« Devil Town is colder in the summertime
I'll lose my mind at least another thousand times
Hold my hand tight, we'll make it another night »[Devil Town - Cavetown]
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La testa di Donth era un vortice di terrore, perplessità e odio verso ogni creatura vivente che avesse mai respirato nell'Alleanza.
La musica gli scalpitava nelle orecchie come bolle esplose di metallo fuso.
Solito lavoro, si ripeteva in loop mentre strisciava verso la tenda grande, schivando coppie di gloomeria danzanti e sazghara che saltellavano entusiasticamente sul posto con le ali spalancate, Solito lavoro. Consegni il Dispositivo, prendi i soldi e sparisci. Consegni il Dispositivo, prendi i soldi e... merda, Kal, in cosa mi hai ficcato?!
Raggiunse la tenda ed esitò davanti alle pieghe del tulle per una frazione di battito.
Non c'era una porta a cui bussare o un campanello da premere. Tuttavia, da oltre balze, spesse abbastanza perché gli ultrasuoni venissero quasi completamente assorbiti, Donth non udiva alcun suono esplicito – anche se era difficile da intuire, con la musica trottante in sottofondo.
Si premette gli artigli contro i palmi delle mani e scostò lentamente il primo strato della tenda.
– Permesso...? – la sua voce era talmente un mormorio che faticò a sentirla lui stesso. Attraversò cautamente la tenda successiva – Permesso? – domandò in tono più fermo. Man mano che si inoltrava, i suoni esterni si attutivano sempre di più. Doveva esserci qualche materiale insonorizzante nelle pareti.
– Tesoro, non ho ricevuto prenotazioni fino al prossimo turno. Devi passare dal bancone, prima di entrare.
La voce era femminile, ma bassa e avvolgente come melassa tiepida. Non era un merack perfetto, ma quell'accento ondeggiante lo raggiunse come una carezza, facendo vibrare pericolosamente ogni parte di lui.
Donth deglutì, la bocca piena di ruggine.
– Ghiaccio che non si scioglie – si impose di mantenere la voce abbastanza decisa da non perdere completamente la dignità. Scostò un'altra tenda. I suoi sensi, gradualmente, iniziarono a ricostruire la stanza oltre i veli – Mi manda Kaliou.
– Ah, magnifico – mormorò la voce, in un vago riconoscimento, mentre Donth attraversava l'ultimo strato – Credevo sarebbe venuta di persona.
– Aveva da fare – Donth restò imbambolato sulla soglia, le mani annodate tra loro, le orecchie rigidamente inclinate in avanti.
La stanza era circolare, occupata in gran parte da un letto senza coperte, tempestato di cuscini ammonticchiati. Mensole ricolme di boccette tanto aromatiche da far girare la testa e asciugamani spugnosi ricoprivano le pareti, mentre dal soffitto piovevano catene, attorcigliante mollemente attorno a strutture lisce a forma di cuori allungati.
Ma i sensi di Donth erano calamitati dalla donna terrestre a gambe incrociate sul lenzuolo.
Non aveva visto abbastanza terrestri svestiti da poterne provare reale attrazione, ma le curve della donna sembravano morbide e corpose come burro dolce, e si vergognò di se stesso nel sentire le budella iniziare a schiumare. Era avvolta solo da un velo sottile, che gli ultrasuoni di Donth attraversavano con facilità scandalosa.
I capelli le ricadevano su una spalla come una cascata di seta e c'era un'eleganza brutale e indefinita, nei suoi tratti, come una maschera intagliata nella roccia dura da mani sempre diverse.
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Il tempo di un respiro [OCs - Oneshots - Raccolta]
FantasyPiccoli frammenti di un universo che da anni vive dentro la mia testa e a cui non ho mai trovato il coraggio di dare sbocco. Niente long o intrichi di trama, solo fugaci sperimentazioni con personaggi che lottano per trovare un'identità stabile. Co...