7. i 7 peccati capitali (PT 2)

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Mi avvicinai al terzo specchio, quello con la targhetta "William". Questa volta mi trovai in una grande biblioteca, con alte scaffalature di legno piene di libri antichi. Al centro della stanza, c'era un grande tavolo da lavoro ingombro di pergamene, manoscritti e strumenti di scrittura.

William era lì, un ragazzino con uno sguardo intelligente e penetrante. Era concentrato su un grosso libro aperto davanti a sé, annotando furiosamente qualcosa su un foglio di carta. Nonostante la sua giovane età, emanava un'aura di superiorità e autosufficienza.

La visione cambiò e mi trovai a seguire William in una scuola prestigiosa. Lo vedevo eccellere in tutte le materie, superando di gran lunga i suoi compagni di classe. I suoi insegnanti lo lodavano, ma lui accoglieva i complimenti con un sorriso sprezzante, come se fossero del tutto scontati. I suoi compagni lo osservavano con un misto di ammirazione e risentimento, ma William sembrava non curarsi di loro, considerandoli inferiori.

"Perché dovrei abbassarmi al loro livello?" mormorò William una volta, mentre si allontanava da un gruppo di bambini che tentavano invano di coinvolgerlo nei loro giochi. "Io sono destinato a cose più grandi."

La visione cambiò di nuovo, portandomi in un laboratorio scientifico. William, ora un po' più grande, era circondato da provette, alambicchi e libri di alchimia. Stava lavorando a qualcosa di misterioso, un esperimento complesso che sembrava assorbire tutta la sua attenzione. Il suo volto era illuminato da una luce febbrile, gli occhi brillavano di una determinazione feroce.

"Finalmente," disse tra sé e sé, mentre versava un liquido dorato in una fiala. "Questo dimostrerà a tutti la mia superiorità. Non potranno più ignorarmi o sottovalutarmi."

La scena si spostò in una sala grande e decorata, piena di adulti ben vestiti e influenti. William, ora poco più che adolescente, era al centro dell'attenzione. Teneva un discorso appassionato sulla sua scoperta, parlando con un tono di voce autoritario e sicuro di sé. La gente lo ascoltava attentamente, alcuni con interesse genuino, altri con una punta di scetticismo.

Ma più William parlava, più il suo tono diventava arrogante e presuntuoso. Non accettava domande o critiche, respingendo ogni obiezione con un sorriso sprezzante. Alla fine del discorso, alcune persone applaudivano, ma molte altre si allontanavano scuotendo la testa, infastidite dalla sua arroganza.

La visione cambiò ancora una volta, portandomi in un laboratorio più grande e sofisticato. William, ora adolescente, era circondato da strumenti scientifici all'avanguardia. Era evidente che aveva ottenuto tutto ciò che desiderava, ma c'era una strana solitudine nei suoi occhi.

Mentre lavorava, vidi apparire l'ombra di un uomo anziano, che lo osservava con un'espressione di tristezza. William non sembrava notarlo, troppo concentrato sui suoi esperimenti. L'anziano si avvicinò e parlò, ma la sua voce era un sussurro.

"William, la tua superbia ti ha isolato," disse l'anziano. "Hai respinto tutti quelli che ti volevano bene. La conoscenza e il successo non possono sostituire l'amore e l'amicizia."

William scosse la testa, ignorando l'ombra. Ma l'ombra continuò a parlare, e le sue parole sembravano penetrare lentamente nell'animo del ragazzo.

"Ricorda, la vera grandezza non sta nel superare gli altri, ma nel superare se stessi. La superbia ti ha reso cieco alla verità."

La scena cambiò nuovamente e mi trovai in una stanza buia, con William ora più grande, che sembrava più vecchio della sua età. La stanza era piena di strumenti e invenzioni abbandonate. Sembrava che avesse perso la voglia di creare, di scoprire.

"Ero il migliore," mormorava William, guardando nel vuoto. "Ma a che prezzo? Sono rimasto solo, senza nessuno con cui condividere il mio successo."

La visione si intensificò e vidi il momento della sua morte. William, ormai consumato dalla solitudine e dalla frustrazione, si accasciò a terra. La stanza intorno a lui si oscurò, e una fredda luce lo avvolse. Le sue ultime parole furono un sussurro disperato.

"Perdonatemi... per la mia superbia..."

un tonfo al cuore, fu quella la mia emozione subito dopo aver abbandonato la visione di Wiliam, ma continuai.

Questa volta mi trovai in una lussuosa dimora, piena di mobili antichi e opere d'arte costose. Al centro della stanza c'era una donna anziana, avvolta in abiti sontuosi e ornata di gioielli scintillanti. Il suo sguardo era fisso su un'enorme cassaforte al centro della stanza, piena di monili, gioielli e denaro.

La donna era Margaret, una figura imponente con gli occhi che brillavano di avidità. Osservai mentre si muoveva con agio tra i suoi tesori, controllando ogni singolo oggetto con una cura maniacale. Per lei, il denaro non era solo un mezzo per ottenere il potere, ma una fonte di ossessione e piacere.

La visione cambiò e mi trovai a seguire Margaret mentre usciva dalla sua dimora. Era in mezzo a una folla di persone, tutte in attesa di ricevere un po' della sua ricchezza. Margaret distribuiva denaro e gioielli con generosità apparente, ma i suoi occhi tradivano una certa soddisfazione nel vedere la dipendenza e la devozione degli altri nei suoi confronti. Non era la generosità che la motivava, ma il desiderio di essere acclamata e venerata come una benefattrice.

La scena si spostò in un negozio lussuoso, dove Margaret era intenta a fare acquisti sfrenati. Comprava abiti di alta moda, gioielli scintillanti e oggetti d'arte costosi con un entusiasmo febbrile. Non importava quanto avesse già, sembrava che non potesse mai essere soddisfatta. Ogni nuovo acquisto le procurava un brivido di eccitazione, ma era un piacere effimero, destinato a svanire presto.

La visione cambiò di nuovo, portandomi in una stanza buia, con Margaret ora più anziana e afflitta da una grave malattia. Era circondata da medici e infermieri, che cercavano di aiutarla nel suo ultimo momento. Ma Margaret si aggrappava ancora ai suoi gioielli e ai suoi tesori, incapace di accettare la sua fine imminente.

"Non posso andare via," mormorava, aggrappandosi alla cassaforte con debolezza. "Ho bisogno di loro... ho bisogno di tutto..."

La visione si intensificò e vidi il momento della sua morte. Margaret giaceva sul suo letto, circondata dalla sua ricchezza, ma sola e spaventata. Il denaro e i gioielli non potevano darle conforto, né prolungare la sua vita. Con un ultimo sospiro, chiuse gli occhi per sempre, lasciando dietro di sé solo il vuoto della sua avidità.

e poi le altre visioni; Thomas, Catherine e Lawrence, fu allora che capì.

"Sono i sette peccati capitali" dissi ad alta voce. "Ira, Avarizia, Invidia,Superbia,Gola, Accidia,Lussuria." "cosa stai cercando di Dirmi Ellias! come faccio a uscire da qu? come posso evitare che si creino altre vittime?" chiesi mentre alcune lacrime rigavano il mio volto.

Mi accasciai per terra, stremata, stanca, spaventata, e per un motivo o per l'altro mi addormentai.

non sapevo che cosa mi avrebbe aspettato.

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