La sveglia suonò alle cinque del mattino, interrompendo i miei sogni, più belli della realtà.
Dovevamo prepararci per andare in aeroporto.
Mi trascinai con difficoltà fuori dalle coperte, tanto morbide e calde, sentendo il forte contrasto con la casa, troppo fredda.
Mi recai in bagno dove trovai Stella che si stava lavando.
Cominciai ad imprecare e ad urlarle di uscire, ma non voleva saperne.
"Vai nel bagno di sopra!" urlò scocciata.
"C'è Mattia."
Rassegnata, con l'accappatoio decise di aprire la porta.
"Vado ad asciugare i capelli, la doccia è libera."
In salotto zio stava preparando tutte le cose che avremmo dovuto portare.
Amava viaggiare, ma la partenza lo rendeva particolarmente ansioso. Cominciava a stilare un elenco di tutto ciò che avremmo dovuto portare, spesso inserendo più del necessario.
Lo leggeva ad alta voce con la speranza che qualcuno si prendesse la briga di controllare se effettivamente tutte quelle cianfrusaglie fossero nei bagagli, ma nessuno lo faceva mai.
"Le attrezzature le avete prese? I cappotti? Le giacche? I maglioni? Avete preso gli addobbi? Le ciabatte, Lo spazzolino?" urlò toccandosi nervosamente la fronte.
Io avevo infilato in valigia tutti i miei vestiti più pesanti, anche se non ne avevo moltissimi.
Zia Serena litigava con Mattia, che di vestirsi non aveva alcuna voglia.
"Matti faremo tardi!"
"Non mi va di fare il viaggio!"
"Ma come no, eri entusiasta fino ad ieri. Forza muoviti!"
"Lisa, ma tu verrai vero?"
"Certo" risposi sorridendo.
Avremmo trascorso il Natale lì tutti assieme.
Forse, per la prima volta dopo diverso tempo, avrei trascorso delle vacanze piacevoli.
Avevo bisogno di staccare la spina.
Il viaggio non fu particolarmente stancante.
Io e Stella avevamo ascoltato la musica e guardato qualche serie tv. Guardare Gossip Girl assieme non era stata un'idea brillante, per finirla ci avremmo messo parecchio tempo.Arrivammo a Pila, in Valle d'Aosta.
C'era una meravigliosa vista del Monte Bianco ad ovest, del Monte Rosa ad est.
Angela mi aveva chiesto di mandarle qualche foto affinché potesse dipingerle. Voleva dedicarmi un quadro.
Senza pensarci due volte immortalai quella vista e le mandai un messaggio allegandole la foto.
"Siamo arrivati. Ti penso sempre." digitai velocemente per poi conservare il cellulare.Quel posto mi metteva tranquillità, soprattutto venendo da Roma, che non era mai silenziosa.
Mi sedevo, osservavo il panorama e riuscivo ad ascoltare i miei stessi pensieri.
Per la prima volta, non era ciò che avevo attorno a sovrastarli, ma erano loro che sovrastavano ciò che avevo attorno.Zio e zia avevano affittato una casa. Avevano anche portato qualche piccolo addobbo in modo da avere un'atmosfera natalizia.
Solitamente trascorrevano sempre le feste a Roma, ma siccome quell'anno la nonna sarebbe andata dagli altri figli, scelsero di fare qualcosa di alternativo.
Andammo in un bar che produceva prodotti artigianali, e decidemmo di fare colazione lì.
C'era tantissimo cibo:cornetti, brioche, biscotti, ed erano quasi tutti fatti in casa.
Devo ammettere che anche sciare sì rivelò particolarmente divertente, anche se non ero brava e non avevo esperienza, mi piacque molto.
La neve era candida e gelida, e assieme alle risate dei miei cuginetti sembrava davvero la chiave della felicità.
Avrei voluto immortalare per sempre quei ricordi, avrei voluto poter sentire all'infinito le nostre risate e i nostri discorsi. Avrei voluto poterli rivivere fino allo sfinimento.
È proprio vero che mi serviranno durante una "notte senza luna".
Era in questi momenti che mi rendevo conto che avevo comunque l'essenziale, ovvero qualcuno che ci tenesse a me, e che ci avrebbe tenuto in qualsiasi circostanza.
Mi parve davvero di poter incastrare me e loro in una palla di vetro, come quelle dei souvenir, che se le scuoti un po' cade la neve. Loro erano la mia neve.
Stanchi ma felici, ci ritirammo a casa."La doccia è mia!" urlò Mattia scappando per il corridoio.
"Hey! Marmocchio! Cosa pensi di fare" disse Stella seguendolo.
Stavo per rincorrerli anche io, quando vidi una sagoma seduta al tavolo da pranzo.
Il mio cuore perse un battito, non mi aspettavo ci fosse nessuno in casa. E se fossero venuti i ladri?
Zia e zio erano ancora dietro di noi, stavano per entrare in casa.
Ma il mio intero corpo si pietrificò quando la vista mi svelò chi fosse la persona seduta in salotto: mia madre.
Rimasi immobile, non avevo la capacità di fare e dire nulla.
Lei scoppiò in lacrime, si alzò e venne ad abbracciarmi mentre io ero inerme.
I miei muscoli avevano smesso di funzionare.
Stella e Mattia indietreggiarono e rimasero fermi ad osservare la scena, anche loro erano increduli.
"Elisabeth! O mio dio" singhiozzò mia madre stringendomi forte a sé.
Dopo più di un minuto il mio corpo decise di reagire, mi staccai da lei con violenza e indietreggiai.
"Cosa ci fai qui?"
"Lisa mi ha invitato Serena. Mi hanno dato il permesso di uscire a Natale. Avrei dovuto passare anche queste feste da sola?" chiese con del sano vittimismo.
Una lacrima mi rigò il viso. Ero agitata ma allo stesso tempo mi sentivo davvero in colpa.
Stella decise di andare verso di lei e di salutarla, Mattia la imitò.
"Che bei nipoti che ho." disse mia madre accarezzando i loro volti.
Serena e Fabio entrarono in casa.
"Sei arrivata Sara." disse mia zia avvicinandosi.
"Oh, allora? Come va?" domandò zio Fabio.
I tre si sedettero e iniziarono a parlare del più e del meno.
Mia madre gli raccontò cosa faceva in quella struttura e da quanto tempo fosse sobria.
Io non riuscivo a tollerare quella situazione.
Provavo imbarazzo misto a nausea.
Così decisi di andare in camera e chiudermi lì.
Per l'ansia, iniziai a disfare i bagagli e ad ordinare tutto l'armadio, anche se entro pochi giorni saremmo andati via.
Cambiai anche le lenzuola.
Dopo un po' qualcuno bussò alla porta: era Stella.
"Lisa, mi fai entrare?"
"Ma tu lo sapevi?" domandai secca.
"No. Te lo giuro. Devi credermi."
"Non ero pronta a rivederla e rivivere tutta questa merda."
"Lisa, mamma ha fatto una bastardata. È vero. Ma se te lo avessero detto non saresti mai venuta. Ti saresti chiusa in casa da sola, a Natale."
"Avrei preferito passarlo così infatti."
"No. Tua madre ha sbagliato. Siamo tutti d'accordo con te, e infatti ne sta pagando le conseguenze. Ma almeno a Natale, se la struttura ha ritenuto che potesse uscire,forse dovremmo cercare di passare del tempo come una famiglia."
"Per te è semplice, i tuoi genitori sono perfetti. Vanno d'accordo, si amano. A nessuno di loro due è stata spezzata la vita. Nessuno di loro ti ha mai picchiata, minacciata. Non ti hanno mai fatto del male. Io non riesco più a riconoscerla come mia madre e per me questo Natale è rovinato."
"Ogni famiglia ha i suoi problemi."
"Stella sto vivendo con voi anche io, seppur da poco. Sono problemi della quotidianità i vostri. Non altro. Non sono situazioni in cui dovrebbero intervenire gli assistenti sociali."
"Guarda che questo lo sappiamo bene, stiamo facendo di tutto per te."
Sospirai, non riuscivano a comprendere il mio discorso. A me non importava se quello fosse il venticinque di dicembre, o la domenica di Pasqua.
Non ero pronta a rivederla, non ero pronta a parlarle come se niente fosse. Non ero pronta a perdonarla. E questo forse avrebbero dovuto rispettarlo.
Ma ormai ero lì, non potevo fuggire. Non potevo chiamare Angela, Ethan. Non potevo andare nel garage e suonare per sfogarmi.
Non potevo telefonare papà e chiedergli di
venire a prendermi, nonostante avesse le ali.
Potevo solo arrendermi a ciò che avevano scelto. Non c'era altra strada.
Con molto coraggio andai a pranzare e non dissi una parola. Avevo lo sguardo fisso sul piatto e sulle pietanze al suo interno, che anziché diminuire sembravano aumentare a dismisura.
"Lisa mangia." disse mia zia guardandomi.
Afferrai un coccio di pasta e lo masticai lentamente, guardandola.
"Non ti piace?"
"No. Mi piace." dissi poggiando nuovamente la forchetta.
"Beh allora cosa si fa pomeriggio?" domandò mia cugina per cambiare discorso e spostare l'attenzione su altro.
Di lì a poco mi alzai da tavola e decisi di andare fuori. Non riuscivo ad aspettare la fine del pranzo.
Dopo un po', zio mi raggiunse. Era diventata una gara a chi mi consolava di più.
"Lisa"
"Cosa c'è?"
"Tu hai ragione."
"Ma non mi dire."
"Ma ricorda che non è solo tua madre. È una sorella, una zia, una cognata. Forse gli altri sentivano il desiderio di trascorrere del tempo con lei dopo tanto."
"Voi sentivate il desiderio di stare con lei solo perché non avete mai dovuto subire ciò che ho subito io."
Non rispose. Restò in silenzio per un po'.
"Fammi una promessa, il ventisei tua madre andrà via. Devi cercare di stare calma solo fino a domani. Puoi farcela?"
"Va bene. Ma non oltre domani."
Mi diede un bacio in fronte e tornò in casa.
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Qui e ora
Ficção AdolescenteVite spezzate di un gruppo di adolescenti che scoprono il mondo attorno a loro, con la speranza di potersi prendere una rivincita. Tra questi vi è la giovane Elisabeth, che a causa di un passato difficile è costretta a trasferirsi per cambiare vita.