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Vi è mai capitato di sentirvi stanchi anche in vacanza? A me si, particolarmente. Mi sento quasi egoista a dire ciò. Le mie frasi a primo impatto potrebbero sembrare quelle di una privilegiata, ma in realtà sentivo davvero un peso al petto. I miei muscoli non sembravano in grado di muoversi. A fatica mi alzavo dal letto per andare in piscina o al mare. Avrei voluto restare lì ad oziare tutta la mattinata.
Il residence era davvero bello ma io non avevo interesse in nulla.
Non riuscivo neppure a leggere i libri che mi ero portata, e io amo leggere.
Passai quasi tutta la giornata in silenzio, risposi solo nel momento in cui venni interpellata da qualcuno della mia famiglia. Mi sentivo un ingrata a comportarmi in quel modo, ma non potevo farci assolutamente niente.Non ero io ad avere il controllo.

Mattia fece un enorme castello di sabbia. Prese delle pietre in acqua e disse che erano gli abitanti del castello. Quella più chiara si chiamava luce, quella verde si chiamava Valentina, quella rossa si chiamava Mattia, come lui, e quella giallognola si chiamava Stella.
"Però, che immaginazione!" disse zia ascoltando tutto il suo discorso.
"Beh, la pietra più grande regna nel castello, gli altri sono sudditi."
"Mattia, non giocare ad una dittatura. Piuttosto dona a tutti lo stesso potere." disse Stella.
"Non ho capito." rispose nuovamente il bambino.
"Lascia stare. Tra qualche anno capirai." risposi con aria seccata.
Zio chiese se volessimo un gelato, tutti dissero di si, tranne me. Mi chiese se non fosse un problema per me restare per qualche minuto da sola in spiaggia.
Io risposi di no.
Stella attese e prima di seguirli mi strappò il libro tra le mani, che a fatica riuscivo a leggere.
"Mi spieghi che problemi hai?" domandò seria.
"Io? Nessuno."
"Non mi pare. Siamo qui da ieri e ti comporti con una strafottenza inaudita."
"Sono stanca. Ok?"
"Beh siamo in vacanza proprio per staccare. Anche io avrei tutte le ragioni del mondo per rispondere male e starmene sulle mie, ma non lo faccio."
"Oh, ti assicuro che non è intenzionale. Ti chiedo scusa, ma non ce l'ho con voi."
Balbettò qualcosa e poi raggiunse gli altri al bar. Io non le chiesi neppure cosa avesse detto, perché di base non mi importava.
Mi alzai per fare una passeggiata per la spiaggia, improvvisamente incontrai Vittorio.
"Ma guarda un po' chi si rivede!" esclamò da lontano.
Istintivamente mi sistemai la frangetta, che a causa dell'acqua marina era disordinata.
"Hey!"
"Come va? Si è ripresa Stella?" chiese avvicinandosi.
"Bene, si è ripresa alla grande."
"Mi fa piacere. Senti, stasera organizziamo un'altra festa, fa il compleanno uno di noi animatori. Non è che vi va di venire? Un po' di musica, una fetta di torta, dell'alcol... Nulla di impegnativo."
"Mh, ci penserò. Vedo cosa vuole fare mia cugina." dissi mentendo.
La mia prima idea era quella di non dire nulla a Stella, in maniera tale da poter restare in camera mia. Ma ciò non fu possibile perché dopo pochi secondi ci raggiunse. Salutò Vittorio e lui invitò nuovamente anche lei.

Quella sera mi ubriacai io. Non sarei mai riuscita a superare la serata da sobria.
Per le prime ore mi annoiai notevolmente, nonostante avessi bevuto.
Dopo un po' Vittorio venne da me e mi chiese se volessi fumare. Gli dissi che non avrei voluto mischiare ma che gli avrei fatto volentieri compagnia con una sigaretta.
Ci allontanammo dal resto del gruppo e ci sedemmo sulla sabbia. La spiaggia non era troppo affollata e c'era una luna splendida.
Poteva essere un momento perfetto, se solo al suo posto ci fosse stato Ethan.
"Allora, ti stai divertendo?" chiese.
"Non particolarmente." risposi accedendo una sigaretta.
"Come mai?"
"Non mi piacciono le feste in generale."
"Capisco. E cosa ti piace fare?"
"Non saprei. Mi piace leggere, mi piace scrivere, mi piace anche fumare e ballare ma non in mezzo a così tanti sconosciuti. Preferisco le feste private che organizzano i miei amici, oppure qualche serata in balcone, a parlare del più e del meno."
"Siamo abbastanza simili. Io non ero così spigliato prima. Anzi, ero davvero timido. Poi ho deciso di fare l'animatore perché mi serviva lavorare, e stando ogni giorno a contatto con persone differenti ho imparato ad aprirmi."
"Quello che dovrei fare anche io."
"Che scuola frequenti?"
"Liceo classico. Una scuola di merda in pratica. Non so che problemi avessi quando decisi di frequentarlo."
"Beh, io ho fatto lo scientifico e in parte posso capirti. Non lo rifarei."
"Neanch'io se tornassi indietro. Decisamente troppo sbatti."
Quella frase mi fece pensare al fatto che quando scelsi il liceo ero effettivamente una studentessa modello che adorava andare a scuola, mentre invece in quel momento partecipavo con fatica alle lezioni.
"Pensa che ti resta solo un anno. Dopo potrai fare ciò che vuoi."
"Già. Tu fai l'università?"
"Per il momento mi sono preso un anno sabbatico. Non so se riprenderò gli studi. In realtà non so proprio cosa voglio fare della mia vita."
"Credo che l'anno prossimo sarò nella tua stessa situazione." dissi ridendo.
"Non è detto. Hai ancora tempo per decidere, fidati di me."
"Si vedrà."
"Sai, a diciott'anni non si può già sapere cosa di vuole dalla vita. Sono tutti tentativi al buio. Qualcuno per pura fortuna becca la strada giusta, altri inciampano durante il cammino. Ma ciò non significa sia colpa loro. Datti il permesso di inciampare, Lisa." rispose facendo un altro tiro.
Annuii. Aveva ragione, ne ero totalmente consapevole. Ma l'ansia mi divorava, mi divorava in qualsiasi contesto in cui mi poneva la vita.
Restammo qualche secondo in silenzio.
Eravamo vicini. Sentivo il suo respiro sulla mia faccia.
Poi, senza neppure darmi il tempo di capire cosa stesse accadendo, posò le labbra sulle mie. Ero perplessa, ma ricambiai.
Dopo qualche minuto mi propose di andare in camera sua. Gli animatori stavano nella residenza, dunque ognuno di loro aveva la propria stanza singola.
Decisi di andare con lui. Non so ancora spiegare cosa mi spinse a farlo. Forse per ripicca nei confronti di Ethan, forse per curiosità, o forse per annullare la noia.
Credevo che il sesso fosse in grado di farmi sentire viva. Ma così non fu.
Lui fu molto gentile con me, ma io non provai particolari emozioni. La mia anima sembrava aver lasciato il mio corpo. Ero carne e scheletro. Nient'altro.
Quando si voltò per accendere una sigaretta rimisi i miei vestiti e tornai nella mia stanza. Mi disse che mi avrebbe volentieri accompagnato nuovamente a casa ma io scelsi di andare sola perché mi sentivo davvero in imbarazzo.
Feci una doccia, e poi tornai nel letto. Stella mi chiese dove fossi stata per tutto quel tempo, e io le dissi la verità.

Evitai Vittorio per tutto il resto delle vacanze. Alle feste partecipava solo Stella. Io restavo a leggere sull'amaca e ad un certo punto andavo a dormire. Di tanto in tanto mi concedevo qualche sigaretta sul balcone e mi rinfrescavo in piscina. Ai miei zii stava bene, dopotutto in quel momento non volevano litigare.
Decisi di andare a salutarlo la sera prima di partire. Lo trovai alla reception, mentre parlava con un altro uomo sulla quarantina.
Lo ringraziai, gli dissi che nonostante tutto non ero stata male con lui, e che mi avrebbe fatto piacere sentirlo di tanto in tanto.
Lui mi lasciò il suo numero, disse che gli ero piaciuta parecchio e che se non fossimo stati distanti avrebbe continuato a provarci con me. Probabilmente erano solo stronzate, ma in quel momento mi sentii carina.
Non gli scrissi mai dopo essere tornata a Roma. Neppure lui mi scrisse. Sarebbe stato inutile. Non ci saremmo più visti, era una guerra persa in partenza.

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