1 - E se Sarà un Inizio... (pt.1)

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Don't fear the Reaper, dei Blue Oyster: ecco com'era iniziata la giornata di Nowel. E un cazzotto ben assestato alla sveglia. 

Si tirò su le coperte fino alla punta del naso, girandosi prima da un lato e poi dall'altro, sbuffando. Aprì un occhio, lasciando cadere lo sguardo sull'orologio: «Merda!»

In un istante le coperte si levarono al cielo, sfiorando il soffitto. Scattò in piedi, lanciandosi lungo le scale e sbattendo a destra e a sinistra come un flipper, scendendo gli scalini a balzi da rompicollo.

S'infilò nella divisa addentando, appena sbucata la testa dalla maglia, una fetta di pane, ignorando il burro ancora incartato e il barattolo di marmellata sigillato. Lanciò giusto una manciata di mangime nella ciotola di Pimpi, fermandosi qualche secondo per accarezzarlo sul musetto.

Ripartì subito dopo, come un aereo al decollo, sbattendosi la porta alle spalle.

≈ ≈ ≈

 In una manciata di minuti arrivò ai cancelli della scuola Rebeg, ancora impegnato a mandare giù l'ultimo malloppo che teneva in bocca, cercando di non soffocare.

Deglutì nel momento in cui si schiantò contro il portone d'ingresso, mantenendo a stento l'equilibrio. Si guardò a destra e sinistra: «Cazzo!» esclamò non trovando nessuno.

Ripartì l'inseguimento, affrontando le scale come un ghepardo in corsa. Secondo piano, subito a destra e poi dritto fino al traguardo, a perdifiato e col cuore in gola, al punto d'aggrapparsi alla maniglia della porta della classe per frenarsi, aprendola al contempo e quasi scardinandola.

≈ ≈ ≈ 

Suonò la campanella e Nowel s'alzò dal banco con la stessa svogliatezza di un condannato chiamato al patibolo, dirigendosi verso lo stipite della porta: lì aspettò.

«Nowi!» urlò una voce per bucare quel brusio di schiamazzi e di rinnovata libertà: «Mia!»

«Ti aspettavo all'entrata. In ritardo come al solito?»

«Fanculo, mi la messo una nota quella stronza della Pa-» ma si interruppe quando un'ombra giuntagli alle spalle gli appiccicò un sonoro schiaffo sul collo, immobilizzando per un istante quel viavai incessante.

«Che ci fate ancora qui? Andiamo a fumare!»

Nowel non fiatò, piegando il busto e appoggiandosi a Mia che gli stava davanti: «Figlio di puttana!» e girandosi i due si abbracciarono, portandosi le braccia l'uno sulle spalle dell'altro.

«Per fortuna c'ero io a tenere compagnia a questa bella ragazza. Un giorno o l'altro si stuferà di aspettarti.»

«Perché, tu ti sei mai stancato di aspettarlo?» gli domandò ridendo la ragazza.

«È ufficiale: Mia, Ron, siete due stronzi» dichiarò divincolandosi dal braccio di Arron per mettere una mano sul fianco di Mia, trascinandola nella sua marcia: «Andiamo a fumare che è meglio» concludendo con una risata.

≈ ≈ ≈ 

«Non la voglio!» urlò Nowel mentre, con fare insistente, Arron lo continuava a toccare sul petto con la mano contenente una sigaretta.

«Non la voglio!» e ancora, spingendola via mentre Mia ridacchiava: «Non la voglio!»

Arron si tolse la sigaretta dalla bocca, deglutendo il fumo, pacato, finché non s'impuntò come un mulo sul ragazzo, urlando: «Nowel!» così forte da far vibrare i vetri. A quel punto l'afferrò.

«Tutte le volte la stessa storia» esclamò il sopracitato, giocando con la sigaretta tra le dita senza però infilarsela tra le labbra, ficcandola invece tra quelle di Mia.

«Grazie» mugugnò mettendosi una mano in tasca ed estraendo un accendino, spalancando con l'altra il giubbotto di Nowel e infilandocisi dentro a proteggere la fiamma.

Arron sbuffò, ma non lasciò il tempo a Nowel di rigirarsi verso di lui che già gli aveva riportato la mano al petto, contenente un'altra sigaretta.

«Eh no, adesso hai rotto il cazzo.»

≈ ≈ ≈ 

Arron schiacciò con la punta del piede il mozzicone, allungando un cinque a Nowel e due baci a Mia: «Ci vediamo dentro.»

I due ora erano soli, appoggiati al muro, con lui a guardarla dall'alto, distogliendo lo sguardo ogni volta che lei lo alzava.

«Hai freddo?» chiese alla ragazza che non si era più mossa dall'interno del suo giubbotto.

«Un po'» rispose accoccolandosi tra la pelliccia e il braccio di lui, appena prima che una raffica di vento non li colpisse, spingendo lei ancor più tra le sue braccia e portando lui a stringersela a se, proteggendola dal polverone sollevato.

Quando la sferzata finì, riaprendo gli occhi, si ritrovarono l'uno sul petto dell'altro, con le teste che sbucavano appena dal giubbotto, e le guance di un altro colore.

Nessuno dei due aprì bocca, trattenendo il fiato. Si limitarono a guardarsi per interminabili secondi finché la campanella non interruppe il loro momento.

 ≈ ≈ ≈

«Sarà meglio andare» disse Nowel allentando la presa su Mia, portando però la ragazza a stringersi ancor di più tra le braccia del ragazzo, intrecciandosi le mani con le sue: «Potremmo farci aspettare un po'.»

Nowel sobbalzò quando lo sguardo della ragazza si fece più sicuro, accennando un sottile spiraglio tra le labbra.

«No... Non avevi freddo? Sarà meglio entrare.»

A quelle parole l'espressione di Mia si crepò fino a frantumarsi, abbassandogli lo sguardo fino a farlo cadere sulle dita giunte, e sull'anello che gliele stava gelando.

Gli si staccò di dosso con un brusco gesto delle mani, sussurrandogli: «Lascia perdere» con voce spezzata, e gli occhi gonfi di lacrime.

Nowel non fece in tempo a reagire che Mia era già corsa via, lasciandolo lì in piedi nel silenzio, con la testa bassa e lo sguardo rammaricato.

Continuò a sfoggiare quella maschera per tutto l'arco di tempo che lo separò dalla porta dell'aula, bloccandosi sulla maniglia a fissarsi l'anello nella mano destra, scuotendo il capo a scacciare un pensiero, un istante prima di aprire la porta.

≈ ≈ ≈ 

Un bacio, proprio sul rintocco, e le mani dovunque. Scendevano per poi risalire, ad accarezzarle i fianchi, i seni, le guance. Poi di nuovo giù, dritte sul culo, ad afferrarglielo per sollevarla da terra, sbattendola contro il piano più vicino. È un attimo a rimanere senza maglia, senza pantaloni. Il freddo del metallo sulle cosce e sulla schiena, e il caldo della pelle sul ventre e sul petto. Non puoi staccargli gli occhi di dosso.

Basta un click e viene via il reggiseno, e sono lì, perfette, a fissarti, turgide al cielo mentre lo senti: sta per accadere.

È un demone che ti graffia la schiena, accavallandoti le gambe in vita. Imprigionandoti.

Ed è solo la pesantezza del sonno, la vista sfocata, che ti aspettano alla fine di una vita vissuta in un battito di ciglia.

≈ ≈ ≈

CHAKRA Vol.1-2-3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora