16- Il mio tormento pt. 2

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È bello vedere come i bambini si divertano con poco. La loro risata è contagiosa e riempie tutta la spiaggia.

Sono rannicchiata in un angolino. Stringo le gambe al petto e mi perdo nella dolcezza di Gabriel, don Miguel, vestito di nero e con i capelli perennemente scombinati, intento a suonare con la chitarra una delle sue adorabili melodie. Io vedo lui, ma in realtà più che lui, davanti a me ci siamo noi... quel bacio mi tormenta. È stato così vero. Come può pentirsene? Lui mi ha baciata con quasi il desiderio di farlo, il bisogno. Non voglio credere che mi abbia usata per colmare quel vuoto che crea l'assenza di una donna.

Vengo distratta dall'arrivo di Carmen. Richiama a voce alta tutti noi così da poterla raggiungere per sederci a tavolino. Ha appena portato almeno 5 cartoni di pizze da mezzo metro e il mio stomaco si sta aprendo. Mi siedo e non mi sfugge affatto come Gabriel, con la scusa di aiutare Carmen, finisca per cambiare posto, allontanandosi da me. Vorrei dire che mi sento quasi sollevata, ma la verità è che ora come ora fatico a mantenere il mio sorriso. Questa sensazione non mi piace, voglio riaverlo ad un palmo dalle mie labbra.

Il mio sguardo affilato lo raggiunge e quando se ne rende conto abbassa di poco la testa, fingendo che non stia accadendo nulla. Storcio le labbra e penso a qualcosa da fare, alla fine, come se neanche ci avessi pensato, mi dirigo verso il suo corpo e mi ci fermo esattamente dinanzi. Sorrido.
«Allora?» porto le mie braccia dietro la schiena e dondolo sul posto, mentre i miei occhi si fanno più grandi.

«Allora cosa?» domanda senza mostrare alcun interesse.

«Allora dopo ci andiamo a fare un giretto?» sbuffa, roteando gli occhi. Lo guardo un po' male, ma non mi arrendo «Non ti va? io e te, soli soletti... il mare, le stelle... potremmo fare scintille» sussurro al suo orecchio, col chiaro intento di voler suscitare in lui una qualche reazione.

«Cavolo!» sussulta. Avvicino le sopracciglia per capire a cosa stia alludendo, ma dopo qualche seconda la risposta mi arriva dritta in faccia. Faccio qualche passo indietro, strizzando gli occhi per non farci entrare l'acqua che mi ha appena lanciato addosso.
Bastardo. «Vuoi una mano?» chiede serio, cercando con tutto se stesso di contenere il suo sorrisino sadico.

«Fanculo Gabriel.» ringhio fra i denti, tornandomene al posto. Carmen mi osserva, ma non sembra aver capito bene quel che è appena successo. Come darle contro... non l'ho capito neanche io. Voglio dire... perché ora fa il difficile? Cerca di copiare me? Sta forse tentando di vendicarsi per tutte le volte che l'ho trattato male?

Durante la cena, gli sguardi fieri di Gabriel non mancano mai e mi mandano in bestia. Mi ha ignorata per tutto il tempo ed ora non fa altro che controllarmi. Non lo sopporto.

Una volta finito di mangiare mi alzo e da sola raggiungo il falò; tiro fuori il mio diario rosso. Comincio a strappare pagina dopo pagina tutto quello che è successo anni fa. So che dentro me resterà marchiato a vita, ma almeno non ci sono prove; posso dire di aver immaginato tutto.

Nei miei occhi, il riflesso delle fiamme.

Un rumore improvviso mi fa voltare di colpo.
«Gabriel...» lo chiamo a voce bassa.

«Si... sono venuto a prendere la chitarra. Si è fatto tardi» mi volta le spalle, ma questo suo gesto sfrontato non fa altro che accendere in me altra rabbia.

«Beh? Pensi che ignorarmi possa bastare a cancellare quel bacio?» butto fuori, quasi urlando. «Hai davvero un bel modo di affrontare le cose» lo seguo facendo grandi falcate. «Falso. Sei solo un falso, ipocrita.» a questo punto si gira di scatto, obbligandomi a fare un passo indietro. Mi guarda, ma non apre bocca. «Cosa c'è? Hai una gran bella faccia tosta. Vuoi prendere a pugni anche me? Hai un altro bicchiere da svuotare? Sei bravo solo con le parole.»

«Devi starmi lontano»

«Perché?» faccio un mezzo passo verso di lui «io pensavo di poter contare su di te. Pensavo che noi due fossimo amici.» urlo, scazzottando il suo petto, fin quando non mi ferma e stringe senza contegno i miei polsi piccoli «Perché?»

«Perché tu mi mandi in confusione» sibila, puntando nei miei occhi lucidi «Sei pericolosa.»

«Cosa... significa?»

«Che se tra 5 secondi non vai via
non avrò alcun rispetto per te...
né per i tuoi vestiti.»

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