3 - Alla Base di Una Scelta...

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«Finirai per ammazzarmi,» disse Nowel estraendo una sigaretta dal pacchetto sul tavolo, «o quantomeno lo farà il cancro.»

Arron accesa sia la sua che quella dell'amico: «Mo-riremo insieme, tutto calcolato.»

«Fottiti» sbuffando fuori il fumo e facendosi una risata. «Mhh, a proposito: Ma ieri sera? Con quella bionda? Di botto sei sparito.»

«Intanto, quella bionda ha un nome,» iniziò schioccando le dita, farfugliando consonanti e sillabe, «qualunque esso sia.»

Nowel scoppiò a ridere: «Avevi di meglio da fare» colpendolo sul fianco con il gomito.

«Non so di cosa stai parlando. Ci siamo presi un drink, abbiamo fatto due parole e l'ho riaccompagnata a casa» alzando il mento e indossando una smorfia da gentiluomo: «Poi gliel'ho mangiata sul tavolo della cucina.»

I due si sbracciarono dalle risate, colpendo il tavolo e le sedie con manate e pestoni, portando Arron a stringersi la pancia, esclamando: «Aio! Aio!» pregando Nowel di smetterla di ridere.

«Niente di serio come al solito quindi?» gli chiese asciugandosi le lacrime.

«No, sei tu quello innamorato della coppia.»

«Sei proprio un figlio di puttana.»

Arron gli lanciò un sorriso, alzandosi dalla sedia per appoggiarsi al balcone: «Lo so, ma so anche che sono felice per te» iniziò perdendo lo sguardo nelle stelle che portava sopra al capo: «C'è un istante quando vi guardate, dopo essere stati l'uno senza l'altro anche solo per un minuto. È lo sguardo di qualcuno a cui manca casa, di chi ci vuole tornare, e di chi ne morirebbe se non potesse più rivederla.»

Nowel lo guardò perplesso, alzandosi a sua volta per portargli un braccio attorno al collo: «Ti sono spuntate le ovaie e non mi dici niente?»

«Idiota» sorridendogli, continuando a guardare quel cielo iridescente, illuminati dalla luce delle lune.

«Ti devo ancora chiedere scusa» iniziò dal nulla Nowel, abbassando lo sguardo.

«Perché sono morto?» domandò sorprendendolo. «Sarebbe accaduto comunque, anzi, mi hai fatto un favore,» iniziò mollandogli un pugno inoffensivo sulla spalla, «sono bello come il sole. Sarebbe stato un peccato morire somigliando a una prugna secca.»

≈ ≈ ≈ 

L'odore di sigaretta lo accompagnò al risveglio, così come il freddo pungente di un lenzuolo sottile. Era coricato su un lettino ortopedico, attaccato a una flebo con il braccio destro.

«Lasciala lì dov'è» lo intimò Wilbur, seduto lì affianco, quando provò a togliersela.

«Dove sono?» gli uscì di getto, ma l'uomo continuò a fumare senza neanche guardarlo. Si tirò allora su dal letto, afferrando il lembo del lenzuolo. «Dove pensi di andare?» ma sempre senza muoversi.

«Cosa è successo al-» tentò di domandare il ragazzo prima che un gemito gli si incastrasse tra i denti, cingendogli le tempie.

Wilbur si scostò allora per osservarlo piegato su se stesso, senza prestare attenzione alla colonna di cenere cadutagli sulla camicia all'aprirsi della porta.

≈ ≈ ≈

«Wilbur!» gli urlò Leah, fiondandosi sul ragazzo, accarezzandogli i capelli e togliendogli con dolcezza le mani dalle tempie: «Va tutto bene, non preoccuparti» facendogli riacquisire un aspetto umano. 

Nowel ricominciò allora a guardarsi intorno, in ogni angolo, facendo schizzare gli occhi a destra e a sinistra.

«Ti stanno comodi i vestiti nuovi?» iniziò Leah rompendo il silenzio, ricominciando ad accarezzarlo. «Sono andata ad occhio per la taglia.»

CHAKRA Vol.1-2-3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora