VIII: No more stars

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Sgranai gli occhi a quelle sue parole, il mio cuore batteva a mille. Non poteva averlo detto per davvero.

«Muzan, io...»

Abbassai lo sguardo sospirando.

«...mi dispiace, ma non posso accettare»

Il suo sguardo si fece più serio, tornò ad avere sue occhi freddi.

«E perché no?»

«Rinnegherei la mia famiglia facendo così. É grazie a loro se ho avuto una seconda vita»

«Perché ti preoccupi di questo? Loro sono morti, non hanno più importanza»

Sentì un brivido correre lungo la schiena a quelle parole. Lo guardai negli occhi, cercando di trovare un barlume di comprensione. Ma tutto ciò che potevo vedere era il freddo distaccato, di un essere antico e implacabile.

«Tu non capisci, la mia famiglia, anche se non è più viva ha formato chi sono. Mi hanno insegnato cosa significa amare, perdonare, lottare per gli altri. Non posso abbandonare tutto questo. Non posso abbandonare loro...»

Muzan strinse i pugni, il suo volto si contorse in un'espressione di rabbia controllata.

«Sei debole, Tsuki. Lasciare che i ricordi dei morti influenzino le tue decisioni è ridicolo. Io ti sto offrendo l'immortalità, la potenza. Non capisci quanto sia prezioso?»

Scossi la testa, per poi alzarmi in piedi.

«Mi dispiace, ma io ho un'altro pensiero su questo»

«Tanto sai che non hai scelta, prima o poi lo diventerai, crederai»

«No, mai!»

Dissi con determinazione. Muzan si alzò anche lui ridacchiando.

«Oh, ma davvero? E come farai?»

Strinsi i pugni guardandolo fisso negli occhi. Poi distolsi lo sguardo, guardando sotto il tetto. In quel momento capì che quella sarebbe stata l'opportunità giusta per scappare. E così feci...

Corsi verso il bordo del tetto e mi calai velocemente giù, iniziando a correre nel bosco più in fretta che potevo.

«HEY DOVE DIAMINE VAI?!»

Il mio cuore batteva all'impazzata mentre correvo attraverso il boschetto, i rami e le foglie si agitavano al mio passaggio. Ogni respiro sembrava bruciare nei miei polmoni, ma non potevo fermarmi. Dovevo allontanarmi da Muzan e trovarne un modo per scappare.

Le due parole risuonavano nella mia mente, minacciose e inquietanti. Sapevo che non sarebbe stato facile sfuggirgli, ma non potevo permettermi di arrendermi. Non ora.

Sentì un rumore dietro di me, il suono inconfondibile dei passi rapidi di Muzan che si avvicinava. Aumentai la velocità, cercando di non pensare alla paura che mi stava lentamente divorando.

Mi guardai attorno cercando un nascondiglio, gli alberi offrivano una parziale copertura, ma sapevo che non sarebbe stato sufficiente. Dovevo trovare uh luogo sicuro, un rifugio dove non mi avrebbe potuta raggiungere.

Improvvisamente, intravidi una luce in lontananza. Una piccola capanna di legno, nascosta tra gli alberi. Senza esitazione iniziai a dirigermi verso essa, sperando che fosse vuoto e che potesse offrirmi un po' di riparo.

Ma proprio in quel momento, qualcuno mi afferrò da dietro tirandomi violentemente via. Era Muzan, che mi guardava con sguardo completamente vuoto, la luce sui suoi occhi si era completamente spenta.

«Cosa credevi di fare? Scappare da me?!»

Disse con tono minaccioso, iniziando ad avvicinarsi lentamente verso di me. Io tremavo dalla paura, fissavo senza mai distogliere lo sguardo i suoi occhi.

«Stavo iniziando a farmi una buona idea su di te, ma a quanto pare sei la copia sbiadita di Ubuyashiki. Per questo meriti la morte, proprio come quel maledetto»

Mi prese dal mio kimono, tirandomi sù.

«Ma sai qual è la differenza? È che non ti farò fare una morte breve, ma ben si lunga e dolorosa»

La sua voce era piena di inquietante sadismo, ero terrorizzata, mi avrebbe davvero lasciata morire? Le lacrime iniziarono a scorrere sul mio viso, mentre in uno schiocco di dita ci ritrovammo nella mia stanza.

Mi scaraventò a terra, facendomi sbattere la testa contro il comodino. Muzan mi guardò con sguardo pieno di odio e disprezzo.

Batté due volte le mani, barricando l'unica finestra che c'era lasciando solo il buio nella camera. Singhiozzai per colpa delle lacrime.

«Perché mi fai questo? Perché?!»

Ci furono qualche secondo di silenzio prima che lui rispose.

«Perché ad ogni risposta e azione, comporta una punizione»

Detto questo si voltò uscendo dalla stanza. La porta su chiuse di botto lasciandomi dasola immersa nelle mie lacrime.

Il dolore mi stava prosciugando lentamente. Mi sentivo una stupida per il gesto che avevo fatto, ma come biasimarmi? A quella proposta mi ero veramente spaventata, perché sapevo appunto come avrebbe reagito al mio "no".

Mi alzai da terra e corsi verso la porta, iniziando a sbattere i con forza e costanza. Gridavo dalla disperazione, volevo uscire dal quel posto così buio. Le mie preghiere non servirono a nulla, nessuno venne ad aprire la porta, ero completamente... Sola.

***

You are my Angel [Fanfiction]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora