Capitolo 10

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Louis

- Avevi detto di mantenere le domande per questa sera- le ricordo mentre ci avviamo verso casa sua.

- Si, potrei averlo detto- dice lei con fare intimidatorio, alzando un sopracciglio.

- Allora, che lavoro fai?- chiedo incuriosito dalla risposta.

- Lavoro in una casa di riposo. I giorni in cui ho lezione il pomeriggio lavoro la mattina e quando ho lezione la mattina lavoro il pomeriggio, come... - prova a dire ma la interrompo concludendo la sua frase.

- Come oggi-.

- Già. Tu, lavori?-

- Frequento la specializzazione in chirurgia, ho iniziato l'anno scorso-.

- Wow, allora è davvero utile averti accanto nel momento del bisogno- scherza lei.

- Tu mi troverai al tuo fianco ogni volta che vorrai-.

Arriviamo a casa sua e lei fa per salutarmi.

- Aspetta, ti riporto la felpa-, prova ad entrare in casa a prenderla ma viene fermata da me che circondo delicatamente il suo polso con le dita pe fermarla.

- No, non farlo. Me la darai la prossima volta-.

Lei si avvicina a me e mi circonda il collo con le braccia.

Il suo profumo alle rose mi avvolge ed io spero che si imprima dentro di me, così che non possa più farne a meno.

- Buonanotte Louis- sussurra al mio orecchio.

- Buonanotte Fanny-.

                              //

Nate è sdraiato sul letto bianco.

La testa fasciata.

Gli occhi chiusi.

- Nate- lo chiamo stringendogli la mano destra.

- Nate, svegliati-.

- Fratellino, svegliati! Ti prego Nate-.

- Scusa Nate, perdonami!-

- Non volevo farlo, Nate-

Abbasso la testa ma riesco a vedere una lacrima che riga la sua guancia.

Mi sveglio in preda al terrore, al terrore della vista di mio fratello, al terrore che lui abbia provato odio verso di me.

Al terrore che però è scomparso quando lui mi ha seguito in questa casa.

Lontano dai nostri genitori.

Mi alzo dal letto e mi avvicino al bagno.

Il contatto con l'acqua fredda
mi aiuta a riprendere i rapporti con il mondo. Mi asciugo e esco dal bagno tornando in camera.

Passo dalla cucina per prendere un bicchiere d'acqua e vedo mio fratello accasciato sullo sgabello dell'isola della cucina.

Una bottiglia di birra davanti a sé e in mano la foto di lei, quella che ho scattato io a casa dei nostri genitori.

Il braccio di lui circonda la vita di lei.

La ragazza guarda in camera, mentre lui guarda lei.

La guarda sorridendo, felice.

La guarda come se lei fosse la sua dea.

Lo era.

Lui era felice.

Lei era felice.

Poi però è crollato tutto.

Ed anche colpa mia.



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