Chapter 9

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Finalmente era arrivato anche il giorno del mio compleanno. Avevo raggiunto i 18 anni, e ora toccava a me iniziare una nuova vita. Quel giorno sarebbe stato memorabile, perché l'avrei passato con il mio migliore amico e la mia famiglia al completo.

Anche se per la maggior parte del tempo detestavo la mia famiglia, arrivava lo stesso quel momento in cui ci riunivamo tutti intorno ad un falò e cantavamo canzoni degli anni '60, e l'odio e il rancore venivano messi da parte.

La richiesta di mia madre fu strana e inaspettata, ovvero: esigeva esplicitamente la presenza di Evan. Non me lo sarei mai aspettata, lo odiava da sempre, ma soprattutto da quando aveva dichiarato la sua omosessualità.

Erano circa le 16.00 quando tornai a casa da scuola.

Avevo provato a chiamare Evan, ma il suo cellulare risultava perennemente irraggiungibile. Strano, quel ragazzo era esclusivamente drogato di social natworks e di messaggini spastici.

Appena aprii la porta sentii il cane scendere dalle scale e mio fratello minore Niall che urlava contro qualcuno. Non feci in tempo a realizzare che cosa stesse succedendo, che una mandria inferocita di persone mi saltò addosso.

Blackout.

Dopo una buona mezzora mi risvegliai da un apparente svenimento. Intorno a me c'erano tutti: i miei fratelli maggiori e Niall, Evan, mio padre e le mie due cugine.

I miei occhi si soffermarono a ispezionare la donna seduta al mio fianco. Era mia madre, vestita da regina, con i capelli tirati su in una coda, ma soprattutto con un sorriso raggiante e degli occhi luminosi. Mi veniva quasi da piangere, non l'avevo mai vista star così bene. Aveva tinto anche i capelli di un color mogano, e devo dire che la ringiovanivano parecchio.

Anche mio padre sembrava stare bene, questa fu una delle poche situazioni in cui lo vidi sorridere genuinamente e con molta tenerezza nei miei confronti.

Di scatto mi alzai e abbracciai tutti i presenti, ringraziandoli della sorpresa, anche se la causa del mio svenimento fu proprio questa.

Non avevo mai pensato che il mio diciottesimo compleanno potesse essere così piacevole. Ebbene, non lo passammo tutti intorno ad un falò a cantare canzoni come ogni singolo anno, ma seduti come persone normali ad un tavolo infinitamente piccolo perché ci stessero tutti i presenti.

I miei fratelli mi avevano persino fatto una torta- anche se il mio nome era stato scritto storto- lo apprezzai comunque quel gesto così puerile, ma molto amabile.

I regali furono molto diversi da come me li ero immaginati. Mio padre e mia madre mi comprarono una macchina, un modello vecchio di un furgoncino Volkswagen molto probabilmente appartenuto ad un hippie ubriacone.

Dato che i miei erano tutti eccitati uscimmo subito per provarla.

Un rottame di latta senza una portiera e un finestrino rotto, dico sul serio fu il regalo migliore che mi potessi aspettare da entrambi. Gli interni puzzavano di piscio di gatto e di sigaretta, il sedile del guidatore mezzo sgualcito, ed infine per colmare il conato di vomito che mi si stava suggellando, al posto del freno vi era un pezzo di legno.

Guardai con un'espressione abbastanza disgustata mia madre e lei mi sorrise in modo gentile, per poi guardare mio padre che fece spallucce.

Dopo qualche minuto di silenzio che sembrò interminabile, lui disse:"Senti Nat, lo so che non siamo mai stati dei genitori modello,ma vorrei che tu ci perdonassi per essere stati così superficiali e poco attenti. Insomma, guardati sei già grande, e presto te ne andrai. Sei così forte che nessuno ti può schiacciare, e lotti perciò che ami. Ti voglio bene figlia mia."

Non avevo mai sentito mio padre fare un discorso del genere, e nemmeno dirmi "Ti voglio bene figlia mia." Questo si che fu un bel regalo.

"Oddio,grazie mamma e grazie papà. Anche se il furgoncino è da demolizione, penso che riusciremo a ripararlo senza problemi. E, in quanto al discorso sono molto felice che tu pensi questo di me."Non avevo mai stretto in un abbraccio così forte entrambi i miei genitori.

Lemie due amorevoli cugine- che in effetti non amavo molto- mi regalarono delle nuove scarpe per correre.

I miei fratelli si erano già sprecati a fare la torta, non che mi aspettassi qualcosa, ma un regalo in effetti me lo fecero: un libro.Strano, non erano persone che leggessero o entrassero in librerie.

Evan mi regalò un bellissimo MP3, di ultima generazione e già provvisto di album fantastici.

Alla fine di tutto quanto, passata una bellissima serata insieme alla mia famiglia, mi feci portare da Evan in un posto completamente fuori dal mondo.

Il tragitto lo percorremmo sulla sua bicicletta rosso fuoco. Mi attaccai saldamente a lui, cingendogli le spalle e inficcandogli le unghie nella pelle rosea. Ogni tanto potevo percepire il suo respiro tiepido, e il calore che emanava.

"Era da molto che non ci venivamo!" Disse lui appoggiando la bicicletta contro ad un albero.

"Si hai ragione. Circa 8 anni. Eppure non ho mai smesso di pensare a questo posto, mi sembra un luogo talmente incontaminato da distruggerlo stando qui a guardarlo. Mi viene voglia di buttare tutto all'aria e starmene qua per sempre."

In effetti esso era un posto molto selvaggio e al di fuori di qualsiasi contatto umano. La radura oscura nascondeva un piccolo porticciolo,che si affacciava su un laghetto. Canneti e piante con fiori profumatissimi allietavano il paesaggio puramente fantastico, un posto talmente puro da sembrare innocente.

"Ci venivamo sempre da bambini, è il nostro laghetto privato." Evan sorrise e si accese una sigaretta. Era così perfetto con la luce della luna che gli avvolgeva il viso, ma gli oscurava il collo. Un momento perfetto in poche parole.

"Ciò non vuol dire che sia realmente nostro. Sai un paradiso così non può essere di qualcuno, ma trovandosi qui è un po' di tutti. Non mi piace l'idea che ci appartenga, perché forse siamo noi venendo qui che gli apparteniamo."

Detto questo ci sedemmo, restammo a lungo a fissare il laghetto in tutte le sue sfumature, nella sua raggiante perfezione e famelica armonia.


Nessuno disse nulla, poi il sonno arrivò ed entrambi ci addormentammo abbracciati come due bambini.

Sydney: Here we come.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora