Capitolo 12

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La pioggia era passata, lasciando piccole pozzanghere ai margini della strada e uno strano odore di terra bagnata che impestava l'aria fresca della primavera. Il sole, dal canto suo, scaldava la pelle con un calore torpido e quasi del tutto materno.
Era un contrasto talmente spinoso, che aveva sempre affascinato Matilde che aveva deciso di dedicarsi ad una passeggiata verso la fermata degli autobus.

Jacopo quella mattina l'aveva chiamata. Lei c'aveva pensato diverse volte prima di rispondergli, ma alla fine si chiese cosa le avesse fatto lui di male. Era sempre stato molto gentile e disponibile nei suoi confronti, come tutti gli amici di Andrea. Come poteva comportarsi male nei loro confronti?
Quel giorno, infatti, Jacopo le aveva chiesto se sarebbe riuscita a passare per il Bunker, aveva bisogno di una mano per sistemare un testo con Dario, perché lui sapeva di non averne le capacità. Matilde, in compenso, aveva esitato parecchio ma alla fine accettò inevitabilmente.
La cosa che più la frenava era la paura di poter incontrare Andrea al Bunker e, di conseguenza, di non poterlo ignorare. Era da due giorni che lo ignorava, facendo finta di non essere a casa quando bussava e non rispondere nemmeno alle sue suppliche di aprire. Le risultava sempre difficile non correre da lui, ma aveva talmente tanta rabbia dentro di sé che aveva bisogno di sbollire prima di rivederlo e affrontare un discorso con lui.
Non era più convinta di niente; non sapeva se avesse senso scappare da lui, o se era meglio affrontarlo e dare una fine a tutto quello che stava nascendo. Non trovava risposte, ma sperava che durante la giornata ne avrebbe ottenute alcune.

Arrivata alla fermata, si sedette sulla piccola panchina in acciaio, lasciando che il largo maglione le scivolasse da una spalla. Era abbastanza stanca, faticava a dormire la notte per colpa di tutto quello che le passava per la mente. Domande, paranoie, ansie. Stava perdendo tutto quello che aveva costruito con Andrea in settimane, ma la domanda costante che le affollava la mente era: ma se Huda avesse ragione e Andrea fosse una persona poco affidabile in ambito amoroso? Non sapeva darsi una risposta, quasi con la paura di trovare quello che realmente non voleva sapere.

L'autobus arrivò pochi attimi dopo, non lasciandole fortunatamente il tempo di vagare altrove con la mente. Una volta salita, decise di infilarsi le sue grandi cuffie per sommergere le voci con la voce di altri. Mise la sua playlist e senza farlo apposta la voce di Duccio coprì i rumori che la circondavano.

Era da un pochino che si stava dedicando all'ascolto delle loro canzoni, così da poterli aiutare meglio nella stesura di nuovi testi e restare nel loro stile. Grazie a questa cosa, aveva scoperto quanto davvero le piacesse la loro musica, erano sempre così armoniosi, con quella canzoni dai testi tristi e le armonie felici, che sembravano sempre saper descrivere cosa le passasse per la testa.
In quel caso aveva Cerotti sulle guance che riempiva il proprio silenzio. Amava la voce di Duccio, sembrava accarezzarla con mani calde bagnate di pianto. Si sentiva cullata, compresa, come se la loro vita si fondesse in sensazioni simili.

Persa nelle note di Amaranto, scese dall'autobus e si recò dritta verso la casa di Ghera, che ormai sapeva raggiungere ad occhi chiusi. In quel periodo che aveva passato accanto ad Andrea, aveva frequentato il Bunker quasi tutti i giorni, tra l'università e le loro gite improvvisate in paesi sperduti. La sentiva anche lei come una seconda casa di cui faticava a starne lontano. Forse era anche quello il motivo per cui aveva deciso di accettare di andare in aiuto di Jacopo.

Arrivò al Bunker, per poi bussare decisa sulla porta di legno di quel garage dall'aspetto inusuale. L'odore di sigarette e incenso le invase le narici nello stesso momento in cui Dario le aprì la porta.
«Oh, bentornata» le sorrise dolcemente, lasciandole lo spazio per entrare. Matilde si tolse le scarpe, lasciando che i propri piedi toccassero il freddo pavimento di quel posto.
«Grazie, mi mancava un pochino» ammise facendosi strada nel garage così da raggiungere la stanza in cui erano soliti registrare e comporre. «Nono, seguimi. Ho lasciato le cose nella stanza della Venere» intervenne Dario facendole cenno di seguirlo.

ONIRO - FASTER // BNKR44Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora