Capitolo 5

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Erano fermi uno davanti all'altro sul pianerottolo dell'appartamento di Matilde. Non sapevano cosa dirsi, però uno percepiva perfettamente le mancanze dell'altro, come se si conoscessero da una vita.
Matilde aveva ancora la mano posata sul pomello della porta pronta a ritrarsi completamente nel momento in cui tutti i suoi muri fossero crollati. Andrea dal canto suo, invece, era fermo davanti a lei per sovrastarla nella speranza di trovare il coraggio di dirle tutto.

«Vedi. Penso tu sia stata in grado di scrivere quello che io non avevo il coraggio di scrivere» disse cercando di rivelare con sincerità quello che era veramente accaduto.
«Non è una scusa, Andrea. Dovevi chiedermelo.»
«Nessuno lì fuori sa chi sono, ma io so chi sono e so che in quelle strofe c'è tutta me stessa» aggiunse con lieve risentimento. Stava per crollare, voleva sbattergli la porta in faccia e nascondersi per sempre da lui e dai suoi occhi brutali, incediari, denudanti.
«C'è anche tutto me stesso, Matilde. Cerca di capirlo, per lavoro io mi spoglio davanti a tutti scrivendo delle mie ferite più nascoste perché so che lì fuori non sono solo.» rispose lui nascondendo amaro veleno tra le parole. Stava iniziando a scaldasi; sentiva come se la ragazza non volesse mettersi nei suoi panni e comprendere che non era l'unica nuda tra i due.

D'altronde era chiaro il fatto che lui avrebbe fatto di tutto per proteggere i sentimenti di Matilde, tenendo nascosto il suo nome e non rivelando mai come stessero le cose davanti alle altre persone. Era un segreto tra lui, il suo collettivo e Matilde.

In quel momento, Matilde sapeva che il ragazzo davanti a sé avesse ragione. Solo, non voleva ammetterlo, perché lui sembrava rendere tutto quello dannatamente facile superfluo.
«Non è mai stato facile, non fraintendere» disse lui come se le avesse letto nel pensiero.
Come poteva non essere facile per uno come lui? Se lo chiedeva ripetendoselo in testa, ma effettivamente di lui non sapeva niente. Tutti avevano dei diavoli nascosti tra le costole, che nessuno poteva vedere.

«Non vuoi darmi ragione, vero?» lei annuì in risposta. Lo fece istintivamente, con fare di bambina.
«Mi dispiace tu lo abbia scoperto così, dovevo dirtelo e dovevo confrontarmi con te» aggiunse lui cercando il suo sguardo per farle capire quanto fosse sincero.
«Farò di tutto per non far uscire il tuo nome. Te lo prometto.»
Lei sorrise lievemente, per poi rilasciare un lungo sospiro come se avesse mantenuto il respiro fino a quel momento.
«Dato che provi le stesse cose, perché non sei riuscito a scriverlo tu?»
«Fai sempre troppe domande, Matilde.»
Lei si morse il labbro inferiore e trattenne la voglia di fargliene altre mille. Era più forte di lei, quel ragazzo alto e possente portava con sé un'aurea che la incuriosiva talmente tanto da renderla quasi bambina.

«Avrai le tue risposte, solo se mi dai il permesso di toccare più profondamente il tuo mondo» Andrea la pose come un ricompensa e, questo, a Matilde sembrava un ottimo compromesso. Infondo, in quel modo entrambi avrebbero esplorato il giardino segreto dell'altro.
«Lo faccio solo se la prossima volta me ne parlerai» sussurrò lei puntando finalmente i suoi occhi in quelli del più alto. Lui sorrise dolcemente, come a voler rendere più credibile tutto quello che avrebbe detto.
«Ti renderò partecipe.» Istintivamente sorrise anche lei, per poi aprire un pochino di più la porta così da invitarlo ad accomodarsi.

Andrea scelse di non fare alcun tipo di domanda, semplicemente si fece spazio all'interno di quell'appartamento. Si tolse le scarpe in entrata, per poi sfilarsi anche la giacca mentre guardava la ragazzina incamminarsi verso quello che doveva essere il soggiorno.

La casa di Matilde era disposta in maniera differente dalla sua, presentando anche chiazze di colore che nel suo appartamento mancavano a causa del nero predominante dei mobili.
Sembrava molto carina, lasciava un senso di calore sulla pelle che invitava a voler restare a lungo.

«Stavo cucinando della pasta, ne vuoi un po' anche tu?» lui annuì semplicemente, per poi prendere posto al piccolo tavolino che divideva la zona soggiorno dalla cucina.

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