Capitolo 17: azione e reazione, soffrire e vendicarsi

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Io e Panfilo siamo seduti sul solito telo, sotto al solito albero, con i soliti libri e il solito silenzio, che oggi è ancora più presente, e non solo tra noi due. Sembra che il bosco si sia fermato, spento; come se ogni animale si fosse bloccato, come se anche il vento abbia deciso di soffiare a malapena per non fare rumore. Sento solo Lorenzo, con la sua chioma bianca che a volte nitrisce, una corda lo tiene legato alla fontana di pietra in un angolo del giardino.

I nostri amici sono tutti zitti, seduti o sui tronchi o sul prato prendono il sole con gli occhi chiusi, solo Fiammetta si muove per bagnare dei panni con acqua il più fredda possibile, per poi poggiarli sul collo di Pampinea.

Neifile decide di rompere il silenzio, vuole cambiare argomento, voltare pagina, metterci una pietra sopra.

<<Pampinea, chi sarà la regina o il re di oggi?>> Chiede delicatamente. 

La ragazza dalla folta chioma rossa si mette in piedi, alliscia il suo vestito e si dirige all'entrata principale. Io e Panfilo alziamo gli occhi dalle pagine simultaneamente, ci alziamo da terra nello stesso istante per correre dietro Pampinea, come due guardie del corpo. Dietro di noi Fiammetta marcia con gli occhi aperti in una minuscola fessura.

La ragazza riccia arriva da Dioneo, che non si è mosso da quando Panfilo lo ha mollato a terra come un frutto marcio, lo chiama e questo solleva a stento la testa.

<<Ti do l'onore di scegliere il tema per oggi>> non lo guarda nemmeno, vorrebbe ma non ci riesce.

<<Quindi sono il re>> ridacchia lui, gettando il capo in basso e sfoderando un ghigno fastidioso; vorrei davvero far in modo che quel sorrisetto arrogante diventi privo di qualsiasi dente. 

<<Scommetto che se ti do un altro calcio potresti diventare regina.>> Sentenzio io a denti stretti.

<<Sarebbe al quanto eccitante, non pensi anche tu, Emilia?>>

Dioneo: lussurioso, da Dione, madre di Venere, regina della lussuria. Dovrebbero consegnare un premio a chiunque gli abbia assegnato questo nome.

Non mi rendo conto che Panfilo lo tiene di nuovo sollevato in aria.

<<Oh non di nuovo>> lo prega il ragazzo dagli occhi blu.

<<Prova a fare altri pensieri da pervertito sulla mia donna o sulle sue amiche e ti faccio dimenticare il tuo nome a pugni. Decidi il dannatissimo tema per oggi il più in fretta possibile e poi incomincia a correre, ad allontanarti da noi così velocemente che spiccherai il volo; perché se mai dovessi rivedere la tua faccia da pazzo non starei fermo con le mani in tasca.>>

La sua donna? La sua che? Un brivido mi scuote e un sorrisetto mi compare sul viso.

<<Va bene, va bene... voglio che raccontiate delle storie che girano intorno alle beffe, tradimenti e dispetti. Per paura, per amore o per noia. E' tutto, a voi le storie.>>

Panfilo lo molla bruscamente e lo fulmina con lo sguardo. << Corri.>>

Dioneo si alza da terra, sorride anche se un pizzico di timore lo avvolge. Vuol farci credere di non essere minimamente intimorito, quindi mette le mani in tasca e cammina, ma tutti notiamo come lo fa velocemente, fugge e ride, quasi si diverte. Spero di non vederlo mai più. 

Pampinea si volta e va a sedersi su uno dei tronchi, poggia i gomiti sulle ginocchia e sbarra le palpebre. Non mi perdonerò mai di non averla pressata, avrei dovuto chiederle cosa non andava tra lei e Dioneo, avrei dovuto stressarla fino a farle confessare tutto. 

Non ho il coraggio di sedermi vicino a lei, mi siedo nel tronco accanto, sono una codarda e una stupida.

Tutti prendono posto e tacciono per qualche secondo, mortificati, schifati, ancora sconvolti.

Ten damn days ( il Decameron )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora