But You're Way More Than That

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Louis sa già che passerà il compleanno peggiore della sua vita.

È che sente Harry sradicato via da lui come un albero portato via da una tempesta. È uno strappo volgare, che lascia buchi e zolle smosse, e ad essere sincero l'attaccamento che aveva sviluppato lo spaventa, così tanto da farlo tremare al solo pensiero. Ha vissuto senza avere idea di chi fosse Harry per vent'anni, quale sarebbe adesso il problema?

Il problema è il modo in cui l'ha guardato Harry mentre stringeva quel quaderno. Come se l'avesse pugnalato alle spalle. E tutto questo perché Louis aveva assolutamente torto. Su tutto. Non avrebbe dovuto pressare Harry, non avrebbe dovuto insistere, e non avrebbe dovuto curiosare tra le sue cose. Ancora, trovando quei ricordi, avrebbe dovuto smettere di leggere alla prima pagina. Ma gli era impossibile: sentiva il cuore sanguinare, poteva vedere le gocce imbrattare le pagine, scurirle, gonfiandole del suo dolore. Louis ha sempre saputo tenere a freno la sua empatia, comprendendo quando semplicemente soffrire non avrebbe sistemato le cose. Ma come sempre, con Harry era diverso. Con Harry era tutto in più, un sasso che cade nell'acqua formando cerchi sempre più grandi. Si sente diviso tra questo grumo di dolore e confusione che gli ha provocato quella scoperta, e il taglio che sprofonda nella sua carne a come Harry l'abbia presa, a come abbia minacciato di usare il suo incubo contro di lui. Sa che non l'avrebbe fatto. Cioè, forse. Harry è sempre spaventato in maniera aggressiva.

Lo vede un'altra volta, prima di partire, anche se non se lo aspetta. Era solo andato a preparare Orpheus per il viaggio, ma si era arrestato sulla porta del box quasi strattonandone l'anta. Harry era lì, impegnato a grattargli il mento, Orpheus che quasi poggiava il muso alla sua spalla. Non si era accorto di lui, e Louis aveva detto: ''Ehi'', timido e soffocato. Harry si era voltato di scatto, Louis aveva provato a sorridergli: sembrava ancora più stanco.

''Come st-''

Harry aveva camminato dritto nella sua direzione e l'aveva superato. Non gli aveva dato una spallata, non gli aveva rivolto la parola e nemmeno l'aveva guardato male. Sfrecciato fuori come un treno in corsa. Come se Louis fosse totalmente cancellato dalla sua memoria. Louis aveva sospirato, premuto contro la porta (si era comunque fatto da parte per farlo passare), e aveva rivolto ad Orpheus un sorriso debole, visto che il suo cavallo lo stava guardando confuso, scacciando le lacrime con un gesto secco della mano.

Andare a casa per lui è sempre un sentimento contrastante, da quando ha iniziato l'accademia e gli era capitato di mancare per lunghi periodi. Prima, e l'aveva capito proprio grazie alla lontananza, si sentiva soffocato: dai precettori, dalle balie, persino dalle fate madrine di sua madre, che facevano continuamente loro visita. Anche dai suoi genitori: più da suo padre che da sua madre, come ogni volta. Il fatto è che, quando lui era piccolo, lui e Philip erano molto simili, ma poi Louis è cresciuto, ha visto gli spigoli di suo padre, ma non ha voluto capirli. Il risultato è che Philip, da adulto, tenta sempre di raggiungere Louis, ma Louis sta trovando la sua dimensione, e vuole che sia così diversa, da quella di Philip, da non poter spesso tollerare le sue parole. Quando è via, questo si attenua, almeno un po'.

Ma è pur sempre il suo compleanno, quindi ci sono dei festeggiamenti. Di solito, sua madre organizza una piccola festa, per la quale Louis rivede i suoi amici molto prima dell'inizio del nuovo semestre. E' anche Natale, quindi è davvero un qualcosa di ben organizzato, con un albero all'ingresso e dei dolci a base di zabaione. Ma quell'anno è diverso: tutti sono rigidamente chiusi in casa, Louis è stato caricato su un'auto e da lì non ha quasi mai lasciato il suo palazzo. A stento è andato in giardino o è uscito con Orpheus. Questo gli lascia tanto tempo per pensare, ma visto quello che frulla nella mente di Louis, non è davvero quello che gli serve.

Sua madre nota il suo umore nero, e prova a parlargli. ''C'è qualcosa che vuoi dirmi?'' domanda candidamente una mattina, baciandogli la tempia prima di sedersi con lui a colazione. E' sempre così contenta di averlo a casa: infatti, gli stringe immediatamente la mano, chissà se per felicità di averlo a tavola o come spinta per farlo parlare. Suo padre non c'è: è molto impegnato, la Confederazione non accenna a fermarsi e dunque nemmeno Philip. Ne avevano discusso la sera precedente, perché Louis odiava trattare quella emergenza come un tabù, come sempre avevano alzato la voce, e Philip aveva concluso con voce ferma:

I'm Your Happily Ever After ||L.S.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora