Parte 1

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                                   Ayla Eithne

Mi sveglio lentamente dal mio sonno prendendo consapevolezza dell'ambiente circostante.
Il mio sguardo si fissa sul soffitto bianco, dove c'è la presenza di alcuni spiragli di luce del mattino che fanno capolino dalla finestra.
Lentamente stiro le membra, ancora riluttante dal lasciare il temperamento caldo delle coperte e la comodità del materasso in cui giacevo.
Guardo la sveglia che segna le 7:15 così capisco che é il momento di lasciare, purtroppo, il mondo dei sogni, mi aspetta da svolgere un'altra giornata uguale alle precedenti 1825.
Mi alzo dal letto stropicciandomi gli occhi ancora assonnati e increspati, mi avvicino alla finestra, tiro su le tapparelle mezze rotte da cui entra comunque luce.

Come ogni mattina mi fermo almeno due minuti a fissare la finestra di Elijah che é proprio davanti alla mia.

Stanza buia.

Non si accende da anni ormai ma io come una povera ragazzina illusa ogni mattina fisso quella finestra sperando che Elijah si affacci, mi sorrida e mi chieda di seguirlo alla casa sull'albero.

Non é più così ormai da diversi anni ma mi fa sentire bene, o meglio, più viva la speranza che un giorno possa tornare tutto come prima, che io possa ancora stupirmi della vita, insieme a lui, che possa sorridere veramente e prendere finalmente, dopo fin troppo tempo una boccata d' ossigeno, mentre tutti i dannati giorni mi riempiano di sola anidride carbonica. Facendomela respirare a forza, per sopravvivere mi ripeto solamente che ; prima o poi, mi porteranno al mare, o in montagna, comunque in un posto dove finalmente io possa respirare ossigeno puro e prendere una boccata d'aria fresca e buona, dove finalmente i miei poveri polmoni torneranno a sentirsi, semplicemente puliti.

Ogni dannatissimo giorno é sempre lo stesso.
La routine che seguo é sempre la solita : ti svegli, senti un peso profondo al petto, infili la solita corazza per farti scudo, vai a scuola, prendi voti eccellenti, vai ai corsi pomeridiani per non tornare a casa, purtroppo però devi tornare a cena, tuo padre é ubriaco, i tuoi litigano, vai in camera, studi, piangi, dormi.
Emozionante non é vero ? Pensare che la mia vita é finalizzata a questo da ormai cinque lunghi anni, da quando lui é andato via e io faccio solo questo, mi affretto a vivere una vita come un automa aspettando che un giorno, dal nulla, lui torni.               Il bambino per cui vivevo.

Il mio piccolo e segreto paradiso in terra.

Mi vesto, infilo l'uniforme della scuola, una gonna a scacchi rosa un po' troppo corta per i miei gusti, una camicia bianca e un fiocchetto legato al collo che riprende i colori del pezzo sotto. Pronta per essere un confetto da battesimo, odio quest'uniforme.

Prendo la borsa di cuoio marrone in cui tengo i miei libri e quaderni. Mi metto in punta di piedi, una volta infilate le calze e le ballerine, cerco di scendere le scale facendo meno rumore possibile. Prendo un sorso di succo che non si sa come riesco a trovare nel frigo, solitamente é completamente vuoto o pieno di birre.
Apro la porta e con uno scatto felino sono fuori di casa,  senza aver attirato l'attenzione dei miei genitori, perfetto.
A raggiungermi é Michael, mio fratello che ormai ha 25 anni e che quindi é fuori da questo putrido posto che sono costretta a chiamare casa.
Inizialmente voleva portarmi via con se ma non volevo essere un peso, lui é giovane deve vivere la sua vita, così mi sono rifiutata.
Anche se devo subirmi i miei genitori, sono forte e presto riuscirò anche io ad andarmene. Spero.

Michael mi passa a prendere la mattina alla solita ora con il pik-up arrugginito che gli ha regalato un amico, Martin.
Gli sorrido quando mi suona il clacson, mi fiondo in macchina .

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