capitolo 9

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Riusciva a sentire il suo respiro, con il petto che si alzava e abbassava in maniera regolare e il sonno ancora profondo nonostante fossero ormai le 10:30 del mattino, Manuel, che ormai si era imbambolato a guardarla da ormai una buona mezz'oretta. Riusciva a vederla mentre sembrava così piccola, così indifesa, con i pensieri messi in stand-by e abbandonata tra braccia di Morfeo, che la stavano dolcemente cullando da così tante ore.

Si erano addormentati in quel divano, dove avevano condiviso un po' di confidenze riguardo le paure e i traumi della ragazza, che si era fatta coraggio e si era, per la prima volta, davvero fidata di loro, tanto da riuscire a parlargli di sua madre e della sua vita prima di essere lì, in quella casa.

Manuel, ormai, sentiva la schiena a pezzi per la posizione che aveva dovuto assumere per tutta la notte, per far sì che Greta e, soprattutto, Simone, stessero sdraiati e comodi. Il corvino, con le sue gambe chilometriche, prendeva metà del divano, e, nonostante Manuel avesse provato a spostarlo prima di addormentarsi, la mattina si ritrovò comunque con i suoi piedi a minacciarne il volto.

E infatti, quando sentirono il campanello di casa suonare, le gambe di Simone svettarono direttamente sul suo naso, colpendolo violentemente.

«Li mortacci tua, Simò!» esclamò Manuel, tenendosi il naso con la mano destra, cercando di diminuire il dolore lancinante che stava provando.

Simone sgranò gli occhi, non appena notò qualche macchia di sangue sulla maglietta bianca del marito, segno che gli aveva davvero fatto male.

Greta, ancora nel suo mondo, si svegliò del tutto quando sentì una goccia cadere nella sua guancia, che era ancora appoggiata al corpo di Manuel nel momento del colpo contro il suo naso.

«Ma che cazzo?» esclamò la ragazza, guardando la sua mano insanguinata. Alzò lo sguardo e notò Manuel con un colorito più pallido del solito, mentre dondolava privo di forze.

Fu rapido a cadere a terra, senza sensi, ma ancora più rapido fu Simone a catapultarsi su di lui per tenergli il capo con entrambe le mani.

«Greta, tiragli su le gambe!» le suggerì Simone e lei, spaventata dalla situazione, ubbidì immediatamente.

«D-dobbiamo chiamare il 118?» le tremò la voce.

Simone scosse il capo, troppo rilassato per i suoi gusti.

«È emofobico. Sviene ogni singola volta che vede un po' di sangue, anche se non vuole ammettere che ne è terrorizzato» spiegò il corvino, permettendo finalmente alla ragazza di respirare.

«Ma si riprenderà, vero?»

Non appena pronunciò quelle parole, Manuel aprì di nuovo gli occhi e tornò a respirare con regolarità, alzandosi leggermente mentre si massaggiava la fronte.

In contemporanea, però, la serratura della porta scattò e Jacopo fece il suo ingresso nell'appartamento, sgranando gli occhi alla vista del cognato steso sul pavimento.

«Greta, nun so che gl'hai fatto ma sicuro se lo meritava» esclamò Jacopo, facendola scoppiare a ridere.

Simone, d'altro canto, si alzò per andare a prendere una garza sterile e dell'acqua ossigenata per disinfettare il naso di Manuel, sentendosi immensamente in colpa per quell'incidente.

«Guarda, in realtà è stato tu fratello. Quel coglione m'ha dato 'na piedata in faccia e m'ha spaccato il naso. Vero Simò?» disse Manuel infastidito, ma soprattutto, dolorante.

Jacopo scoppiò a ridere, trovando assolutamente assurda tutta la situazione in cui si trovava.

Simone tornò e iniziò a disinfettare il suo naso, con movimenti delicati e tutta la solita premura che gli ha sempre riservato in questi anni. Nonostante qualche smorfia e gemito di dolore, riuscì a finire abbastanza in fretta, buttandosi successivamente tra le sue braccia e mormorando dei mi dispiace Manu, non volevo e dei ti fa tanto male? Vuoi andare al pronto soccorso? che fecero sciogliere Manuel come gelatina. Gli occhioni e il tono dolce di Simone sono sempre stati la sua più grande debolezza, per questo motivo non riuscì a restare arrabbiato con lui per più di qualche secondo, ricambiando il suo abbraccio con un bacio sulle labbra.

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