In my place

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Due mesi e mezzo dopo

Se a Simone, appena quattro mesi prima avessero detto che di lì a breve avrebbe visto il suo ragazzo e suo padre discutere di cinema e filosofia nel salotto dell'appartamento con cui conviveva da due mesi col suo ragazzo, avrebbe riso di gusto pensando fosse uno scherzo.

Manuel e Dante discutevano animatamente quando Simone rientrò in casa dal Centro di Restauro e si soffermò a sorridere tra se e se osservandoli.

Quando Simone aveva chiesto a Manuel di andare a vivere insieme, quest'ultimo fece passare con esattezza 48h prima di suonare alla sua porta, accompagnato da sua madre Anita e suo padre Nicola, con tutta la sua roba. Simone in quell'occasione conobbe i genitori di Manuel, mentre Anita sistemava tutto nella sua parte di armadio e Nicola aiutava Manuel nell'allestimento del nuovo laboratorio nella camera di fianco alla loro. Non si stupì, Simone, del fatto che Nicola e Anita fossero due persone educate, rispettose, empatiche, affettuose; in quei due mesi spesso ricevette loro telefonate o messaggi in cui gli chiedevano se stesse bene, se lui e Manuel avessero bisogno di una mano per qualsiasi cosa.

Simone aveva trovato un'altra piccola famiglia, si sentiva amato, voluto, considerato.

Nel mentre, Dante, dopo averlo aiutato con la denuncia, aveva mantenuto la promessa che gli aveva fatto: costruire il loro rapporto da zero.

Si vedevano spesso, parlavano molto, cenavano o pranzavano insieme, Simone gli raccontava la sua vita, Dante la sua, conobbe Manuel anche lui e i due scoprirono di avere molti interessi in comune. Anche Dante, insieme a Simone, sembrava star rinascendo.

Simone si soffermava spesso a pensare a quanto l'ingresso di Manuel nella sua vita avesse migliorato gradualmente ogni aspetto di essa, non riusciva a crederci alla quantità di cose belle che avrebbe rischiato di perdere se non lo avesse mai incontrato quel pomeriggio di mesi prima.
Si chiedeva spesso se il suo impatto, invece, nella vita di Manuel fosse stato altrettanto forte, se anche lui in qualche modo fosse mai stato in grado di ricambiare ciò che l'altro faceva per lui.

"Il fatto che tu non ti renda conto di ciò che fai per me, è uno dei motivi per cui mi sono innamorato di te. La luce che emani tu non la vedi perché la doni a me, io grazie a te guardo il mondo con colori diversi, ho nuove priorità, osservo le persone, mi curo di loro...di te. Non penso più solo a me stesso, non parlo più soltanto con la mia stessa testa, non te lo immagini nemmeno quanto sei speciale, Simo" gli aveva detto Manuel quando Simone gli aveva espresso i suoi dubbi.

Gli risuonavano spesso queste parole nella testa, ogni qual volta le sue insicurezze prendevano piede, ogni qual volta, nonostante suo padre si stesse impegnando per il loro rapporto, la sua paura dell'abbandono riprendeva piede e minava anche le certezze del suo rapporto con Manuel.

Era diventato forte, Simone, oppure lo era sempre stato e Manuel glielo aveva solo fatto notare.

"Ancora discutete di filosofia e cinema? A quale film è toccato sta volta?" chiese Simone mentre li raggiungeva in salotto dopo averli osservati dall'ingresso

"Ciao amore" si piegò per salutare Manuel con un bacio e poi abbracciò suo padre

"Questa volta è toccato a The Truman Show, un po' banali" rispose Manuel mentre da seduto cingeva il busto di Simone con entrambe le braccia, diventava particolarmente appiccicoso quando non si vedevano per una giornata intera e questa cosa Simone la trovava adorabile.

Si sedette con loro, passarono le ore a parlare, non più solo di cinema e filosofia, ma della loro giornata, del tempo, di idee. Dante si fermò a cena quella sera, su invito di entrambi.

E Simone era felice. Suo padre sorrideva e lui si sentiva felice. Manuel lo guadava sorridendo e lui si sentiva ancora più felice.

"Tra due giorni è il tuo compleanno" disse poi Dante con un sorriso, questa volta un po' meno splendente.

Sindrome di StendhalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora