CHAPTER 2 ( VIOLET )

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Sono qui , seduta su questa poltrona che finge di essere comoda. Davanti a me c'è il dottor Harper , impeccabile come sempre. Ha quel suo sguardo professionale, serio, come se fossi solo un caso tra tanti, come se nulla lo potesse davvero sorprendere. Indossa una camicia perfettamente stirata , cravatta sobria, sembra uno che potrebbe presentarsi cosi anche a fare jogging , se mai lo facesse.

Le pareti della stanza sono di un beige spento , sembra volessero tenere fuori ogni emozione, sopra di me c'è un quadro astratto che ,onestamente , non capisco neanche se sia dritto o al contrario . Le librerie sono piene di libri che sembrano messi li a caso , come se un terapeuta debba per forza leggere cose esistenziali per poter fare il suo mestiere. 

Non è la mia prima seduta, eppure sono nervosa come la prima volta . Inspiro, mi costringo a guardarlo negli occhi ,lui mi fissa , con calma, sembra non avere nessuna fretta. Io , invece,  sento che il mio respiro è troppo forte per il silenzio della stanza , e giuro che anche il battito del mio cuore è probabilmente udibile dall'altra parte della porta . Cerco di sistemarmi meglio sulla poltrona, anche se oramai so bene che non c'è verso di farla diventare comoda .

Il dottor Harper sfoglia il suo taccuino con quei suoi movimenti misurati, poi solleva lo sguardo su di me .«La scorsa settimana ha manifestato segni di disagio. Una forte reazione emotiva, collegata a ricordi significativi e ... dolorosi. Per questo abbiamo dovuto sospendere la seduta per garantire la sua stabilità.»

"Sospeso" è un termine gentile. La verità è che ero a un passo dall'andare in pezzi e , senza troppi complimenti ,mi aveva chiesto di fare un respiro profondo e di fermarmi . Adesso , mi sta dicendo che posso iniziare quando voglio, come se la cosa più naturale del mondo fosse tuffarmi di nuovo in quell'abisso di ricordi .

Guardo il dottor Harper e sorrido, quel sorriso che nasconde tutto e che lui oramai avrà visto cento volte . Lui si , mi ha visto fare a pugni con quel mio passato , scivolare in quella zona grigia dove i ricordi sono più forti di me . Mi sembra quasi un miracolo che non mi prenda un malore tutte le volte che devo tornare lì, e infatti, per sicurezza, ho già le mani sudate. Fantastico, una versione sudata e ansiosa di me stessa .

Mi gratto il palmo della mano, un gesto che ormai riconosco come il mio modo di sfogare l'ansia. Chiudo gli occhi per un'istante , cercando di radunare le forze. So che devo tornare indietro, e so anche che per quanto sia  destabilizzante, parlarne mi aiuta. Ho imparato a tenere testa all'ansia in qualche modo, a gestire quei momenti in cui tutto sembra crollare. Ma so   anche che il dottor Harper è li a osservare, a studiare ogni mio minimo segnale di cedimento. Mi sta offrendo una corda per risalire , ed è ironico, perche per risalire devo prima affondare.

« Va bene » , dico finalmente , aprendo gli occhi e fissando il punto indefinito tra lui e il quadro dietro di lui . « Ricominciamo da dove ci siamo fermati ».

«Mio padre era il comandante della polizia , uno di quegli uomini che entrava in una stanza e tutti lo rispettavano subito . Mia madre invece era una casalinga, sempre attenta, sempre presente. Si amavano alla follia, come se il mondo intorno non esistesse. Papà faceva di tutto per accontentarci, e lei ... beh ... lei lo supportava in tutto . Non so , erano una coppia perfetta, sempre complici. Una delle immagini che ho ancora in mente, è il loro abbraccio in cucina , papà che rientrava tardi e mamma che lo accoglieva con quel sorriso stanco ma felice , come se quel momento bastasse a fare sparire ogni cosa ». Mi fermo un attimo, cercando di mantenere il controllo della voce.

« Poi arrivò quel giorno», continuo. «Avevo undici anni, ed era il mio compleanno .Ero a casa con la signora Iris  la nostra vicina di casa , in attesa che loro tornassero per festeggiare . Erano appena passate le sette di sera , e mi ricordo che continuavo a guardare l'orologio, impaziente. Poi, proprio davanti casa, sentimmo un boato. Un rumore che mi fece gelare il sangue . » Abbasso lo sguardo , come se potessi ancora sentire quell'eco lontano.

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