Capitolo Quarantuno

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 Capitolo Quarantuno

Victoria

Chicago, Illinois.

Fisso la porta della suite, dondolandomi sui piedi, indecisa sul da farsi.

Dovrei andarmene, sparire senza dire una parola.

Ma questo lascerebbe in Jake una speranza che non ha.

Devo spezzargli il cuore e farlo ora, sarà meno doloroso per lui.

Passo la chiave magnetica appena sopra la maniglia, sistemando meglio le borse che porto su entrambe le spalle.

Me lo ritrovo con la camicia sbottonata e un bicchiere a mezz'aria.

«Credevo non venissi più.» Ammette, poggiando quel che resta del suo drink sul basso tavolo da salotto che arreda la stanza d'hotel.

«Mi sono dovuta dare una ripulita.» Lo informo, avanzando verso la sua figura ma mantenendo comunque una certa distanza.

Le borse piene mi cadono ai piedi con due piccoli tonfi.

«Cosa sono quelle, i tuoi bagagli?» Domanda, mettendosi le mani in tasca ed evitando i miei occhi privi di lenti a contatto, di proposito.

Se lo aspetta, lo sa.

Non soffrirà molto.

Devo togliermi questo dente.

«No, sono quattro milioni in banconote e gioielli. È il meglio che sono riuscita a fare.»

Indico ciò che si trova a terra, ma non distolgo lo sguardo dal suo viso, nemmeno per un secondo.

E finalmente, mi guarda, visibilmente confuso.

«È più di quanto ti doveva mio padre, il resto è per i debiti che ho accumulato durante il tempo che ho passato con te, più un piccolo extra per il disturbo di stasera.» Sospiro, ma non mi sento leggera.

Annuisce, passandosi un dito sulle labbra serrate, come se stesse riflettendo sulla sua prossima mossa.

«Ti credevo davvero più intelligente.» Ride amaramente.

Ed ora quella confusa sono io, ma lo resto per poco.

Jake da un calcio ad una delle due borse, cogliendomi di sorpresa.

«Tu pensi davvero che io ti abbia cercato per un fottutissimo debito, che non ti appartiene nemmeno?» Alza la voce, quel poco che basta perché capisca che è arrabbiato.

Si passa una mano tra i capelli, apparendo deluso dal mio comportamento.

«Ho promesso a tuo padre che ti avrei trovata e tenuta al sicuro, che ti avrei protetta da Sokolov. Will Cassel era come un padre per me...»

«Non voglio sentire una parola su di lui.» Lo interrompo.

«Perché, hai paura che possa dispiacerti per la morte di tuo padre?- Sbotta e il suo tono si rialza.- Ti ha lasciato ad Andrey perché non aveva scelta, se non l'avesse fatto saresti morta!» Mi sputa in faccia la verità, pensando di scalfire la mia maschera indifferente, ma non accade.

«Non ha nemmeno provato...»

«Non ti lascerò dipingerlo come un mostro, si è indebitato con me nella speranza di liberarti e ritrovarti. Ma non ha fatto in tempo, perciò ti ho trovata io e ti assicuro che non è stato affatto facile.» Ora è lui ad interrompere me, gesticolando con nervosismo.

«Non sono qui per parlare di questo.» Tronco l'argomento sul nascere.

«Allora illuminami, Diciassette. La mia pazienza si sta esaurendo.» Va a versarsi da bere, in attesa di una mia spiegazione.

Diciassette NeroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora