Capitolo 10

20 2 0
                                    

Alessandro non sentiva Oscar da giorni e, nonostante tutte le sere fosse passato da lui, non era riuscito neppure a vederlo. Stava cominciando a preoccuparsi, in tanti anni non era mai capitato visto che in un modo o nell'altro ogni giorno avveniva un contatto. Decise che ci avrebbe riprovato quel giovedì, il giorno in cui l'amico si tratteneva molto di più dovendo preparare le attività per il catechismo e le riflessioni per il corso di preparazione al matrimonio. Così, appena uscito dal lavoro andò dritto al bar, si fece fare due spritz da portar via, comprò delle patatine e si avviò alla chiesa. Lungo il tragitto chiamò Cristina che miracolosamente gli rispose subito.
<Pronto?>
<Amore ciao..come va li?>
<Va..mamma sta coccolando i bambini, io lavoro nello studio di papà. Ci hanno invitati a cena, ma ho declinato.>
<Non hai voglia?>
<No, vorrei starmene un pò a casa anche se non ho voglia di cucinare..>
<Nessun problema ordiniamo..oppure se non sei stanca, andiamo fuori. Lasciamo i bambini dai tuoi, e ci facciamo una cena io e te..>
Cristina sorrise, le sarebbe piaciuto molto ma era esausta.
<Mi piacerebbe ma non mi reggo in piedi amore...magari possiamo farlo domani. Mi sono presa un giorno..>
<E domani sia. Senti passo da Oscar, voglio assicurarmi che sia vivo, poi passo a prendere la cena. Di che hai voglia?>
<Pizza amore..tanta, tanta pizza.>
Alessandro rise.
<Va bene..> le rispose ridendo. <Ci penso io, per le 20 sarò a casa..>
<Ok...senti ma, credi che abbia qualche problema?>
<Oscar?>
<Mh..>
<Non lo so, però si sta comportando in modo strano..>
<Ma non lo hai sentito per nulla in questi giorni?>
<Poco Cri, e praticamente solo per messaggio. Non so...eppure fino a domenica mattina era tranquillo, deve essere successo qualcosa dopo.>
<Vedrai che riuscirai a capirlo, gli capitano questi momenti di tanto in tanto.>
<Lo so...Va bene, sono arrivato. Ci vediamo a casa mi amor.> le disse mentre le mandava un bacio.
<A dopo, ti amo.>
Alessandro chiuse la chiamata, parcheggiò nel primo posto utile, prese drink e patatine e scese. Entrò in chiesa tranquillo, fischiettando e percorrendo la navata centrale con calma: ogni volta che lo faceva, si ricordava del giorno in cui aveva sposato Cristina, e di come il fiato gli si fosse mozzato appena l'aveva vista. Il solito sorriso gli spuntò sul viso: amava da morire sua moglie, era la donna della sua vita anche se ci aveva messo un tantino a capirlo.
Lui, lei e Oscar avevano frequentato medie e superiori insieme ma per un motivo o per l'altro fino agli ultimi anni di liceo non avevano legato molto. Alessandro poi era un tipo particolare, per essere gentili: mai la stessa, o se capitava mai per troppo tempo. Cristina dal canto suo era molto seria, sempre concentrata sullo studio dava poca confidenza ai ragazzi della classe, preferendo due o tre ragazze con cui aveva più o meno stretto un rapporto. Era estremamente riservata, a differenza di chi sbandierava conquiste e appendeva manifesti non appena riusciva a baciare o portarsi a letto qualcuna. Si era avvicinata a Oscar durante il quarto anno, ma a volte faceva fatica a passarci del tempo dal momento che Alessandro, che non si staccava mai dall'amico, aveva l'abitudine di infastidirla per divertimento. L'avevano persa di vista alle superiori, lei era scappata a Roma per studiare giurisprudenza e col tempo l'uomo si era scoperto a pensarla di tanto in tanto. La incontrarono la prima sera di libertà di Oscar, che aveva finito il seminario ed era tornato a casa: Alessandro lo aveva portato fuori a festeggiare e, mentre se ne stavano al bancone dell'unico locale decente del borgo, l'aveva vista. Se ne stava poco lontana da loro, seduta a uno dei tavolini che costeggiavano la piccola pista affollata di ragazzi: le strobo la illuminavano a tratti, mentre rideva, beveva o si spostava i capelli. Oscar ci mise un secondo a capire chi stesse fissando l'amico con tanta insistenza e, per spingerlo a fare un passo avanti dal momento che parlava tanto di volerla vedere, aveva scommesso con lui che se fosse riuscito a parlarle e a ballarci per almeno un minuto si sarebbe tatuato una croce. Alessandro accettò subito, ci mise del tempo a convincerla a ballare, ma quando riuscì prese a gongolare come un matto mentre la portava per mano in mezzo alla pista. Qualcosa però andò storto, Oscar la vide andare via arrabbiata e non ebbe sul momento nessun tipo di spiegazione del perchè. Tempo dopo ci aveva riprovato, incapace di smettere di pensarla si era arreso; era diventata ancora più bella, il tempo sembrava averne ingentilito i tratti e ingrossato i seni tanto da spingerlo a insistere. Uscirono per molto tempo, fino a che non decisero di mettersi insieme. Erano andati a convivere da poco, quando una dubbiosa Cristina aveva acquistato per scrupolo un test di gravidanza che si era rivelato positivo. La prima cosa che aveva fatto, mentre lei continuava a chiedergli cosa avrebbero fatto e che idee avesse, era stata staccare da una bottiglia l'anellino di plastica del tappo, inginocchiarsi e chiederla in moglie. Il resto poi, era storia. Riprese a camminare, sotto lo sguardo arcigno di Don Vincenzo che poco aveva gradito il fatto che si stesse camminando nella sua chiesa con dei drink in mano, fino alla porta dello studio. Oscar aveva acceso la musica, tese l'orecchio per capire visto che a seconda del brano poteva capirne l'umore: quando udì le prime note di stella di mare ebbe un sussulto: non si era sbagliato, al suo amico era successo decisamente qualcosa. Bussò un paio di volte e attese.
<Si?>
<Oscaruccio..mi amor, sono io...>
Oscar guardò la porta, prese un bel respiro e mise giù la penna.
<Vieni..>
Alessandro entrò baldanzoso, chiuse subito la porta e appoggiò drink e cibarie sul bordo della scrivania stando attento a non farne cadere neppure una goccia, poi si sedette accavallando le gambe.
<Ho portato ostie e acquasanta.> gli disse mentre prendeva le sigarette dalla tasca, rigirandosi il pacchetto tra le mani.
Nessuna reazione, normalmente avrebbe riso di una frase come quella, sebbene fosse leggermente blasfema.
<Grazie..> gli rispose mentre si stiracchiava, facendo scricchiolare leggermente la poltrona.
<Figurati..allora? Che mi racconti? Sei sparito...> gli disse mentre gli allungava lo spritz ancora miracolosamente freddo, prima di aprire le patatine.
<Si, scusa. Ho avuto qualche impiccio, ma nulla di grave.>
Oscar bevve un sorso, poi prese dal primo cassetto della scrivania un fazzoletto e ci appoggiò sopra il bicchiere: odiava i cerchi che si formavano sui mobili per via della condensa, e a quella scrivania teneva molto.
<Qualche impiccio tipo?> gli chiese Alessandro mentre beveva a sua volta.
<Le solite cose...>
<Oscar..da quanto ci conosciamo...>
<Ogni volta mi fai la stessa domanda, ci tieni proprio a farmi sentire vecchio..>
<Beh, altrimenti mi ci sento solo io.>
<Mi sembra giusto...da tanto comunque..>
<Eh..quindi so riconoscere la tua faccia preoccupata, e ogni grado correlato..>
<Grado?>
<Una scala..>
<E adesso a quanto è..>
Alessandro lo osservò bene, mentre prendeva una patatina. Non era un uno, ma nemmeno un dieci; a una prima occhiata gli sembrò fosse una dignitosa via di mezzo. Non era quella di quando per sbaglio avevano rotto la canna da pesca del padre, quella era da tre decisamente, ma nemmeno quella della volta in cui lo aveva raggiunto nel panico perchè convinto di aver messo incinta l'unica fidanzata che avesse mai avuto; quella era stata decisamente da dieci.
<Direi sette e mezzo.>
<Addirittura?>
<Hai la ruga, ti sei tormentato le labbra, e fumato quante... tre sigarette in mezz'ora?>
<Quattro.>
<Ecco, pure peggio.> gli disse bevendo un altro sorso. <Tu fai così quando ti capita qualcosa di grosso, anche se non riguarda Don Vincenzo altrimenti non saresti sparito per quattro giorni.>
<Non sono sparito, ti ho scritto.>
<Si, e quando ti chiamavo sembrava che ti fosse franato addosso il crocifisso. E l'ho visto prima, è ancora in piedi.>
Oscar annuì, bevve ancora e si accese la quinta sigaretta della sera senza però aspirare.
<Grazie a Dio, lo abbiamo ricollocato da nemmeno un mese.>
<Oscar..>
<Che vuoi che ti dica?>
<Cos'hai per cominciare.T'ho visto al matrimonio domenica ed eri in forma. Si può sapere che accidenti è successo dopo mh?>
Marchisella lo guardò, prima di fare l'ennesimo tiro: si sentiva in colpa per non averli detto nulla, Alessandro era come un fratello per lui, e la decisione di andare ad Lucio era stata dettata solo dal bisogno del parere di qualcuno che, seppur non totalmente, aveva condiviso il suo stesso percorso. Non poteva dirglielo, non li con Don Vincenzo e il suo udito da pipistrello in zona. Rimandare ancora un poco per lui sarebbe stata decisamente la cosa giusta, ora non gli restava altro da fare che inventarsi una scusa abbastanza plausibile da tenerlo tranquillo poi domani lo avrebbe chiamato per invitarlo sabato per una bevuta a casa sua, lontano da orecchi indiscreti.
Mangiò una patatina, bevve ancora un sorso, poi si decise:avrebbe improvvisato.
<Domenica dopo la messa ho ricevuto una visita...>
<Di chi?>
<Nientemeno che la testimone della sposa...>
<Ma chi? La bionda rifatta..>
<Bionda era bionda, sul rifatto non...>
<Giusto, ho io l'occhio clinico per certe cose.> gli disse arricciando le labbra, bevendo ancora. <Va avanti..>
<Niente è venuta qui, sembrava turbata. Le ho chiesto cosa avesse, e lei se ne esce con la più classica delle storie..>
<Che st...no..non ci credo!!! Si è fatta lo sposo, e se ne è innamorata?!?>
<Sul fatta ci siamo, anche se io avrei usato un termine diverso, e pure sull'amore ma non parliamo dello sposo...>
<E di chi scusa?>
Oscar rimase in silenzio a guardarlo, senza smettere nemmeno quando spense la sigaretta.
<Eh..>
<No..della sposa??>
<Bingo!>
Il sacerdote aveva fatto bene i suoi calcoli, conosceva troppo bene l'amico per non sapere che ci sarebbe cascato e che in quel modo ne avrebbe distolto l'attenzione. Lo guardò mentre rideva, e anche questo lo aveva previsto così come le domande che gli fece dopo.
<Hai la calamita, tutte a te capitano!> gli disse continuando a ridere. <Ma scusa, quindi tu sei in clausura per questo??>
<Si..>
<Perchè?? Io sarei morto dal ridere, ci avrei pensato un giorno o due poi avrei lasciato perdere.>
<Ale dovevi vederla..era disperata, non so forse pensava che sarebbe capitato il miracolo, che lei avrebbe cambiato idea.>
<Beh lei ha sposato l'uomo con cui stava da quanto..dieci anni?>
<Dodici..>
<Eh, non è poco. E magari la cosa è successa all'addio al nubilato, erano ubriache e non ci ha dato peso.>
<Ale, lei mi ha parlato di amore, non ci si innamora dopo una notte di sesso dai.>
<Oh si, invece succede.>
<Parli di Mira?>
<Eh..>
<Io ero già cotto di lei, e non ero fidanzato da anni e prossimo alle nozze.>
<E chi ti dice che pure lei non fosse cotta da secoli?>
<Nessuno..ma la cosa mi ha comunque scombussolato, fatto riflettere sai..>
<Su?>
<Sul fatto che a volte basta un nulla per destabilizzare una persona, e farle venire il dubbio che le certezze che aveva forse non erano così giuste..>
<Come sei profondo stasera, t'ha colpito sul serio..>
<Mh mh...io credo che quello che è capitato sia stata solo la goccia, che tra loro ci fosse già qualcosa almeno da parte della ragazza, anche se forse non se ne era accorta..>
<O semplicemente lo sapeva ed non voleva ammetterlo. Pensa a me e Cristina...se tu non mi avessi spinto chissà. E comunque, è stata stupida lei..>
<Perchè..>
<Avrebbe potuto rischiare se già provava qualcosa, essere chiara anche a costo di mettere in bilico l'amicizia che a quel punto era comunque a senso unico, visto che lei era innamorata no?>
<Hai ragione..>
<Chiarezza, Oscar. Mal che vada incasini un pochino le cose, ma almeno ti liberi di un peso.> gli disse Alessandro, dando una rapida occhiata all'orologio. Bevve tutto d'un fiato quello che restava del drink e buttò il bicchiere vuoto nel cestino. <Devo andare, pizza a cena, ti unisci?>
Guardò il lavoro fatto fino a quel momento, i documenti inerenti al corso pre matrimoniale erano pronti e per quanto riguardava le attività del catechismo avrebbe potuto completare tutto il mattino successivo.
<Molto volentieri.> gli rispose mentre finiva lo spritz e buttava il bicchiere. Spense velocemente il pc, mise tutti i fogli in due cartellini separate che ripose nello schedario, si alzò e spense la luce dell'abatjour che teneva a destra. Si stiracchiò bene, prese chiavi, telefono e sigarette e girò intorno alla scrivania. Diede una pacca sulla spalla al suo amico, che non poteva sapere di aver centrato il punto senza conoscere i fatti dandogli un ottimo consiglio, e gli baciò la guancia.
<Andiamo..> gli disse sorridendo, mentre lo guidava fuori chiudendo a chiave la porta dello studio.
Fuori dalla chiesa, dentro alla smart, una nervosa Anna continuava a fissare la porta della chiesa indecisa sul da farsi: si sentiva una pazza, la sensazione non le piaceva.
<Ma che sto facendo...> si disse prima di accendere la macchina e partire. Aveva detto una settimana, era uscita dallo studio con l'intenzione di andare parlarci ma arrivata li, le era mancato il coraggio. Mentre tornava a casa, si disse che avrebbe riprovato, che non poteva andare avanti così e che a costo di chiudere il loro rapporto sarebbe tornata a cercarlo la sera successiva.

OcchiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora