L'altra dimensione [Flame] [Parte III]

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« I build a home and wait for someone to tear it down
Then pack it up in boxes, head for the next town running'
Cause I've got memories and travel like gypsies in the night »

[No Roots - Alice Merton]


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Spostarsi nelle diverse aree della Trama era come fare un brusco mezzo giro su se stessi e vedere l'universo sfocarsi tra una scena e l'altra. Era simile alla transizione pigra e svogliata tra due diapositive di una presentazione non valutata da creare per compito a casa – e fatta il giorno prima della consegna alle undici e mezza di sera, in dieci minuti.

Per motivi da non approfondire, Flame quel tipo di transizione predefinita la conosceva benissimo.

I designer di Mizef avrebbero potuto impegnarsi un po' di più, nell'effetto wow dei trasporti tra le zone. Flame avrebbe lasciato una recensione negativa anche a loro, con qualche critica costruttiva, da un artista procrastinatore ad un collega. Aveva già qualche idea in merito, che includeva lampi di luce stroboscopica e una batteria fuochi d'artificio arcobaleno con coreografie di NPC vestiti da pavone.

Dopo aver liquidato con piacere la faccia inquietante di 142 ed essersi trattenuta dal metterle le mani nei capelli per accertarsi se fossero un pezzo unico come un omino LEGO, Flame aveva osservato Kiwi spalancare con un cenno una nuova finestra digitale nell'aria e armeggiarci dentro con la stessa concentrazione con cui lei selezionava i donuts scaduti da quelli ancora mangiabili in una confezione rinvenuta in fondo alla credenza.

Aveva allontanato i pensieri amari di poco prima.

Non erano importanti. Kiwi non le avrebbe fatto del male. A dispetto delle premesse, non l'aveva mai fatto.

Flame aveva escluso le cose brutte dal cervello proprio come quando Rayne e Virya urlavano l'uno contro l'altra nella nebbia scura di Bristol, e il pianto di lei sembrava infrangere il buio in cocci di vetro; la guancia sanguinante e quel suo respiro corto che raggiungeva Flame e le raspava nella testa come una mano febbrile.

Flame aveva imparato che in quei momenti doveva chiudere gli occhi e premersi i palmi sulle orecchie; immergere la faccia tra le ginocchia e sparire dove non l'avrebbero vista. Doveva annegare le parole e i suoni dentro un mare di colore sconfinato. Sprofondarci. E costruirsi il silenzio di una notte dove non avrebbe più pianto nessuno.

Flame era brava ad ammantare i dubbi con la vernice.

E il sarcasmo.

Il sarcasmo era terapia gratuita.

Spark glielo diceva sempre, che l'ironia pungente faceva miracoli per rendere la realtà un posto un po' meno merdoso, in ogni Mondo possibile.

La lobby svanì attorno a loro insieme alle pubblicità di accendini a forma di banana.

In un secondo Flame si ritrovò in quello che sembrava il corridoio, bianco come un Apple Store, di un ufficio amministrativo o di un ospedale particolarmente deprimente, privo di porte o finestre, ma largo almeno quattro metri.

Fece correre lo sguardo tutt'attorno, la perplessità che suo malgrado cresceva.

Sopra di loro, il soffitto si innalzava di parecchi metri e terminava in una trama a scacchi, con riquadri opachi che si alternavano ad altri luminosi come led. Lo stesso valeva per il pavimento, quasi che la stanza potesse in qualunque momento essere messa sottosopra.

Il tempo di un respiro [OCs - Oneshots - Raccolta]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora