Capitolo 6

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Louis

mi avvicino alla macchina di mio fratello dove lui è appoggiato sul cofano.

- Come è andata?- chiede lui dandomi una pacca sulla spalla.

- Bene- dico sorridendo e prendendo il telefono in mano informandolo del nuovo numero che ha iniziato a fare parte della mia rubrica e della mia vita.

- Bravo fratellino, hai imparato dal migliore- dice mettendomi un braccio intorno alle spalle.

- Ma se sei più piccolo di me-.

- Solo di un anno-.

- Ma sei sempre più piccolo-.

-Dai torniamo a casa- dice lui sorridendo.

I suoi occhi marroni mi guardano ma dentro di loro non c' è più vita.

Il suo corpo inerme è tra le braccia di mio fratello.

Nate con la testa che gli sanguina.

Nelle mie mani c'è un telefono. 118 è il numero che devo chiamare.

Le sirene dell'ambulanza.

Le domande dei poliziotti.

La testa inizia a girare in un vortice senza fine.

  Mi sveglio in un bagno di sudore, non riesco più a riconoscere la differenza fra sogno e realtà. Sono ancora in macchina o no?  Mi metto seduto sul letto e cerco di tornare lucido. Le luci dell'alba rischiarano l'oscurità della stanza.

Nate entra dalla porta della mia camera e si siede accanto a me. 

- Ancora lui?- chiede riferendosi al sogno.

Annuisco asciugando una lacrima che è sfuggita dal lato del mio occhio. 

- Sono stanco Nate-.

- Lo so, ma non è stata colpa tua-.

Lui mi ripete quelle parole tutte le notti da tre anni e io rispondo sempre nello stesso modo:

- Rimani?-

Lui scosta le coperte leggere che ricoprono il letto e si sdraia accanto a me.

Quando eravamo piccoli dormivamo sempre insieme. Lui mi aspettava nel suo letto dall' altra parte della stanza e io lo raggiungevo non appena avevo finito di lavarmi i denti. Lui aveva paura di dormire da solo , aveva paura degli incubi.

"Io sono più grande, devo proteggerlo" mi riprtevo sempre ma adesso che ho venticinque anni è il mio fratellino di ventiquattro a farlo.

A proteggermi da un passato che è fin troppo nitido e che prorio non vuole andarsene e lasciarmi finalmente in pace.






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