22. La svolta nelle indagini e il ritrovamento dei miei resti.

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Molti cittadini della città, per diversi giorni, denunciarono al sindaco, un odore nauseabondo, acre, provenire dall'acqua del rubinetto delle loro abitazioni. Il primo cittadino, dopo aver ricevuto una marea di segnalazioni decise di allertare il Gruppo Operativo Subacquei della Marina Militare, affinché perlustrassero tutta l'area.

Cominciarono così le prime indagini.

La riserva dell'acqua comunale venne interamente passata al setaccio, mostrava in effetti, alterazioni nell'aspetto, contaminazioni, ed emanava un sentore cadaverico già dalle recinzioni intorno.

Dopo qualche ora trascorsa sul fondale, uno dei sommozzatori, si avvicinò alla sponda che cinge la riserva, per comunicare qualcosa al sindaco. Quest'ultimo, col volto provato, decise di far indietreggiare le decine e decine di persone che lo hanno accompagnato.

Pian piano, rimasugli d'indumenti risalivano a galla e tutti, intuirono sin da subito che sul fondale, giacevano le mie spoglie. L'agitazione aveva preso il sopravvento. Il primo cittadino cominciò a sudare e a togliersi la giacca; infilò dei guanti sterili e con cura, prese dalle mani dei sommozzatori quegli abiti strappati, e li appoggiò con incredulità mista a irrequietezza, sulla parte superiore della sponda. Appena però, riportarono a galla qualche pezzo di me, si arrestò; tolse i guanti e indietreggiò, allertando altre forze armate.

Il mio cadavere venne mutilato, deturpato, spogliato di dignità, niente appariva come l'avevo lasciato. L'unica cosa rimasta al suo posto furono i capelli sulla testa. Le mie sembianze mutarono, non mi riconobbi più.

Moltissime persone, in seguito, sopraggiunsero sul luogo del ritrovamento, chiamati dai presenti. Tra loro vi era chi piangeva, chi strillava, chi malediva coloro che avevano violentato selvaggiamente il mio corpo esanime.
Ero diventata la figlia, la sorella, l'amica, la cugina, la vicina e la nipote di tutti. Abitavo i loro cuori. Li sentivo vicini al mio cuore in frantumi e accanto a quello dei miei cari.
Man mano, ogni pezzo veniva portato a galla e adagiato al suolo. I presenti al momento del recupero di quei resti si raccolsero in un silenzio che trasudava un grido profondo e lacerante.

Dopo aver riportato alla luce tutti quei brandelli, vennero portati via, accompagnati dalle sirene delle auto delle forze dell'ordine. Un lungo applauso di tutti i presenti, trafisse quel silenzio rispettoso. Nuovamente lunghi pianti di dolore e orrore riecheggiavano nell'aria. Fu un momento particolarmente emozionante per tutti. Io percepivo che il mio strazio stava giungendo a termine, mi sentivo sollevata, nonostante tutto. Ogni cosa si stava rimettendo a posto.

All'imbrunire, tutti, a testa bassa e le spalle curve dal peso dell'incredulità, dell'ira e dello sgomento, fecero mestamente ritorno nelle loro abitazioni; a lungo avevano nutrito la speranza di potermi ritrovare ancora in vita ma erano state solo illusioni. Quelle speranze che nutrivano, si rivelarono un pallido miraggio, svanito all'improvviso, come la fiamma di una candela spenta da una folata di vento.

Visitavo le stanze delle loro case, ovunque sentivo pronunciare il mio nome e pregavano per la mia anima, affinché trovasse la pace.
Le vie della città vennero tappezzate di mie foto, foto in cui ero felice e piena di vita. Le strade erano deserte, le persone ebbero il terrore di uscire e andò avanti così per molto tempo.

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I miei resti vennero analizzati diverse volte. Credevano già che fossero miei quei resti ma bisognava avere certezze e non lasciare nulla al caso. Il medico legale affermò che la morte è sopraggiunta per arresto cardiocircolatorio, in seguito all'assunzione di bacche, nello specifico bacche di belladonna mischiate alle benzodiazepine, un mix letale.
Gli elementi furono confermati dal nucleo investigativo di Reggio Calabria guidato dal colonnello Pace.

Iris - Sussurri Di Un'animaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora