Esplosione di colori

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Via di Villa San Filippo, 75, Roma.

Questo era l'indirizzo scritto a penna sul foglio che Simone stringeva tra le mani. Simone sapeva benissimo che quella via si trovava nel Quartiere Parioli, il suo quartiere, non molto lontano dalla casa in cui era cresciuto e da Villa Ada, parco che aveva sempre frequentato. Non poteva crederci che lui in tutta probabilità aveva sempre vissuto a pochissimi minuti a piedi da casa sua, che probabilmente lo aveva anche più volte incrociato per strada senza sapere chi fosse. Questo pensiero fece venire a Simone un brivido lungo tutta la sua schiena e gli fece rizzare i peli delle braccia. Aveva iniziato a cercarlo per davvero un paio di anni prima, quando il giorno della sua laurea all'Accademia di Belle Arti, nonostante fosse circondato di gente che lo amava, si sentiva lo stesso come se gli mancasse un pezzo.

Un paio di mesi prima Simone era riuscito a scoprire dove vivesse e si era precipitato a Roma presso quell'indirizzo. Quando suonò al campanello gli aprì la porta una donna che poteva avere al massimo 50 anni e quando al suo "Chi è lei?", Simone rispose "Sono Simone. Simone Balestra" la porta gli venne sonoramente chiusa in faccia, sprofondò nel punto più basso, buio e triste della sua mente.

Da quando aveva iniziato a cercarlo, Simone si era più volte ripetuto che forse stava meglio prima, che questa ricerca spasmodica di qualcuno che non voleva essere trovato stava solo peggiorando la sua già precaria autostima, il suo equilibrio con se stesso e la sua vita costruito con tanta fatica e tanti anni di terapia.

Ma nonostante gli innumerevoli successi scolastici e accademici che Simone aveva collezionato per dimostrare a se stesso e al mondo intero che lui ne valeva la pena, che voleva essere visto, si era reso conto di aver vissuto con un buco perenne in mezzo al petto.

E per questo aveva deciso di cercarlo e ora si trovava sul suo letto a fissare quel foglio, perché avrebbe tanto voluto dirgli "Stasera sono uscito e mi sono divertito proprio tanto. I complessi di inferiorità che mi hai causato lasciandomi li sto combattendo con tutto me stesso. Domani ho accettato un appuntamento con un ragazzo che sembra vedermi, vedermi per davvero e non come se io fossi un velo trasparente che disturba la visuale su qualcosa di più bello"

Simone si sentiva trasparente e alle volte tutto nero, senza contorni, ma non sapeva che presto qualcuno i suoi contorni li avrebbe ricomposti colorandone attentamente tutti gli spazi all'interno.

Così ripose il foglio sul comodino, spense la luce sopra la sua testa e si mise a dormire, finalmente, per la prima volta dopo tanto tempo, nell'attesa del domani.


Era davvero molto accattivante quest'idea per cui Manuel e Simone avessero stabilito il giorno prima di trovarsi davanti agli Uffizi alle 11 del giorno successivo senza avere i rispettivi numeri di telefono né alcun contatto social con cui potersi avvisare nel momento in cui uno dei due usciva di casa oppure nel malaugurato caso di un contrattempo che avrebbe portato con sé del ritardo o la cancellazione dell'appuntamento.

Prima dei cellulari la gente si dava appuntamento così e se qualcuno non poteva più venire, lo avresti saputo giorni dopo, mesi o addirittura mai. Come quel film su quei due ragazzi che si amavano, si sono dati appuntamento fuori da un cinema e, a causa di una di una manifestazione, non sono riusciti a incontrarsi perdendosi poi di vista per 30 anni.

Rifletteva tra sé e sé Manuel mentre cercava invano di sistemarsi i capelli davanti allo specchio in preda a un'agitazione che mai nei suoi svariati appuntamenti aveva provato.

Speriamo de non fa la stessa fine de Enea e Pietro di Nuovo Olimpo. Interessante sta cosa che non ci siamo scambiati i numeri, ma Simone lo vorrei proprio incontrà continuava a pensare Manuel mentre lisciava il maglioncino nero che aveva scelto per quella mattina.

Sindrome di StendhalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora