Un bacio

Lisette aveva mantenuto una strana faccia per tutto il tragitto commissariato-appartamento. Era rimasta in silenzio mentre tutti ridevano, scherzavano e discutevano, a tratti osservò Idaho e Logan e a tratti distolse lo sguardo. Nella sua mente erano cagate così tante supposizioni, così tanti pensieri sulla spiegazione di Logan per aver reagito in quel modo, tanto da non sapere se dovesse mantenersi arrabbiata oppure no.

Cole ti osservava dalla strada, i suoi occhi guardavano la finestra dove tu ti stavi cambiando. Non potevo fare finta di niente. L'ho affrontato, lui si è messo a ridere. È stato tutto un attimo. Non mi sono trattenuto.

Chiaramente l'idea che il grande uomo muscoloso avesse reagito solo ed esclusivamente a fin di bene era una buona notizia, lo rendeva meno codardo di quello che avrebbero potuto pensare persone esterne. Questo glielo riconosceva. Ma allora stesso tempo sapere che avesse deciso subito di risolvere la cosa con i pugni era deplorevole.

“Sei più intelligente di così, Logan” gli aveva detto uscendo dalla stanza principale, prima che si chiudesse in un silenzio accusatorio.

“Lisette, mi dispiace va bene? Non volevo arrivare a tanto. Mi ha provocato”.

Il commissario, per tutto il tempo, non si era nemmeno sprecato di difendere il malcapitato che era stato pestato. Cole stesso non si era preoccupato di costruirsi un alibi che potesse scagionarlo. Aveva confermato tutto: non era la prima volta che lo faceva, andava avanti da quando l'aveva vista in città. Come aveva fatto Lisette a non sentirsi minacciata? Non aveva mai percepito la sua presenza, il suo sguardo puntato addosso, eppure Cole aveva confessato che non aveva smesso un secondo. Per poco Logan non era esploso di nuovo.

“Considerando che il signor Rhodes non ha opposto resistenza, e che parliamo di difesa a favore del prossimo, non lo condanniamo per questa volta” aveva concluso il commissario firmando un foglio pieno di parole che nessuno avrebbe capito, “Ma se lo vedo fare ancora a botte, non sarò così clemente”.

Idaho aveva pagato la cauzione solamente grazie alle suppliche di Charlotte, e Lisette non ebbe molto dubbi sul motivo per il quale il ragazzo era intenzionato a restare fermo sulla propria idea: lui e Logan avevano pesantemente litigato, dopo la rivelazione del giovane dai ricci dorati, e non escludeva che il suo rifiuto a liberare il compare potesse essere dato dalla paura di ritrovarsi in un guaio bello grande con la ragazza.

Inutile dire che i due uomini non si erano parlati per tutto il tempo, non si erano guardati e l'unica effettiva interazione era stata una brevissima serie di partite sarcastiche o dalla pessima ironia, sicuramente non volti a ridere di gusto tutti insieme.

“Logan” lo chiamò non appena varcarono la soglia dell'appartamento, “Posso parlarti?”

Il grande uomo muscoloso assunse un'espressione indecifrabile, del tutto diversa da quelle che aveva sempre avuto stampate in faccia. Annuì piano, in quel momento sembrava un cucciolo bastonato che un uomo forte e muscoloso. Quella frase non aveva mai portato a nulla di buono all'interno di una coppia, e di sicuro nella testa del rosso uomo non erano saltati fuori pensieri tanto più differenti.

Ma Lisette non voleva in alcun modo farlo sentire sbagliato o fargli una paternale che sarebbe finita settimane dopo, voleva solo capire perché avesse deciso di affrontare Cole, in qualunque modo avesse deciso. Una parte di sé, a dire il vero, le stava gridando forte e chiaro quale fosse lo scopo, la causa scatenante che lo aveva spinto ad abbandonarsi ai pugni dopo tanti anni, ma voleva che lo dicesse lui apertamente, e non che dovesse interpretarlo lei.

“Lisette… ascolta…” Logan aveva pensato di anticipare le cose, se il fine doveva essere una ramanzina volta ad allontanarlo per sempre dalla donna di cui era innamorato, che venisse dopo aver dato le spiegazioni che le doveva. Non ne andava fiero, lo sapeva benissimo, ma cosa avrebbe dovuto fare? Quel Cole aveva intenzioni pericolose, se era rimasto uguale al momento in cui aveva abbandonato la povera Lisette, con un figlio cosa avrebbe combinato?

“Fa parlare prima me, per favore” Lisette alzò una ,ano per intimargli di tacere, ma il gesto non conteneva nessun atteggiamento duro o di rimprovero. La sua voce era calma e pacata, dolce come ogni volta che doveva dare un buon consiglio, “Voglio solo sapere perché lo hai fatto. Solo questo, non mi interessa chi era o cosa hai dovuto fare”.

“Non lo hai proprio capito?” Logan assunse un tono quasi incredulo, credeva che le motivazioni fossero chiare e tonde, credeva di averlo dimostrato perfettamente ogni giorno che incrociavano quello schifoso e ogni volta che lo criticava male. Credeva di aver dato chiari segnali, ed ora si sentiva chiedere il motivo come se tutto fosse stato annebbiato.

“L'ho capito, certo” Lisette abbozzò un sorriso volto a sciogliere l'atmosfera, “Ma vorrei sentirmelo dire da te, non voglio indovinarlo”.

“Lisette, io sono innamorato di te. È da quando sei entrata nel nostro circo che ti ammiro, che ti cerco, che voglio la tua compagnia. Non è successo tutto subito, lo ammetto. Prima siamo stati amici, colleghi, ed eravamo gli unici effettivi adulti. Lo siamo ancora, ma so che tu mi hai sempre capito, hai sempre gestito i problemi nel migliore dei modi. Era inevitabile” il grande uomo muscoloso cambiò espressione ad ogni parole. Quella per lui era una vera e propria liberazione: loro si cercavano da tanto, ma dirlo ad alta voce faceva tutto un altro effetto. Non aveva mai nascosto la sua voglia di avere la donna al suo fianco, ma si era sempre tenuto a freno per diversi motivi che lui non poteva controllare, a partire dalla presenza di Colin. C'era effettivamente la possibilità che il bambino lo avesse da subito riconosciuto come un padre che avrebbe voluto avere, c'era la possibilità che senza le parole, lui lo avesse chiesto alla mamma tante volte, ma quelle non erano faccende che i bambini potevano capire fino in fondo.

“Quello che mi chiedo da tanto…” la donna si avvicinò, e con una mano spostò una ciocca rossa di capelli dal volto dell'uomo, “… è perché tu non abbia mai voluto dirmelo, non per forza in modo così diretto. Ma solo farlo capire girandoci intorno”.

“Hai un figlio, ed esci da una relazione che vorresti dimenticare. Non sarebbe stata una buona idea” allargò le braccia per accogliere Lisette in un delicato abbraccio, era il suo modo per chiedere scusa di tutto quello che aveva passato in pochissime ore. Era il suo scusa per aver agito senza consultare nessuno, per aver usato metodi tanto mediocri, per essersi comportato come il suo rivale: di un livello veramente inferiore rispetto al proprio.

“Hai ragione” confermò la donna, “Sei stato davvero dolce nei miei confronti. Ma non voglio più venire a stare che hai pestato qualcuno o giuro che non ti parlo più”.

“Promesso mia lady”.

Il grande uomo muscoloso si chinò sulla sua donna, ora che aveva la certezza matematica di poter terminare quello che aveva iniziato da tanto tempo, ora che poteva eseguire l'ultima azione, ma la più importante. Le loro labbra si incontrarono nella maniera più delicata, premendo piano e senza forza. Quello era un momento loro, era un momento che entrambi dovevano godersi appieno, dovevano colmare quella loro vicinanza che entrambi cercavano da tanto.

“E chi lo dice a Colin?”

“Ci penso io. Non ti preoccupare”.

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