Capitolo 7

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Dopo quell'avvenimento al Bunker le occasioni per vedere i ragazzi e Andrea, erano state molte. Avevano passato giornate nello studio per registrare nuove canzoni, ma avevano anche fatto piccole gite nella piccola cittadine in cui risiedevano in modo da far visitare a Matilde posti che per colpa dell'università non era riuscita a visitare. Del resto, vivere sola lontana da casa le aveva impedito di farsi amici con cui poterlo fare e i ragazzi del Bunker erano stati un'ottima opportunità per lei.
Finalmente aveva delle persone con cui parlare, ma anche con cui confidarsi nei momenti dove le risultava molto difficile vedere il lato positivo delle cose.

Quel giorno avevano visitato insieme Empoli, vagando per le stradine come turisti con le macchinette fotografiche analogiche e le pellicole nuove negli zaini. Per Matilde era stata una lunghissima giornata di estenuanti risate e camminate sotto il sole.
Si era divertita e, in parte, lo doveva ad Andrea che la rendeva partecipe delle conversazioni aggiornandola su eventi passati che si potessero ricollegare tra loro.

La giornata era passata in fretta, finendo con una cena accampati a casa di Matilde.
Erano tutti seduti sul tappeto, con le pizze sulle gambe e lo sguardo fisso sulla televisione, in cerca di recuperare tutte le forze che avevano lasciato in giro per Empoli.
«Ragazzi, ma non c'è niente di bello alla tv» si lamentò Marco interrompendo il silenzio. Si erano tutti isolati nei ricordi della giornata e nell'assaporare quello che stavano mangiando.
«Spegnila, allora» gli urlò in risposta Duccio, allungando una mano verso il biondo ossigenato.

Tornò il silenzio, che durò pochi attimi perché con loro non mancava mai una conversazione o un pretesto valido per dibattere.
«Allora, Matilde, perché ti sei trasferita proprio qui?» chiese Duccio che le sedeva alla destra. Lei si destò dai pensieri, puntando lo sguardo sul ragazzo dai capelli rossi che era al suo fianco. «Per studiare e assaporare la vita da adulti» lui rise consapevole di quanto fosse grande il desiderio di voler vivere quel brivido.
«Cosa studi?»
«Lettere, nulla di così emozionante» vide Pietro alzare lo sguardo verso di loro, «Ecco da dove arriva la tua grande passione nella scrittura allora.» Lei scosse semplicemente la testa addentando l'ultimo pezzo della sua pizza, «Non proprio. È stato nonno il primo ad insegnarmi l'importanza della scrittura» si mise una mano davanti alla bocca mentre parlava, per poi rivolgere lo sguardo al ragazzo biondo.
«Lui scriveva molto, penso che se avrebbe pubblicato un libro sarebbe diventato famoso» disse quasi ridendo, «Questa cosa l'ha passata a me, mi ha insegnato l'importanza di trascrivere su carta i propri sentimenti.»

A seguire ci fu un lungo silenzio, si sentiva che era un silenzio di rispetto e ricco di paura di dire qualcosa di sbagliato. Matilde colse questo dettaglio e scelse di smorzarlo con un dolce sorriso. «Dopo ho scelto di frequentare Lettere per altri motivi, mi interessava semplicemente» Duccio tornò a guardarla chiudendo il suo cartone delle pizze. «Dove studiavi prima?» chiese aiutandola a smorzare quella situazione, «A Venezia.»

Da quel momento si aprì un'ampia conversazione su quanto fossero belle determinate città e di quanto gli sarebbe piaciuto poterle visitare un giorno. Proseguì velocemente il tempo anche in quel caso, finché l'attenzione di Marco non fu catturata dal tramonto.
«Ragazzi, andiamo fuori a guardare il tramonto?» chiese alzandosi, per poi posare il cartone della pizza sul tavolo della cucina e uscire per primo in terrazzo. Lo seguirono tutti riempiendo quell'abitacolo in breve tempo, chi per accendersi una sigaretta e chi per osservare veramente il tramonto che stava nascendo al di là del paesaggio.

«Matilde» si sentì chiamare in mezzo al brusio che producevano tutti i ragazzi insieme. Si girò verso il proprietario della voce, trovando il largo petto di Andrea. Alzò lentamente la testa, per poi sorridergli in segno che la sua attenzione era interamente rivolta a lui.
«Ti sei divertita oggi?» si fece spazio accanto a lei, finendo per appoggiare i gomiti sul muretto del terrazzo. «Certo, i tuoi amici sono persone bellissime. Sei davvero fortunato, Andrea» sussurrò tornando a guardare davanti a sé, mentre la sigaretta si fumava da sola tra le sue dita.
«Lo credi davvero?» lei annuì.
«Ora ne fai parte anche tu, però. Ora sono anche i tuoi amici» disse posando il mento sulla spalla di Matilde, così da poterle parlare sottovoce in una conversazione che potessero sentire solamente loro.
«Non credo, Andrea.»
«Potrei indicartene uno a uno e dirti tutto quello che pensano di te» lei sorrise lievemente, per poi abbassare il capo in modo da nasconderlo. Ne era felice; non sapeva spiegare quanto quella frase le avesse scaldato il cuore.

Andrea era diventato uno dei suoi più cari amici, mentre gli altri stavano diventando il motivo per cui iniziava a chiamare casa quel posto.

«Spero ne parlino bene» disse spostandosi delicatamente, così da poterlo guardare negli occhi.
«Huda ti adora, è felice di avere un'altra ragazza nel gruppo. Pietro invida la tua scrittura, mentre Jacopo ti ha peso in grande simpatia...devo continuare?» chiese alzando un sopracciglio quasi a volerla sfidare, «Continua» lui annuì. «Duccio pensa che tu sia dolcissima, Marco passerebbe ore a scherzare con te e Dario lo vedi che apprezza i tuoi consigli» finì, per poi optare di accendersi una sigaretta.

Usarono quegli attimi di silenzio per poter ragionare su quello che si stavano dicendo.
«E tu? Tu cosa pensi di me, Andrea?» chiese ingenuamente, guardandolo aspirare dalla sigaretta. «Io? Non è rilevante, Matilde. L'importante è che a loro piaci» lei si strinse nelle spalle, «Stai dicendo che ti sto sul cazzo?» trattenne una risata. Lui scosse la testa divertito, per poi scompigliarle i capelli, «Non ho mai detto questo. Credi che sarei tornato a parlarti dopo quella notte se mi stessi antipatica?» lei scosse la testa in risposta.

Aveva ragione, effettivamente se gli avesse fatto una brutta impressione, non sarebbe tornato da lei per chiederle scusa. Si morse l'interno guancia e prese un lungo respiro, «Grazie, Andrea» sussurrò semplicemente. Non ebbero il tempo di aggiungere nient'altro che i ragazzi intorno a loro richiamarono la loro attenzione.

«Ragazzi, noi andiamo. Si sta facendo tardi» disse Dario attirando per primo la loro attenzione, «Vedi di ricordarti che domani dobbiamo andare a Milano per delle interviste» aggiunse Marco prendendolo in giro. Andrea in risposta alzò il dito medio, «Me lo ricordo benissimo, scemo.»

Tornarono tutti all'interno, così da potersi salutare uno a uno. Avevano passato l'ennesima giornata insieme e ancora non erano abbastanza stanchi per salutarsi davvero; fosse stato per loro avrebbero passato l'intera nottata ad intrattenere lunghe conversazioni.

«Buonanotte, Matilde. Ricordati quello che ti ho detto, sta attenta» la salutò Huda, per poi uscire per ultima dall'abitazione. L'unico a restare fu Andrea, che palesò una scusa credibile sul fatto che l'avrebbe aiutata a sistemare casa.

Dopo poco se ne andarono tutti lasciando i due completamente soli. Per Andrea fu un sollievo, perché era da tanto tempo che non riuscivano a beccare del tempo soli, per poter coltivare ulteriormente il loro rapporto.

«Quindi domani vai a Milano?» chiese Matilde riprendendo la conversazione lasciata in sospeso da Marco. «Si, staremo lì un paio di giorni. Volevo dirtelo, ma non ho mai avuto modo di parlarti oggi» rispose grattandosi la nuca lievemente a disagio, Matilde in risposta scosse la testa «Non ti preoccupare, non mi devi delle scuse. Vedi di divertirti e di non affaticarti troppo.»
Si diresse in cucina, così da poter sistemare i cartoni che i ragazzi le avevano sparso per casa.
«Comunque, non serve che mi ringrazi. Non ho ancora fatto niente per te» sussurrò Andrea contro il suo orecchio, per poi lasciarle un bacio sulla guancia.

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Duccio CaponiPiccolo

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