Capitolo 14: troppo perfetto per essere reale

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Il sole è alto nel cielo, oggi Fiammetta non mi ha svegliata? Mi giro su me stessa, ancora gli occhi chiusi e assonnati, la cerco con il palmo della mano, ma di lei nessuna traccia.

Mi vesto e mi preparo, esco dalla mia camera per dirigermi in giardino. Noto che tutte le porte delle stanze in corridoio sono spalancate, le camere vuote, come il giardino soleggiato. Privo di alcuna traccia umana.

Mi do un pizzicotto sulla guancia. Sono per caso in un sogno? Che è successo ai miei amici?

Torno dentro e li cerco anche nel salotto, non c'è nessuno. Solo una camera ha la porta chiusa però, quella di Panfilo e Filostrato.

Busso, non mi importa di svegliarli. Non ho la minima idea di dove siano i miei amici e non posso dire di essere serena.

Nessuno risponde. Busso più forte, niente.

<<Panfilo! Filostrato!>>

Spalanco la porta; Panfilo è seduto sul letto e si strofina le palpebre. Di Filostrato nessuna traccia.

<<Chi diamine è?!>> Sbraita. Ma non poteva rispondermi prima?!

Noto solo ora che è a malapena coperto dal lenzuolo. Il petto nudo, il mio sguardo percorre il tuo torace, il corpo dai fianchi in giù è coperto.

Che idiota che sono, mi avrebbero dovuta chiamare imbecille.

<<Emilia, che ci fai qui?>> Chiede stordito.

<<I nostri amici sono scomparsi, e dovresti seriamente vestirti, Panfilo.>>

<<Che vuol dire che i nostri amici sono scomparsi?>>

<<Vestiti e vieni a vedere con i tuoi occhi!>>

<<Qui davanti a te?>> Alza un sopracciglio confuso.

<<Assolutamente no idiota.>> Giro i tacchi e mi sbatto la porta della sua stanza alle mie spalle.

Sbircio un'ultima volta il corridoio, nessun rumore, nessuna persona. La porta si apre dietro di me, Panfilo indossa una camicia larga bianca con una veste verde bosco al di sopra. Dei pantaloni dello stesso colore. I capelli corti e castani gli sfiorano la fronte, le iridi chiare mi guardano incuriosite.

Lascia la porta della sua camera spalancata. Vedo un rettangolo colorato sul suo comodino, con due figure immerse nel verde. Sembrano un uomo e una donna, un ritratto di una coppia. Forse sono i genitori i Panfilo.

O forse è... quel quadro. Quel ritratto. Quel dipinto. Quel disegno fatto da Filostrato, che ci ha raffigurati vicinissimi l'uno all'altra, felici e spensierati. Perché lo tiene sul comodino?!

La porta si chiude producendo un boato assurdo. Panfilo tira velocemente il pomello dorato. Mi fissa serio. Forse non dovevo vedere che porta il nostro quadro accanto al letto.

<<Dicevo... i nostri amici non ci sono più.>> Rompo il silenzio assordante e sopratutto imbarazzante che si era creato.

Panfilo storce il naso e controlla le stanze del corridoio, il bagno, la vasca da bagno, il salotto, il giardino e perfino l'entrata; io lo seguo a ruota, anche mentre controlla sotto i letti.

<<Pensi davvero che otto persone possano essere per qualche bizzarro motivo sotto i letti?>>

<<Non si sa mai.>> Mi risponde concentrato.

Ritorna in giardino, si mette le mani sui fianchi e contempla tutta la campagna.

<<Non ho idea di dove siano>> si arrende. E' davvero buffo in questo momento. Ridacchio, anche se la mia è più una risata nervosa che divertita.

Ten damn days ( il Decameron )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora