"Non ci metterò molto," le dissi, cercando di convincere me stesso tanto quanto Savannah. La sua indifferenza era straziante, ma non potevo permettermi di perdermi d'animo. Dovevo scoprire cosa stava succedendo.
Entrai di nuovo nella casa degli specchi, il cuore batteva forte e le mani erano gelide di paura. Mi addentrai nei corridoi tortuosi, le pareti ricoperte di specchi deformanti che sembravano scrutarmi e giudicarmi. La luce del giorno penetrava appena, rendendo l'ambiente ancor più sinistro.
Dopo qualche minuto di cammino, giunsi in una stanza più grande, circondata da sette specchi. Ogni specchio sembrava più spaventoso del precedente: in uno vidi il mio riflesso con un ghigno malefico; in un altro, sembrava che qualcosa di oscuro si agitasse alle mie spalle.
Ma ciò che catturò davvero la mia attenzione fu uno specchio nell'angolo della stanza. Non era particolarmente grande né appariscente, ma emanava una luce propria, un bagliore freddo e inquietante che contrastava con l'oscurità circostante. Mi avvicinai, sentendo un'irresistibile attrazione.
Quando mi specchiai, ciò che vidi mi gelò il sangue. Riflessa nello specchio c'era Savannah, ma non la Savannah che conoscevo. Era una figura emaciata, con gli occhi sbarrati e le labbra macchiate di sangue. La sua mano tremante scriveva sul vetro parole terribili: "Lei non è me, uccidila."
"Non può essere vero," mormorai, cercando di convincermi che fosse solo un'allucinazione. Ma la paura mi serrava la gola. L'immagine di Savannah nello specchio continuava a scrivere con il sangue, le sue labbra muovendosi senza produrre suono.
Scappai dalla stanza, il terrore mi faceva correre senza sosta attraverso i corridoi. Ogni riflesso che incontravo sembrava distorto, minaccioso. Finalmente trovai l'uscita e, senza guardarmi indietro, corsi verso la macchina.
Savannah era ancora lì, seduta sul sedile del passeggero, con lo sguardo fisso nel vuoto. "Brian, cos'hai visto?" chiese, la sua voce era piatta, priva di emozioni.
Non sapevo cosa risponderle. La persona seduta accanto a me non sembrava più la mia amica. L'immagine nello specchio continuava a tormentarmi. Dovevo prendere una decisione, e in fretta.
"Savannah," dissi, cercando di mantenere la calma. "Dobbiamo andare via di qui. Subito."
Lei non rispose, ma non obiettò nemmeno. Mise la cintura di sicurezza, come un automa. Accesi il motore e partii, il cuore ancora in tumulto. Dovevo capire cosa stava succedendo e, soprattutto, chi era davvero la persona seduta accanto a me.
Guidammo in silenzio verso New York. Il viaggio fu lungo, e ogni tanto gettavo un'occhiata furtiva verso Savannah. Era strano vederla così calma e distante. Non era la stessa persona che avevo conosciuto, ma dovevo continuare a fingere di crederci. Almeno fino a quando non avessimo raggiunto un posto sicuro.
Finalmente, le luci della città cominciarono a brillare all'orizzonte. New York ci accolse con il suo caos familiare, e un senso di sollievo mi pervase. Forse qui avrei trovato un modo per capire cosa stava succedendo davvero.
Raggiungemmo l'ufficio del notiziario dove lavoravamo. Il nostro capo, Mr. Thompson, era già lì, immerso nei suoi soliti documenti. Quando ci vide entrare, alzò lo sguardo con una curiosità mista a preoccupazione.
"Brian, Savannah, finalmente siete tornati," disse, facendo cenno di entrare. "Allora, cosa avete trovato?"
Mi sentii improvvisamente nervoso. Dovevamo essere convincenti. "Mr. Thompson, siamo stati alla casa degli specchi, ma... non abbiamo trovato nulla di rilevante," dissi, cercando di mantenere la voce ferma. "È solo un vecchio edificio abbandonato. Nessun mistero, nessun fantasma."
Lui ci osservò attentamente, poi rivolse lo sguardo a Savannah. "Savannah, sei d'accordo con Brian?"
Lei annuì, il suo volto rimaneva impassibile. "Sì, Mr. Thompson. Non c'era nulla di strano. Solo una vecchia casa decrepita."
Il capo sembrò riflettere per un momento, poi sospirò. "Bene, mi dispiace sentire che il viaggio è stato inutile. Ma sono contento che siate tornati sani e salvi. Prendetevi un paio di giorni di riposo, ne avete bisogno."
Annuii, grato per la possibilità di allontanarmi e pensare. "Grazie, Mr. Thompson."
suoni della città. Mi voltai verso Savannah, cercando di nascondere il mio nervosismo.
"Vado a casa, Brian," disse lei, la sua voce ancora piatta. "Ci vediamo presto."
"Va bene, Savannah," risposi, cercando di suonare normale. "Riposa un po'. Ne hai bisogno."
Lei si allontanò senza dire altro, e io rimasi a guardarla finché non scomparve tra la folla. Una volta che fui sicuro che fosse andata via, mi diressi verso il mio appartamento. Dovevo capire cosa stava succedendo e trovare un modo per salvare la vera Savannah.
Arrivato a casa, mi misi subito al computer. Iniziai a cercare informazioni su specchi maledetti e leggende urbane, sperando di trovare qualche indizio. Passai ore a leggere articoli e storie, ma niente sembrava avvicinarsi alla mia esperienza.
Poi, quasi per caso, trovai un vecchio libro di leggende urbane che avevo comprato anni fa. Sfogliando le pagine ingiallite, trovai una storia che mi fece gelare il sangue. Parlava di una casa degli specchi in cui i riflessi potevano prendere vita e sostituire le persone reali. L'unico modo per spezzare la maledizione era confrontare il riflesso con un oggetto che avesse un forte legame emotivo con la persona originale.
Passai ore a sfogliare il vecchio libro, le mani tremanti e il cuore in tumulto. La storia degli specchi maledetti era inquietante, ma mi dava anche una speranza. Dovevo trovare un oggetto che avesse un forte legame emotivo con Savannah per poter spezzare la maledizione. Mentre pensavo a cosa potesse avere abbastanza significato, ricordai un vecchio braccialetto che Savannah portava sempre con sé, un regalo di sua nonna.
Era tardi quando decisi di chiamare la nonna di Savannah. Era l'unica che poteva aiutarmi a trovare il braccialetto. La telefonata fu breve, ma sufficiente per farmi capire che l'anziana donna aveva conservato il braccialetto nel caso in cui Savannah lo avesse perso.
Il giorno seguente, mi recai a casa della nonna di Savannah. La signora, con occhi pieni di preoccupazione, mi consegnò il braccialetto, un oggetto semplice ma carico di ricordi e significato. "Deve tornare a lei," disse con una voce tremante. Annuii, ringraziandola e promettendole che avrei fatto tutto il possibile per salvare Savannah.
Quella notte, mentre ero a letto, sentii delle voci strane e delle ombre muoversi per casa mia. Mi alzai, il cuore martellante, e mi diressi verso il soggiorno. Lì, di fronte a me, vidi Savannah. Ma c'era qualcosa di profondamente sbagliato in lei. I suoi occhi non avevano alcuna traccia della persona che conoscevo.
"Brian," disse con una voce che sembrava provenire da un luogo oscuro e remoto, "non dovresti aver cercato di scoprire la verità."
"Chi sei?" chiesi, sentendo un gelo pervadermi il corpo.
"Sono Ellias," rispose la figura con un sorriso maligno. "E questo corpo ora mi appartiene."
Sentii la paura serrarmi la gola. Ellias, un'entità malvagia che aveva preso possesso del corpo di Savannah, si avvicinò lentamente. Cercai di afferrare il braccialetto, ma prima che potessi fare qualcosa, sentii una forza invisibile immobilizzarmi.
"Non dovevi immischiarti," sussurrò Ellias, sollevando una mano. Con un gesto repentino, sentii un dolore acuto attraversarmi il petto. L'ultimo pensiero fu per la vera Savannah, intrappolata chissà dove.
Caddi a terra, senza vita. Ma non rimasi lì a lungo. Un'ombra oscura mi avvolse.
La mattina seguente, l'appartamento di Brian era vuoto. Nessuno sapeva dove fosse finito. Le sue ricerche e i suoi sforzi per salvare Savannah erano svaniti con lui.
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Oakdale's mirror
Mystery / Thriller"𝒄𝒉𝒊 𝒔𝒆𝒊?" 𝒎𝒐𝒓𝒎𝒐𝒓𝒐̀. "𝑺𝒐𝒏𝒐 𝒊𝒍 𝒕𝒖𝒐 𝒅𝒆𝒔𝒕𝒊𝒏𝒐" Nel piccolo villaggio di Oakdale, si erge una vecchia casa abbandonata nota come la Casa degli Specchi. Savannah, una giovane giornalista alla ricerca di uno scoop sensazionale...