Capitolo Sedici

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Capitolo Sedici

Jake

Las Vegas, Nevada.

Sbatto la porta alle spalle, fulminando Ashley con lo sguardo e irrigidendo la mascella.

«Non posso crederci, hai portato una donna.» Quasi mi aggredisce, con la sua gelosia.

Sono sorpreso che non si sia rivolta a Victoria, chiamandola puttana.

«Si e tu il tuo ragazzo.» Mi mostro indifferente, e lo sono davvero.

Ho lasciato che Victoria mi accompagnasse, non perché volessi far ingelosire Ashley, ma perché comprendesse che non la voglio indietro.

I messaggi in cui mi supplica di scoparla un'ultima volta, mi fanno venire la nausea.

«Lo so che mi desideri ancora, Jake.» Mi passa un dito tra i bottoni ancora chiusi della camicia, ed io fermo quel tocco ormai indifferente.

Qualunque cosa mi legasse a lei, è svanita.

«Hai avuto la tua occasione, Ashley.» La rifiuto, disgustato dal modo in cui sta cercando di concedersi a me, quando va a letto con un altro uomo.

Non le do il tempo di ribattere, perché torno nella suite.

E mi ritrovo faccia a faccia con Victoria.

«Stavi origliando?» La incalzo, scoprendola sul fatto.

Scuote la testa da una parte all'altra, velocemente.

«Si.» Ammette, contraddicendosi, ma senza il minimo imbarazzo.

«Sei una stronza ficcanaso.» La insulto, infastidito dalla situazione.

Ma non aspetto che ribatta, mi tolgo la giacca e sbottono appena la camicia, poi mi verso un drink.

Intenzionato a fumare una sigaretta, mi dirigo al terrazzo, facendomi investire dall'aria calda di Las Vegas.

Victoria mi raggiunge, con il suo immancabile Martini e i lunghi capelli scuri sulle spalle.

Anche le lenti a contatto, sono sparite.

«Perché farla ingelosire, se poi la rifiuti?» Chiede, sedendosi sulla sdraio da esterno e scoprendo le gambe lunghe, attraverso gli spacchi laterali del vestito che le ho comprato.

«Non volevo farla ingelosire.» Le confido, portando il filtro alle labbra.

«Allora perché portarmi con te?» Insiste, curiosa come un gatto.

«Per farle vedere che sono andato avanti, con una donna più bella di lei.» Ora però, la guardo.

Più che altro, la mia mente si fa giusto un paio di fantasie su come poterla scopare su quella sdraio.

Non si scompone, nonostante il complimento che le ho appena rivolto.

Ma ho detto la verità.

«Deve averti ferito, è stata lei a lasciarti?» Prende un sorso dal bicchiere, poi accavalla gli arti inferiori, dondolando il piede nel vuoto.

«Smetti di fare l'impicciona.» L'avverto, spegnendo la cicca della sigaretta e tornando all'interno.

Affogo i nervi nell'alcool, stringendo la mascella ad intervalli.

Ashley è un argomento che non affronto con nessuno, perché mi ha davvero ferito.

Ma lei non voleva me, la mia coscienza sporca e il modo in cui la scopavo.

Sei troppo oscuro, non è quello che voglio.

Ecco come se né uscita, dopo quello stupido processo.

Lei sapeva che avevo ucciso quello sporco bastardo e non poteva sopportare, di stare con un assassino.

Non oso immaginare come reagirebbe, se scoprisse che le mie mani sono sporche del sangue di altri quattordici figli di puttana.

Non le basterebbe sapere che l'ho fatto per una giusta causa, per interrompere un traffico di essere umani.

Non è una giustificazione.

Ecco cosa direbbe.

Non importa se mio padre e mia madre siano morti per lo stesso motivo, per lei resto solo un assassino che le fa avere fantastici orgasmi, ma che la scopava in modo troppo violento.

Non posso cambiare quello che sono diventato, non per una donna che non ha la minima intenzione di provare a capire il mio lato peggiore.

Mi scolo il terzo bicchiere, quando Victoria mi affianca, con uno dei suoi pigiami striminziti.

«Sembri giù di corda.» Mi offre il quarto drink, che accetto volentieri.

«Non farmi arrabbiare, Diciassette, non stanotte.» Non la guardo nemmeno, mi limito a bere e le mie dita fremono alla ricerca di un'altra sigaretta o forse della sua pelle.

«Certo, Ross.» Mi chiama per cognome, roteando gli occhi come se ne avesse abbastanza di me.

Si allontana, ma non raggiunge il letto.

Si siede sul divano e ordina il servizio in camera.

Caramelle gommose e cioccolato, nello specifico.

E da quello che vedo, non le importa della mia presenza, è troppo impegnata a leggere.

«Perché ti piace leggere?»

Ora sono io a farle delle domande.

Per la prima volta, da quando l'ho trovata, la vedo in difficoltà nel darmi una risposta.

«Mi piace poter vivere altre vite.» Si limita a borbottare.

Bussano alla porta e questa volta, non si tratta di una bionda, ma del servizio in camera.

Concedo il ragazzo del personale, sedendomi al fianco di Victoria e offrendole un verme gommoso.

Accetta la mia offerta di pace, chiudendo il tomo.

«Non le piacevo per ciò che ero.» Rispondo alla domanda che mi ha posto prima, sul terrazzo.

Mantengo lo sguardo dritto, verso il letto matrimoniale.

«Adesso si spiega la scenetta al casinò.» Annuisce, divertita.

E riesce a rubarmelo un sorrisetto.

«Peccato che tu non mi abbia baciato, sarebbe potuta svenire.» Ammetto con sollazzo, ricordando la scena.

Victoria torna distante, riprendendo il libro e dirigendosi in camera da letto.

Non mi augura la buona notte e quando mi metto sotto le lenzuola, lei sta già dormendo.

Diciassette NeroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora