Fuori c'era del sole, ma ne potevo vedere ben poco. Le tende erano chiuse ed entrava a spiragli, ma comunque diretti verso i miei occhi chiari. Li strizzai e ci portai una mano davanti, lamentandomi mugugnando. Che ore erano? Perché Harry non era più seduto di fianco a me?
Mi allungai nel buio verso il mio comodino, accendendo una lampada da tavolo e premendo il tasto per chiamare l'infermiera. Mi raggiunse in men che non si dica, con un sorriso in volto e gli occhi stanchi.
-Hai bisogno di aiuto?-
-Mh, posso uscire?- domandai titubante, e con voce spezzata. Volevo alzarmi e sgranchire per bene le gambe, perché non ce la facevo più. E poi volevo vedere Harry e scoprire che ore fossero.
La donna mi aiutò ad incamminarmi fino alla soglia della porta, servendomi poi di un palo fornito di rotelle per potermi muovere tranquillamente. Mi sono ridotta uno schifo, pensai arricciando in silenzio il naso.
-Faccia piano però, i pazienti dormono-mi avvertì, e allora corrugai la fronte confusa.
-Non è mattino?-
-Signorina Webb, sono le tre di notte-mi rispose gentilmente, e facendo un cenno con la mano prima di lasciarmi sola per i corridoi dell'ospedale. Le tre di notte? Ma non è possibile, io fuori avevo sicuramente visto il sole puntarmi in volto e c'erano i raggi dipinti sul pavimento, che attraversavano le fessure delle tende.
Insospettita abbassai la maniglia e tornai nella stanza, e a quel punto la luce del corridoio puntò Harry stravaccato sulla solita poltrona e le braccia conserte. Era sempre stato lì? Come avevo fatto a non vederlo?
Mi sentii la testa girare per un paio di secondi, così decisi di appoggiarmi al lettino e sedermici sopra a gambe contro petto. Ci nascosi dentro il volto e venni avvolta da un'improvvisa e forte malinconia, che mi portò ad inumidire gli occhi. Presi grandi bocconi d'aria cercando di non fare alcun tipo di rumore, ma mi sentivo così male. Era come una sensazione di disagio, imbarazzo, paura e dolore, tanto tanto dolore. Non soffrivo così dal giorno della morte dei miei genitori, ed è passato molto tempo da quel giorno.
-Camille- mormorò Harry alle mie spalle. Lo avevo svegliato, dannazione. Non gli risposi, rimanendo nella mia solita posizione. Quando poi alzai lo sguardo mi ritrovai faccia a faccia con i suoi occhi, ma non erano loro. Non riuscivo più a focalizzarmi sul loro bellissimo verde speranza, perché era sparito. Non avevano colore, erano spenti e non mi capacitavo di come potesse succedere.
Non riuscivo più a distinguere il colore degli occhi di Harry.
La sua mano passò su un mio fianco, e così fece poi l'altra. Mi strinse piano piano finché non abbandonai la mia posizione, per gettarmi a capofitto fra le sue braccia. Avvolsi le dita nei suoi capelli e sprofondai il volto nella maglia, singhiozzando rumorosamente.
-Cos'è successo, Cam?-domandò in un sussurro, e dondolandomi fra le sue braccia lentamente affinché mi calmassi.
-Sto diventando pazza-emisi a fatica, fra un piagnucolio e l'altro. Harry mi afferrò il volto e mi fissò dritto negli occhi.
-Non sei pazza-
-Ma lo diventerò-
-No, ti ho detto che non ti accadrà nulla-
-Non capisci-sospirai sciogliendo la presa.
-Camille, io sono qui e..- Lo interruppi bruscamente, e con voce tremolante.
-Lo fai perché ti fa stare meglio?-gli domandai, incrociando le braccia al petto ed osservando uno sguardo confusionario e rattristato dipingersi sul suo viso.
-Di cosa stai parlando?-
-Stare con una malata ti fa sentire migliore?-scandii bene le parole, quasi urlando. Non so cosa mi fosse preso, ma stavo per andare fuori di testa, io ne ero consapevole. Avevo queste centinaia di emozioni dentro di me che volevo esternare e non trovavo il modo giusto. Ho pianto, ho urlato, ho riso, ho provato a fare silenzio negli abbracci di Harry e a calmarmici, ma non ce la facevo.
-Non sai cosa stai dicendo-sbottò con tono serio, e portando una mano in avanti per farmi dare una calmata. Ma era questo il punto, io non mi potevo calmare. Stavo per morire, cristo santo! E mi sentivo colpevole per me stessa, che ho vissuto di merda fin dal primo attimo di vita. Per mia sorella, che crescerà quel bambino all'interno di sé stessa con la paura che io possa abbandonarla, e provocando al figlio qualche problema magari. E poi la lascerò da sola, completamente sola.Colpevole per Harry, che ha lottato per tutta la sua vita e quando stava per prendere fra le mani il suo futuro per farci qualcosa, io gliel'ho distrutto come niente fosse.
Vorrei soltanto andarmene senza lasciare sofferenza nel cuore di nessuno dei miei conoscenti. Questo è quello che mi spaventa più di qualsiasi altra cosa.
-Io non ce la faccio più, Harry. Io..-sospirai, balbettando e -voglio fermare tutto-aggiunsi decisa.
-Tutto cosa?- Sembrava arrabbiato adesso, e lo eravamo in due a quanto pare.
-Le iniezioni, le visite, la chemioterapia. Sto smettendo di essere una persona!-strillò mordendomi il labbro, per evitare di perdere altre lacrime che minacciano di cadere.
-Tu sei una persona, Camille. Hai sentito quel che hanno detto i medici: se eseguirai le cure come hanno detto e subirai un altro paio di interventi, potrai risolvere tutto-
Mi gettai sul mio letto, rivolgendo gli occhi ad un punto vuoto della stanza semi-buia. Ero stanca di dire la mia, di ripetere che per me curarmi era del tutto inutile. Sapevamo tutti che avrei dovuto spendere una vita a curarmi, per poi morire come ogni essere umano. Io non volevo vivere una vita così, andando avanti e indietro fra ospedali e ambulatori chirurgici.
-Io non vedo più i tuoi occhi- confessai tirando su con il naso. La gola mi bruciava, a tal punto che dovetti afferrarla con una mano per alleviare il dolore.
-Che cosa significa?-
-Che non li vedo più! Non sono più dello stesso colore, e sono..-tirai di nuovo su con il naso, prendendo poi fiato-..sono sfocati. E prima credevo ci fosse il sole, e non ho visto te vicino a me e adesso mi gira così tanto la testa e non mi sento più le gambe-Alle ultime parole scoppiai in un pianto totalmente più disperato, disperato a tal punto che Harry urlò il nome dell'infermiera e si gettò sul mio corpo accartocciato su me stessa.
Non capisco cosa stesse succedendo nella mia testa, era come se non potessi distinguere quando tendere le gambe per sorreggermi. Erano come addormentate, e come se non bastasse, avevo in mente un paio di voci. Non sapevo di chi fossero, ma erano una maschile ed una femminile. Sussurravano e non sempre era possibile capire cosa dicessero, a volte intuivo delle parole come abbandono e tremare, o perfino morte. Altre volte solo dei bisbigli, inutili bisbigli che mi fecero andare fuori di testa.
Mi fu data una sacca del ghiaccio da tenere sulla fronte, e un paramedico notturno raggiunse la stanza in fretta e furia. Non parlarono con me, che tremavo di freddo nonostante mi sentisti grondare di sudore.
Poi intravidi Harry coprirsi la faccia con le mani, chinandola verso il suolo. Il medico gli posò una mano sulla spalla, come fosse dispiaciuto per qualcosa. Sapevo che stavano per dirmi qualcosa di davvero pessimo, e speravo non fosse quello che credevo essere. Mi sforzai di ascoltare la conversazione, e riuscii a storpiarne una frase di senso compiuto.
"Il suo prossimo intervento verrà svolto questa notte stessa, se aspettiamo altro tempo non le rimarrà molto"
ragazze il prossimo capitolo sarà l'ultimo :(
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365 giorni per dirti ti amo.
RomanceLa storia non è assolutamente mia, io la sto pubblicizzando a vanessa. http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2395117&i=1 "Una risata così familiare riempì il mio cuore facendo smettere alle lacrime di scendere. Capii perfettamente chi fosse...