Talento sprecato

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Il sangue di Suguru fluì in ogni angolo del suo corpo, gli schizzò fuori dalle vene, invase il suo cervello, pulsò nel suo basso ventre.
Quelle labbra.
Così soffici, così rosee.
Satoru, il suo migliore amico, l'unico e il solo che avesse mai avuto.
Il suo Satoru.

Gojo si allontanò lentamente, aveva le guance arrossate e sembrava seriamente in difficoltà.
Geto lo guardava perplesso, non sapeva come reagire.
Quel gesto aveva totalmente azzerato qualunque pensiero che il giovane avesse precedentemente.
Geto abbassò la testa per l'imbarazzo, ma Gojo la riportò su, delicatamente con il pollice e l'indice.

-Suguru...
Io so di non essere altro che un mezzo per questo mondo, lo so che a nessuno importa davvero niente di me.
Che se morissi domani si rammaricherebbero solo perché non saprebbero a chi dare l'incombenza di salvare la situazione.
Lo so da quando sono nato.
Per tutte queste persone...

Disse, allargando le braccia come a voler far riferimento a coloro che occupavano l'istituto tra professori, presidi, allievi e quant altro.

Io sono solo Gojo.

Fece una breve pausa, poi con le sue mani prese quelle di Suguru e le strinse.

-Ma quando sono insieme a te, io smetto di essere Gojo, perché tu mi dai la possibilità di essere solo Satoru.
Sei l'unica persona da cui mi sento amato.
E mi spiace se adesso ho rovinato tutto, ma io non faccio altro che pensarti, non faccio altro che sognarti.

Suguru arrossì violentemente, e ritrasse le sue mani.
Il suo cervello non riusciva a processare informazioni, la sua bocca aveva mille cose da dire ma le parole non gli venivano fuori.
Satoru nel vedere il suo distanziamento abbassò la testa con delusione, e fece un passo indietro.

-Anche se tu non vorrai più vedermi da domani, sappi che io ti vorrò sempre bene.
E ti ringrazierò per sempre, perché per la prima volta ho sentito l'emozione di essere visto da qualcuno come una persona.

Gojo si stava allontanando, ma Suguru gli strinse forte la mano per fermarlo.

-Io...

Satoru lo guardò con curiosità e terrore, non riusciva davvero a prevedere cosa avesse da dirgli l'altro, non riusciva a decifrare l'espressione che aveva sul suo viso.
Sapeva solo che ormai erano ad un punto di non ritorno, e che non potevano più tornare indietro.

Suguru aprì leggermente le labbra per dire qualcosa, ma poi decise che le azioni avrebbero parlato meglio per lui.
Spinse l'altro con la schiena verso il muro, afferrò il colletto della sua camicia bianca e si fiondò sulle sue labbra.

Il bacio che Suguru diede a Satoru fu totalmente diverso da quello che si erano dati pochi istanti prima.
Suguru voleva entrare nell'anima di Satoru e scavare a fondo nel suo corpo.
Mentre si cercavano con le labbra, denti e lingua le loro mani iniziarono a toccarsi, a stringere i muscoli delle braccia, ad afferrarsi la schiena, a tirare i lembi della camicia, avide mani vagavano su e giù per il corpo.

Si staccarono per riprendere fiato, le guance rosse, il respiro affannoso.
Gli occhi di Satoru brillavano in quel corridoio buio.
Suguru era sconvolto dalle sue azioni, ansimava per il terrore e il piacere, si sentiva come se avesse profanato qualcosa di cui non era degno, come se avesse toccato l'intoccabile.
Eppure non riusciva a non pensare che avrebbe voluto ancora toccarlo, in maniera più intima di così.

Satoru colse subito lo sgomento dell'amico, così decise di provare in qualche modo a mantenere la calma, mettere da parte i suoi desideri e cercare di non far degenerare la situazione.

Prese il viso di Suguru tra le mani, gli sorrise lievemente mentre riprendeva fiato.

-Sei sconvolto e spaventato.
Mettiamo da parte ciò che è successo per il momento, e andiamo a dormire, che ne dici?

Ima demo ao ga sundeiruDove le storie prendono vita. Scoprilo ora