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E voi ci credete nel destino? Nel famoso modo di dire "gli opposti si attraggono"?

Beh io no, o almeno, fino a quando la mi vita non è stata completamente sconvolta da un paio di occhi azzurri, chiari come il ghiaccio. Gelidi, così come il suo cuore, il quale presentava così tante cicatrici, di cui anche lui, ormai, aveva perso il conto. Lui, da quel che sapevo, almeno all'inizio, era considerato lo scapolo d'oro, tutte le ragazze lo desideravano e ambivano a farsi notare da lui; onestamente? Aveva sicuramente il suo fascino, l'area cupa, da cattivo ragazzo, gli occhi penetranti ma distaccati allo stesso tempo, un fisico scolpito, opera dei migliori artisti. Era solitario, un maschio alfa, dominava ed era colui da battere nel suo mondo lavorativo, era desiderato e corteggiato anche lavorativamente parlando. Rasentava la perfezione.

Io? Beh, l'esatto opposto. Sono una ragazza di 26 anni, provengo da un orfanotrofio in cui ho passato tutta la mia vita fino ai 18 anni, poi mi sono trasferita a Roma per provare a inseguire il mio sogno, diventare una pattinatrice professionista. Come è andata? Ho fallito. Il giorno della mia gara più importante, ho avuto una brutta caduta e da allora non ho più pattinato. Mi sono reinventata, attualmente lavoro come cameriera in uno dei ristoranti più importanti di Monaco e ogni tanto, per qualche cliente, faccio anche la babysitter ai loro figli nei miei giorni liberi. Insomma, rientro nella categoria degli invisibili, della gente comune.

Se mi avessero detto che la mia vita sarebbe stata stravolta da colui che sorregge un intero motorsport, di certo avrei risposto che hanno preso un abbaglio; come è possibile che un ragazzo, il quale ha il mondo tra le mani, tra tutte, potesse volere proprio me, era impossibile. Ma se c'è una cosa che la vita mi ha insegnato, è che lei ha il potere di prendere tutte le tue certezze, sogni e speranze e shakerarle così tanto da farti uscire scombussolata.

Okay, okay, bando alle ciance e cominciamo il racconto, mettetevi comodi, perché ne vedrete delle belle! Ce ne sono di cose da raccontare.

Era una classica mattinata tranquilla, il sole era ormai sorto e brillava limpido nel cielo. Spensi la sveglia e notai che l'aria era profumata dal caffé appena fatto dalla mia migliore migliore amica, nonché coinquilina Isabel, per gli amici Izi. Mi stropicciai gli occhi un paio di volte, poi mi sedetti in mezzo al letto, mi stiracchiai lentamente e poi finalmente decisi di alzarmi per raggiungerla a fare colazione.

<Oh finalmente!> disse lei come sentì la porta della mia camera aprirsi.

<Buongiorno> farfugliai con la voce impastata dal sonno

<Tesoro fai paura stamattina. Hai lottato con dei leoni per caso?> mi prese in giro lei

<Più o meno> ridacchiai <Ho dormito malissimo stanotte, mi giravo e rigiravo> sbuffai poggiando i gomiti sul tavolo e reggendomi il viso tra le mani

<Magari ti sei immaginata di essere il kebab che ti sei divorata ieri sera> continuò a prendersi gioco di me

<Sai com'è?! É stato il mio unico pasto della giornata> mi lamentai

Isabel era il mio opposto su molte cose, lei era una mattiniera, piena di energie, io invece una pigrona che iniziava a mettersi in moto vero le 11 del mattino. Lei era una donna di successo, manager in un'azienda di moda, quindi era sempre vestita di tutto punto, io una semplice cameriera, molto umile, visto anche il mio passato. Il pregio più grande di Izi è che se si affeziona, ti da tutto il suo cuore, si lancerebbe nel fuoco per te, e su questo, siamo molto simili.

Come tutte le altre mattine, facemmo colazione insieme e poi, dopo esserci salutate, lei andò in azienda, mentre io sistemai casa, poi mi diressi verso le 11 al ristorante. Salutai i miei colleghi, andai ad indossare l'uniforme e mi sistemai i capelli per renderli perfetti. Poco dopo, il nostro responsabile, Alec, ci riunì tutti nella sala pranzo e notai che lo staff era al completo oggi. Il nostro capo ci suddivise in due gruppi, in un modo un pò particolare che mi fece arricciare il naso, non ero molto contenta di questa divisione.

<Voi, gruppo di destra, oggi siete incaricati di occuparvi del catering al Master 1000. Voi altri, vi occuperete del pranzo regolare> ci ordinò Alec severo

<Si, signore> rispondemmo in coro

<Signorina Scott?> richiamò la mia attenzione

<Si?> mi voltai agitata

<Oggi sarai caposala. Non deludermi> mi informò con un tono che non ammetteva spazio alle repliche

<Va bene signore> dissi felice della mia promozione

Arrivammo al campo da tennis in pochi minuti, le tribune si stavano piano piano riempiendo, vedevamo personaggi famosi di ogni calibro entrare e iniziare a scattare foto, fare interviste e piano piano prendere posto. Mentre una parte del team era stata incaricata di occuparsi dell'aperitivo di benvenuto e dell'entrée, io insieme alla restante parte, ci occupavamo dell'allestimento della zona pranzo; avevamo apparecchiato tavolate lunghissime con tovaglie bianche perfettamente stirate, appoggiate un 'altra tovaglia bianca, fermata a tavola da mollettoni in argento che si abbinavo al servizio di piatti in argento e bicchieri di cristallo. I tovaglioli di tessuto, si abbinavano perfettamente ai bordi ricamati della tovaglia e ai centrotavola minimalisti ma eleganti, i quali erano incorniciati da questi bicchieri in cristallo che con il sole, riflettevano una bellissima luce.

Come la partita terminò, piano piano, vedemmo sedersi ai loro posti i commensali. Non conoscevo tutti questi vip, devo essere onesta, c'erano un paio di ragazzi giovani che non sapevo chi fossero, ma siccome vi erano anche degli imprenditori di un certo calibro, non vi ho dato molto peso. Per mia fortuna l'intero pranzo si svolse alla perfezione; tempi di attesa giusti, servizio svolto egregiamente e abbinamenti tra il cibo e il vino sembrava essere di loro gradimento. Ero veramente soddisfatta del lavoro svolto, per la prima volta potevo dirmi fiera di me.

Era arrivato il momento di servire il dessert quando mi accorsi che una bambina, sui 4/5 anni, non aveva ricevuto il suo, così d'istinto, senza pensarci, mi avvicinai discretamente al tavolo, mi accovacciai al livello della piccola e le chiesi come mai non aveva ricevuto il dolce. La bimba non rispose subito, così formulai la domanda nuovamente ma questa volta più lentamente.

<Non mi piace la frutta> sibilò a denti stretti

<Il cioccolato?> le domandai con un sorriso caloroso

La bambina mi guardò per un istante, poi mi fece un cenno con il capo di assenso. Così le chiesi di attendere qualche istante, mi catapultai in cucina e ordinai di creare un dolce al cioccolato per quella piccola creatura, il più in fretta possibile. In pochi minuti infatti, portai alla bimba un piccolo dessert al cioccolato. Rimasi incantata dal sorriso che mi regalò lei, sembrava come se non le fosse permesso sorridere sempre; il mio cuore si strinse in una morsa, ma cercai di nasconderlo e le sorrisi a mia volta.

Una volta terminato tutto il servizio, mi collocai all'uscita della zona ristoro e salutai tutti i commensali educatamente, prima di sparecchiare e tornare al ristorante.

Quell'incontro però aveva smosso qualcosa dentro di me.

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