Sono stesa sul solito telo, accanto al solito albero; Panfilo mi imita a pochi centimetri da me, sbircio sulla sua copia de "L'Inferno" e noto che stiamo leggendo entrambi lo stesso canto, quello che io so a memoria. Il XII canto, nel cerchio dei violenti e degli assassini, il settimo per essere precisi.
Delle dita incontrano le mie, Panfilo mi fissa con dolcezza e accarezza il dorso della mia mano con il suo pollice. Avvicina lentamente il viso vicino al mio, senza mai interrompere il nostro sguardo, senza staccare le sue iridi da me, che intanto mi sento come se mi stessero sbriciolando in mille pezzettini, per poi farmi volare via, portata dal vento.
Le labbra di Panfilo incontrano le mie e chiudo gli occhi beandomi della sensazione che aspettavo con pazienza. Quando si separa da me e schiudo le palpebre, tutte le farfalle che sentivo nello stomaco sembrano marcire improvvisamente. Il volto di Gianluca Carnesecchi mi fa bruciare ogni parte del corpo, che formicola come se stessi per crollare a terra.
Il suo volto scavato, mangiato dalla peste mi terrorizza; le sue occhiaie profonde, i suoi zigomi sporgenti e le sue rughe accentuate. 'ho baciato...lui?'
Sorride, un gesto solitamente allegro e spontaneo appare orribile sul suo volto spento, privo di energie e di vitalità.
Un rivolo di sangue gli cola dalla bocca. Cosa sta succedendo? Era morto, lo giuro! L'abbiamo bruciato, l'abbiamo sotterrato, non me lo sono inventato.
Urlo davanti a lui, ma non sento nulla, solo un lungo e forte capogiro.
Il buio totale e poi... la luce una candela.
Fiammetta è seduta accanto a me e mi culla tra le sue braccia.
<<Era solo un brutto sogno, shhhh.>> Mi conforta accarezzandomi la testa.
Sospiro, era tutto così verosimile, ma allo stesso tempo irreale.
<<Scusa Fiammetta. Ti ho svegliata?>> Le chiedo una volta ripresa dalla mia disperazione, ho il volto rigato di lacrime e me ne rendo conto solo ora.
<<Non ho chiuso occhio neanche per un secondo, le immagini di quell'appestato mi tormentano>> sbuffa. <<E a quanto pare, anche a te.>>
Annuisco e bevo un sorso dalla caraffa di vetro sul mio comodino.
*
Il sole del mattino mi riscalda il viso, i volti delle mie amiche davanti a me riempiono la mia visuale. Dioneo e Filostrato siedono sui tronchi attorno al falò, che ora è spento. Di Panfilo non c'è traccia.
Elissa ci racconta del suo ultimo appuntamento con Dioneo, di circa due settimane fa. E' la terza volta che ci racconta per filo e per segno il loro incontro.
Tutti quanti siamo ancora scioccati da ciò che è successo ieri notte, capisco che nessuno ha dormito dalle occhiaie scure impresse sui volti di tutti i miei compagni. Anche Elissa è scossa dalla morte dell'appestato, ogni sua frase e ogni suo gesto è rimasto impresso nella nostra mente, ma la mia amica sembra voler cambiare argomento parlando delle sue storie d'amore; penso che voglia solo sorpassare lo shock subito ieri sera, ignorandolo. Le diamo tutte corda, non facciamo caso ai nostri brutti ricordi, anzi, ci concentriamo sui passaggi del suo racconto, anche se li conosciamo già. L'unica che non cede a questo disperato e bizzarro teatrino d'indifferenza è Pampinea.
<<Sì, ricordo bene cosa è successo dopo. Mi sono cedute le braccia dalla noia e la mia mente ha pensato di usarle come armi per farti chiudere la bocca e per impedirti di andare avanti, parlando dei tuoi appuntamenti galanti che ci hai già raccontato.>>
<<Sei solo invidiosa di me perché non hai mai trovato qualcuno che ti sopporti oltre le tue amiche.>> Alza la voce Elissa e la sfida con lo sguardo. <<Hai mai avuto un fidanzato almeno? Qualche uomo ti ha mai invitata ad uscire?>>
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Ten damn days ( il Decameron )
RastgeleDieci persone e dieci giornate, non può andare bene... nel 1348 ci fu la peste e, come ci disse Boccaccio, dieci ragazzi scapparono da Firenze per un po', per divertirsi, per svagarsi, per fuggire da una città distrutta dalla malattia. Sette ragazze...