9.lo specchio mortale

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"Benvenuta Savannah, ti stavamo aspettando; hai finalmente trovato lo Specchio Mortale" disse una voce maschile dietro alle mie spalle.

Mi girai e li vidi tutti lì: la Famiglia di Elias al completo.

Osservai i loro volti alla luce tenue che filtrava dalla finestra coperta di tende spesse. Sembravano estranei eppure familiari. Gli occhi di Elias erano fissi su di me, pieni di una strana miscela di malinconia e determinazione. Fu allora che notai le ferite. Tagli e graffi decoravano i loro corpi come macabri ornamenti, sanguinanti e freschi.

"Che cosa...?" iniziai, ma la mia voce si spezzò.

"Non fare domande, Savannah. È meglio per te," disse una donna con i capelli grigi, forse la moglie di Elias, avanzando con un fazzoletto impregnato di qualcosa che odorava di chimico.

"No, aspettate, dove siamo? Cosa state facendo?" domandai, cercando di indietreggiare, ma senti come una barriera dietro alla mia schiena.

Un dolore acuto mi trafisse il braccio mentre uno dei figli di Elias mi afferrò con forza.. La vista si offuscò e le gambe cedettero. L'ultima cosa che sentii fu la voce della donna che mormorava parole incomprensibili, prima che l'oscurità mi avvolgesse completamente.

Quando ripresi i sensi, ero distesa su un letto di pietra fredda. Le pareti della stanza erano adornate di simboli antichi, e candele tremolanti illuminavano debolmente l'ambiente. Elias stava sopra di me, il viso contorto in una maschera di dolore e rimorso.

"Savannah, mi dispiace," disse con una voce spezzata. "Ma è necessario"

***

Non potevo muovermi, come se fossi paralizzata. Solo i miei occhi potevano vagare, catturando frammenti della scena. Accanto a me una tavola adornata come un antico altare per riti Satanici, attaccati al mio corpo, foglie di piante officinali, rune antuche disegnate sulle mie braccia e sulle pareti della stanza.

"Elias, cosa sta succedendo? Perché?" sussurrai, la mia voce appena udibile.

"E' l'unico modo per salvare la nostra famiglia. La tua anima è pura, e il tuo corpo può ospitare una nuova vita. Una vita che ci libererà da questa maledizione," rispose lui.

La moglie di Elias iniziò a recitare un incantesimo, le parole antiche e potenti echeggiavano nella stanza. Sentii un dolore insopportabile crescere dentro di me, come se qualcosa stesse strappando via la mia essenza. La mia vista si annebbiò, e con l'ultimo filo di coscienza, vidi una figura oscura emergere dall'altare, pronta a prendere il mio posto.

"Addio, Savannah," mormorò Elias.

Poi, tutto diventò nero.

BRIAN'S POV

"Ma che cosa...?" aprii gli occhi di soprassalto. La mia condizione non cambiò di molto: doveva essere notte fonda, perché tutto attorno a me era buio. Cercai di fare mente locale per ricordarmi come mai mi ritrovavo in quello stato, per quale motivo avessi perso i sensi, ma niente. L'ultima cosa che ricordavo erano le urla di Savannah provenienti dalla casa degli specchi.

"Savannah," mormorai, mentre strisciavo come un verme verso il portico della casa degli specchi, cercando un appiglio per riuscire ad alzarmi. Trovai supporto nella ringhiera di legno vecchio, marcio e intriso d'acqua, e solo allora ricordai cosa era successo.

"Qualcuno mi ha spinto. Ho provato a entrare nella casa e qualcuno mi ha fatto cadere all'indietro. Ho sbattuto la testa, dev'essere andata proprio così," dissi tra me e me.

Tastai le tasche alla ricerca di qualcosa di utile per riprendermi: una bustina di zucchero, una caramella. Fortunatamente, trovai una caramella gommosa, forse vecchia, ma non mi feci problemi a metterla in bocca.

Restai sdraiato per terra per un tempo che mi sembrò infinito. Quando vidi le prime luci dell'alba, capii che forse per Savannah non c'erano più speranze. Forse mi addormentai, perché chiusi gli occhi e li riaprii quando ormai il sole splendeva alto nel cielo. Mi alzai da quella posizione divenuta ormai troppo scomoda e umida.

Camminai verso la nostra macchina, ricordandomi di aver dato a Savannah un dispositivo per registrare tutti gli avvenimenti. Accesi l'altro capo, lo schermo che mi avrebbe permesso di vedere tutto. Attesi con ansia, con le mani che tremavano per la paura, ma sembrava che Savannah non avesse registrato nulla. Il dispositivo poteva essersi rotto o, peggio, scaricato.

Dovevo capire cosa fosse successo a Savannah. La paura mi serrava la gola, ma dovevo restare lucido. Forse c'era ancora una speranza. Mi voltai verso la casa degli specchi, il sole alto nel cielo gettava un'ombra inquietante sull'edificio. Con un respiro profondo, mi avvicinai alla porta, La maniglia era fredda e ruvida sotto le mie dita, e per un attimo temetti che non si sarebbe mossa. Poi, con uno sforzo, riuscii finalmente ad aprire la porta. Un cigolio lugubre accompagnò il mio ingresso.

"Savannah!" chiamai, la mia voce riecheggiava tra i corridoi di specchi deformanti. L'oscurità all'interno era ancora più opprimente che all'esterno, e ogni passo risuonava in un'eco inquietante.

Continuai a camminare, chiamando il nome di Savannah ad ogni svolta. La mia voce si perdeva tra i riflessi distorti, creando l'illusione che ci fossero più persone intorno a me. Finalmente, dopo quella che sembrò un'eternità, udii un flebile risposta.

"Brian?"

Il suono della sua voce fu un sollievo immenso. Mi voltai freneticamente, cercando di individuare da dove provenisse. Dopo pochi istanti, vidi Savannah emergere da un angolo

"Savannah!" esclamai, abbracciandola stretta. "Sei al sicuro! Stai bene? Hai visto qualcosa di strano?"

Lei si scostò leggermente, con un'espressione che non riuscivo a decifrare. "Non ricordo niente," rispose con un tono di voce freddo e distante. "L'ultima cosa che ricordo è di essere entrata nella casa. Poi, il vuoto."

La sua risposta mi lasciò interdetto. Savannah sembrava diversa, quasi irriconoscibile. I suoi occhi, che di solito erano caldi e vivaci, avevano ora un riflesso strano, come se qualcosa di oscuro si fosse insinuato in lei. Mi trattenni dal dire nulla, ma la preoccupazione cresceva dentro di me.

"Non ti ricordi niente di quello che è successo qui dentro?" chiesi, cercando di mantenere la calma.

"No, Brian," ripeté, la sua voce era tagliente e priva di emozione. "E smettila di chiedermelo."

Il suo comportamento mi disorientava. Savannah non era mai stata così brusca con me. Cercai di non far trasparire la mia preoccupazione, ma ogni fibra del mio essere mi diceva che qualcosa non andava. La osservai attentamente, cercando di cogliere qualche indizio nei suoi occhi, ma era come guardare una sconosciuta.

"Va bene," dissi infine, cercando di placare la tensione. "Torniamo alla macchina. Forse, con un po' di riposo, ti tornerà la memoria."

Lei non rispose, ma mi seguì fuori dalla casa degli specchi. Il sole splendeva alto nel cielo, ma non riusciva a dissipare l'ombra di inquietudine che mi avvolgeva. Una volta arrivati alla macchina, Savannah si sedette sul sedile del passeggero, fissando il vuoto con un'espressione imperscrutabile.

Accesi nuovamente il dispositivo, sperando di trovare qualche indizio nei filmati. Ma ogni volta che gettavo uno sguardo a Savannah, la preoccupazione cresceva. Dovevo scoprire cosa fosse successo veramente dentro quella casa degli specchi e cosa avesse trasformato la mia amica in una persona così diversa.

"aspettami qua, voglio fare un giro veloce nella casa" dissi aprendo la portiera dell'auto, e lei con mia sorpresa non obiettò, mi lasciò fare.

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