8 - ...Appare il Suo Volto. (Pt.3)

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Nowel aprì le porte a immergersi nella musica della stanza, sforzandosi con lo sguardo di bucare la nebbia e il fumo a cercare il divanetto.

«Bro, da questa parte!» sventolando una mano femminile ad attirare l'attenzione, riconoscendo in quella figura spaparanzata sul divano e con le gambe sul tavolo la stessa ragazza incontrata quel pomeriggio.

«Scusa per prima, ero su di giri per quel corpo. Mamma mia che corpo»

«N-Nessun problema,» arrossandosi in viso, «comunque io sono Nowel» allungandogli la mano appena prima che lei sporgesse la sua ad afferrare il boccale di birra sul tavolo, trangugiandolo con il rumore di una mietitrebbia. Finito, lo sbatté sul tavolo alzando un dito a prendersi un momento e ruttando così forte da far girare le persone sedute ai tavoli vicino: «Dasyre, ma puoi chiamarmi Dasy, molto piacere» battendogli un cinque.

Il ragazzo ci rimase un attimo prima di riaprir bocca: «Sai dov'è finito Hi-» venendo però bloccato da Dasy, alzatasi a tappargli la bocca e al contempo contorta nell'osservare una ragazza passatagli alle spalle: «L'hai vista quella? Da castigarla con quel culo. Da toglierle il sudore con la lingua. Mamma mia.»

«È carina sì, ma Hiden è già-»

«Va che roba! Lo fanno apposta dai, ste puttanacce. Come si fa a mettere una gonna così corta? È normale che poi gli mettono la droga nel bicchiere. E la droga costa, lo so bene.»

«Ascoltami! Hiden dov'è?» ma a quelle parole Dasy aveva ormai scavalcato il divano mostrando all'intera sala le sue mutandine con quell'alzata di gonna: «Io vado a fare il pieno. Se vedi Hiden mandamelo in pista» sbiascicando e barcollando: «È l'ora di baccagliare!»

Nowel rimase sbigottito, spiaccicandosi una mano in faccia appena prima di rialzare lo sguardo: notò Ned al bancone, impegnato a chiamarlo a se con un gentile gesto della mano.

≈ ≈ ≈

«Questi glieli ha lasciati il signor Hiden» tirando fuori da sotto il bancone due bicchierini e riempiendoli di tequila: «Si è raccomandato che li bevesse, chiedendomi di rammentarle la cocente sconfitta subita due dì addietro, definendola, mi perdoni: "femminuccia sessualmente emancipata", parafrasando.»

Nowel sorrise, afferrando uno dei due bicchierini e girandoselo tra le dita, osservandone le increspature: «E si sa dove è andato a cacciarsi?»

«È stato vago sull'argomento, per meglio dire, non mi ha degnato di risposta.»

«Sarà con qualcuna delle sue prede»

«Concordo» rispose Alfred afferrando un bicchiere e un panno: «Lei è nuovo di queste parti signor...?»

«Nowel. Devo averlo scritto in faccia a quanto pare.»

«Nulla di tutto ciò. A lavorare in luoghi come questi l'udito si affina, udendo involontariamente conversazioni come quella da lei sostenuta due sere addietro. Al tal proposito, mi perdoni dell'accaduto.»

«Mi preoccupa di più ciò che può aver sentito dopo» strappando un riso sotto i baffi ad Ned.

«Non si cruci. Questo luogo ha tale fine come ultimo. Le persone come me ne sono tanto consapevoli quanto rallegrate» concludendo ma riprendendo subito, incalzando Nowel e il suo aprir bocca: «Questo ritrovo è stata la prima struttura a venir costruita in questo sterile cratere. A mio modesto parere con ragguardevoli motivazioni.»

«Per questo la gente da queste parti è sempre così allegra?»

«Me ne aggrada il pensiero, ma non si faccia ingannare dai volti sorridenti e dai gesti disinvolti: le persone che abitano questi luoghi sono divise in due fazioni: chi festeggia la vittoria, e chi lenisce la sconfitta» incalzando ancora Nowel e le prime sillabe di una risposta: «Ormai, dopo tutti questi anni, non mi richiede più alcuna fatica distinguere chi sorride con le spalle leggere da chi lo fa contorto dal peso del macigno che se lasciasse cadere lo schiaccerebbe a morte. Sa però chi ancora mi lasciano da pensare nel comprenderli? Gli indecisi come lei» ammutolendo il ragazzo.

«Sono dieci minuti che si gira tra le mani quei bicchieri, che guarda la folla scatenarsi, che batte appena il tempo con il piede. Non lo ha ancora trovato, non è vero?»

«Che cosa?»

«Il suo scopo. Qui tutti ne hanno uno. Li fa andare avanti, li tira giù dal letto, gli fa affrontare la giornata, e gli impedisce di puntarsi una pistola sotto al mento quando tutto va storto. E non mi fraintenda, ma tornare indietro dove già una volta si è stati non è uno scopo. Ci vuole qualcosa di forte. Una persona. Dove morirebbe pur di raggiungerla, prima che il dolore nel non riuscirci non la uccida.»

Nowel sprofondò nel silenzio, abbassando lo sguardo sulle increspature del bicchierino tenuto in mano. Sull'anulare cinto dall'anello logoro. Alzò allora lo sguardo su quello di Ned, radioso in volto tanto quanto sorpreso, imprimendo anche sul volto dell'uomo le medesime emozioni.

«A quanto pare ho ancora molto da imparare.»

≈ ≈ ≈

Camminava barcollante, attaccandosi al muro ogni qualvolta si inciampava nei suoi stessi passi. Continuò così finché non raggiunse la sua camera, rimanendo lì in piedi a toccarsi ogni tasca: «Dove cazzo l'ho messa?»

Guardò allora in cagnesco la porta facendo peso sulla maniglia, trovandosela però morbida, scattandogli sotto le mani e facendolo precipitare nella stanza.

Si spiaggiò sul pavimento portandosi a pancia all'aria, fregandosi il viso e godendosi il silenzio della stanza. Non lo trovò. Road to Nowhere di Ozzy Osbourne a fargli da sottofondo nell'oscurità della stanza, a renderlo cauto nei movimenti facendo strisciare una mano sulla parete a premere l'interruttore della luce.

Chiuse gli occhi accecato, ma quando lì riaprì li getto subito ai piedi del letto esclamando: «Pimpi!» prendendolo in braccio e accarezzandolo. «E tu come ci sei arrivato fin qui?» strusciando la faccia contro il suo musetto, accorgendosi di un biglietto piegato sul mobile all'ingresso, chiuso dalle chiavi smarrite della camera.

Lo lesse sforzandosi di tenere gli occhi dritti, accennando uno spiraglio tra le labbra prima di richiuderlo, rimanendo in silenzio, avvolto dalla musica e impegnato ad accarezzare Pimpi, guardandolo negli occhietti socchiusi.

«Sarà più difficile del previsto.»

≈ ≈ ≈

Gli tremavano le braccia, così come le gambe, appeso in un angolo di quel corridoio con le mani gonfie a un tubo rasente il soffitto, scivolando di tanto in tanto ma andando subito a riattaccarsi, digrignando i denti a bloccare ogni gemito più rumoroso di un sospiro. Guardava la guardia che aveva davanti, ultimo ostacolo a separarlo dal suo obiettivo, con gli occhi fuori dalle orbite ma concentrati, finché qualcosa non si mosse.

Si era portato la mano in tasca, estraendo un ciondolo di Ossidiana, portandoselo all'orecchio e voltandosi ad aprire la porta così ben assicurata, addentrandosi nelle sue viscere.

Wilbur sgranò gli occhi guardandosi attorno, lasciandosi cadere sulle punte come un gatto, arrancando nel mantenere l'equilibrio, raggiungendo anche lui con un paio di falcate quell'oscurità densa al di là dell'uscio.

Percorse una scalinata infinita, addentrandosi sempre più in quel groviglio di stanze e corridoi, scendendo sempre più in basso a voler raggiungere le porte dell'inferno. Finché non le trovò.

Immerso nella luce dei morti, ora lo circondavano Quarzi di ogni colore, custoditi in sospensione da geodi crogiolanti di bagliori purpurei, messi l'uno in fila all'altro a formare una catena infinita.

L'uomo si agguantò una borraccia legata alla cinta, immergendone le dita all'interno per poi passarle sui cristalli, avvicinandosi senza toccarli, uno dopo l'altro, scuotendo la testa ogni volta prima di passare al successivo.

E lo fece ancora e ancora, finché provando con l'ennesimo cristallo non scosse la testa, rimanendo lì ad ascoltare, avvicinando le dita, spingendole a bucare quel velo tanto sottile quanto scintillante, e più faceva forza più la luce aumentava, finché non arrivò a sfiorarlo.

Un bagliore lo scagliò via, a schiantarsi contro il pavimento. «Rebis» sussurrò con gli occhi spalancati prima di svenire lì dove si trovava.

CHAKRA Vol.1-2-3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora