capitolo 6

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Crescere significa anche imparare a mordersi la lingua in situazioni che potrebbero rivelarsi controproducenti, anche se si sa di avere ragione.

Proprio come avrebbe dovuto fare in quel momento Jacopo, con ancora gli occhi infuocati di Manuel e Simone che provavano in tutti i modi di incenerirlo, prima di buttare addosso a Greta tutte quelle accuse e parole decisamente pesanti.

Non che non avrebbero voluto farlo anche i due coniugi, che in un mese di convivenza con la ragazza, avevano sentito il desiderio gridarle addosso quelle quelle cose almeno una volta al giorno, ma, fortunatamente, hanno quasi sempre avuto la decenza di mandare giù quelle parole pungenti, sostituendole con il silenzio o con un semplice come ti pare.

Soprattutto, non avrebbero mai dato dell'ingrata a una quindicenne il giorno prima di un colloquio con l'assistente sociale, che avrebbe deciso il loro futuro insieme.

Erano rimasti immobili, senza riuscire a trovare le giuste parole per esprimersi in quel momento.

«Vattene.» disse Simone con voce ferma, glaciale, al suo gemello.

«Simò c'aveva bisogno de sentirselo dire.» replicò Jacopo, cercando di farlo ragionare.

«Tu non sai niente di quello che abbiamo passato in questo mese e, soprattutto, se ci devono togliere l'affidamento, vorrei che fosse per qualcosa che ho fatto io! O Manuel! Cazzo, è possibile che tu non lo capisca?» urlò Simone, furioso come poche volte nella sua vita.

Questa sua parte irascibile era stata sradicata da anni ormai, in adolescenza capitava spesso che avesse scatti di ira ma, andando in terapia, era riuscito a sostituirli con respiri profondi e un fortissimo autocontrollo, che gli permettevano di calmarsi all'istante.

Ora, invece, sembrava tornato al ragazzino che rispondeva ad ogni provocazione urlando, dimenandosi e infuriandosi. Soprattutto, con Jacopo non si era mai arrabbiato in quel modo, nonostante fossero molto diversi in alcuni aspetti del loro carattere, e per il gemello, vederlo in quello stato significava che fosse tornato ad avere un equilibrio pressoché precario nella sua vita.

E sapeva che non si sarebbe dovuto intromettere, ma vedere le due persone che amava di più nella sua vita stare così male lo distruggeva.

«Dai, Jaco, vai. Abbiamo bisogno de sta 'n po' da soli.» disse Manuel, invitandolo a lasciare il loro salotto.

Jacopo annuì, sentendosi improvvisamente in colpa per la situazione in cui li aveva buttati, senza sapere come uscirne.

Rimasti soli, Manuel e Simone si guardarono sconsolati, non sapendo davvero cosa fare o cosa dire. Andare a parlare con Greta non era nemmeno un'opzione, conoscendo le sue solite reazioni e risposte ai loro miseri tentativi di fare conversazione, quindi l'unica cosa che avrebbero potuto fare in quel momento era restare lì, aspettare il giorno dopo e prepararsi a dire addio alla possibilità di adottare ufficialmente un figlio, visto l'imminente fallimento dopo il colloquio con l'assistente sociale.

Si guardarono per istanti che sembravano infiniti, entrambi con gli occhi più tristi che avessero visto nel volto dell'altro. Manuel avvicinò la mano a quella di Simone, alla ricerca di un minimo contatto col marito.

Il corvino rispose al contatto rilassandosi, ma non ricambiando la stretta. Dopotutto, sapeva che chiudersi a riccio era il meccanismo di difesa dalle emozioni di Simone, anche se aveva imparato a lavorarci e lasciare che lo rendesse partecipe nei momenti più difficili.

Restarono così, uno di fianco all'altro sul divano, con la mano di Manuel ad accarezzare la sua, per ore, finendo anche per addormentarsi in quella posizione che si rivelò particolarmente scomoda per la loro schiena.

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