti eri iscritto a quell'app di incontri apposta, ti ricordo, perché eri già single da troppo tempo e la missione era semplicemente svuotarsi le palle e adesso... guarda, fammi stare zitto. Risolvi questo problema, grazie. Prendi Louis e sbattilo come si deve, che mi sa che serve ad entrambi e poi, molto cortesemente, gli spieghi cosa fanno le persone come noi quando fanno sesso. Ti taglio le palle sennò, tanto non le usi.»
«Ma Zayn... è difficile, non l'ho mai dovuto spiegare prima ad una persona normale!»
«Non me ne frega proprio un cazzo, sai? Io non ce la faccio a sopportarti un'altra volta in quelle condizioni, abbiamo capito tutti quanti che hai bisogno del kink come valvola di sfogo, ci stai solo rimettendo la salute mentale così. O prendi a sculacciate lui o prendi a cazzotti il primo che ti provoca, te lo ripeto: io mi prendo le ferie se tu non scopi nelle prossime settimane. Stai già iniziando ad essere antipatico, incredibile...»
Il suo migliore amico non gli concede più il diritto di parola con un gesto secco della mano non appena lo vede provare a muovere le labbra, allora alza gli occhi al cielo, le sue braccia invece finiscono incrociate sul petto esponendo i muscoli delle spalle rigide per via del tessuto della giacca che ora è visibilmente teso in quei punti.
«Adesso, ho del lavoro da fare. Ci vediamo dopo per approfondire meglio. È sempre un fottuto piacere parlare con te!»
Le mani tatuate del suo migliore amico si muovono sinuose sulla giacca nel gesto di lisciarla, le muove come se volesse togliere della polvere, in realtà sta solo prendendo tempo per ricomporsi - mentalmente parlando - e riacquistare serietà, Harry conosce fin troppo bene il suo linguaggio, sa che adesso deve stare zitto per non disturbare il ritorno della quiete. Si limita ad osservarlo con sguardo attento e, allo stesso tempo, infastidito. Guarda come si accovaccia per una breve manciata di secondi e recupera i fogli usciti dal fascicolo, poi rialzarsi e prendere un respiro profondo e salutarlo con un cenno della testa.
Vorrebbe urlargli addosso, ma trova la forza di non muoversi nemmeno di un millimetro, anche se può percepire la sua espressione facciale assumere un aspetto sempre più incazzato.
Una volta che è di nuovo solo all'interno della stanza, si accascia su se stesso, permette al suo corpo un momento di debolezza e di abbandonare la compostezza, decidendo di fermarsi solo quando la sua fronte sbatte contro la scrivania, e il tonfo causato lo paragona al suono della sua pazienza che si distrugge.



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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 20 ⏰

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