Capitolo 4

819 42 2
                                    

Andrea era seduto sul divano di pelle nera del Bunker, cercando di scrivere qualcosa di nuovo e, come l'ultima volta, si era trovato la mente talmente piena che non sapeva nemmeno da dove iniziare.
Era confuso, afflitto, come se qualcosa mancasse all'interno di tutto quello scenario. Non voleva convincersene, ma sapeva e sentiva che quel qualcosa aveva le sembianze di una ragazza castana con la frangetta e il naso all'insù. Sapeva che portava gli occhi di un verde molto intenso, come se avessero incastonato degli smeraldi dentro di lei e, sapeva anche, che aveva un dannato talento per la scrittura.

Non sapeva accettarlo che la sua decisione egoista l'avesse portato alla perdita di quella possibilità che aveva solamente sfiorato con la punta delle dita: lei, proprio lei che aveva descritto così perfettamente tutto ciò che lui stesso provava. Sembrava quasi che gli avesse aperto il petto a coltellate e gli avesse strappato il cuore a freddo per poterne leggere i segreti più celati.

Da quando aveva perso la propria possibilità in amore, aveva perso anche tutto sé stesso. Si era ritrovato vuoto di quel qualcosa che gli permetteva di parlare a nome di tutti nelle sue canzoni; aveva perso non solo un'amore autentico, ma anche una musa e quella persona che lo spingesse a dare il meglio di sé per rendere fiero qualcuno del suo lavoro.

Con Matilde, però, sembrava che qualcosa fosse potuto tornare in suo possesso. Sembrava quasi che lei stessa gli avesse donato quel qualcosa che aveva perso.

Istintivamente, immerso in una nuvola di pensieri, prese il cellulare e si mise a rileggere per l'ennesima volta i commenti di quella canzone che avevano scritto insieme.

Lui si era permesso di leggere qualche appunto in più nel taccuino della ragazza per poi appropriarsene e renderlo suo. Doveva ammettere, però, che si era preso tutto il braccio dopo che lei gli avesse donato solamente la mano. Aveva esagerato e lo sapeva, aveva mancato di rispetto a Matilde, ma non voleva abbassarsi a fare l'unica cosa che non era in grado di fare: chiedere scusa.

Rilesse uno a uno i commenti e constatò per l'ennesima volta quanto quella canzone avesse avuto successo. Non voleva ammettere che per continuare in quel progetto doveva fare pace con sé stesso e con quella ragazza minuta, che viveva solamente ad un giro scale sotto di lui.

«Faster!» alzò gli occhi verso il proprietario della voce cercando di allontanare quella fitta nuvola di pensieri. «Oh finalmente sei tornato tra noi» aggiunse Marco battendo le mani in maniera del tutto ironica.
«Dimmi che hai scritto almeno una strofa» disse con tono quasi di suppliche, ormai disperato e sul limbo del accettare che l'amico non avrebbe più scritto altro.
«Non ho scritto un cazzo, Marco. Dì a Jacopo che non ha senso venire fino al Bunker, non si farà niente» disse alzandosi dal divano con fare completamente arrendevole. Non avrebbe scritto, non avrebbe composto ne cantato, non era più motivato per farlo.

«Non dico a Jacopo proprio niente, vedi di darti una mossa. La tua strofa è importante per unire la canzone» Andrea scosse la testa, portandosi una sigaretta tra le labbra. «Fatela senza di me, chiamate Fares, sicuramente saprà farlo al posto mio.»
Marco lo guardò compiere quel gesto e dire quelle parole. Non sapeva più come rispondere e controbattere. Era chiaro che Andrea non stesse bene, ma nessuno in quel posto sapeva darsi una spiegazione adeguata, non finche lui stesso non avesse avuto la gentile idea di dare delle spiegazioni.

«Non dirmi che è ancora per quella ragazza.»
«Chi? Sara?» sbuffò il fumo nella stanza lasciando che un sorriso completamente ironico si formasse sul suo volto.
«Non è Sara il problema» aggiunse girando a vuoto per la stanza, come se la esplorasse per la prima volta e dovesse riscoprirne i dettagli più nascosti. Stava girando intorno alla ragione di tutto quel problema, perché fondamentalmente non lo voleva nemmeno ammettere a sé stesso.

ONIRO - FASTER // BNKR44Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora