capitolo 11

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-Harry, p-puoi lasciarci un attimo da sole..?-annuì lentamente e se ne uscì lasciandoci per conto nostro là dentro; nello studio di mamma. Osservai la sua figura uscire dalla stanza e Paris chiudere la porta fulminandomi con lo sguardo. 
-Paris, io non..-
-Fermati, non voglio farti la predica-rimasi basita da quell'esclamazione, tanto da rimanere a bocca spalancata e continuare ad osservare mia sorella che rimaneva in quella sua solita posizione; braccia incrociate e testa piegata di lato.
Non chiesi nemmeno spiegazioni; stetti solo ad ascoltare le sue parole rimanendone piuttosto sconvolta dato che non è da lei passare sopra una cosa così inaspettata senza batter ciglio. 


-Camille, tu hai ventun anni e non sono di certo io a dirti cosa devi fare. E' una situazione sgradevole per una relazione, ma non sono nessuno per impedirti di baciare qualcuno o addirittura..innamorartene...Sappi solo che se non troveremo un benedetto intervento, farà molto male, ad entrambi..-sospirò, osservandomi in silenzio.-Vai dai, corri dal tuo Harry, credo -mi avvicinai a lei stringendola e ripetendole un miliardo di volte grazie sottovoce. Lei mi aveva sorriso.


Non appena scesi le scale notai Harry e Noemi intenti a parlare seduti al tavolo. La rossa lo fissava con occhi sgranati, mentre lui parlava e parlava. Lo invitai a tornare al piano superiore per andare a recuperare il suo maglione e il resto della sua roba. Non appena uscì di scena la mia migliore amica mi strattonò per il braccio e mi sussurrò sorridendo maliziosa.


-Te la fai con quello?-la rimproverai dicendole di avere un po' di contegno mentre lei continuava a ridere divertita. Non appena le risposi di sì scoppiammo a ridere entrambe mentre Paris ci fissò facendo roteare gli occhi per la centesima volta e scuotendo la testa.

 
Raccontai loro della sua vita e del fatto che fosse un ragazzo di strada e mentre mia sorella si limitò a non dire nulla, Noemi non faceva altro che sospirare quanto fosse romantico. 'Quando avrai intenzione di dirglielo?' mi avevano chiesto in attesa di una risposta da parte mia.

Io onestamente non avrei voluto dirgli proprio nulla; lo conosco da poco, ma da abbastanza per capire quanto sia sensibile.Gli avrei spezzato il cuore in due e non avrei mai voluto farlo. 
Mi avevano anche domandato se ora lo considerassi il mio ragazzo ed io avevo arricciato il naso e abbassato lo sguardo, scuotendo la testa. Harry non può essere definito 'il mio ragazzo', non è un'etichetta che gli si addice affatto. Era solo una persone alla quale volevo molto, molto e molto bene. 

Non appena udimmo dei passi percorrere la scalinata di casa mia tornammo serie e cercammo di non far notare l'improvvisa malinconia celata sui nostri volti. Lui sorrideva e si era avvicinato giocherellando con le maniche della sua maglia con fare nervoso.

-Allora, passate più tardi voi due?-mi fulminarono, ma subito dopo annuirono decidendosi finalmente ad infilarsi i cappotti ed uscire di casa dicendomi che sarebbero arrivate verso le otto di quella sera. 

-Cosa ti ha detto?-mi aveva domandato Harry subito dopo avermi chiesto il permesso di bere un sorso del caffè da me preparato. Sorridente gli risposi che non mi era toccata nessun rimprovero e che non avremmo creato nessun disturbo a nessuno se avessimo continuato a scambiarci "gesti d'affetto", diciamo.

Mi aveva sorriso anche lui, invitandomi di nuovo a sedermi sulle sue gambe. Mi assicurai che lo volesse davvero questa volta e dopo che annuì feci come mi chiesi facendo così entrare in contatto la pelle nuda delle mie gambe con quella del tessuto dei blue jeans di seconda mano.

Aveva sollevato il mio viso con due dita sotto il mento e mi aveva donato uno di quei suoi dolci e caldi baci che ti riscaldano tutto il corpo in un batter d'occhio. Non appena si staccò io rimasi ad occhi chiusi ansimando, quasi, come se mi avesse privato di ossigeno.

-Tutto bene, Eugene?- riaprii gli occhi nascondendo un ghigno infuriato e divertito allo stesso tempo, mentre lui sghignazzava osservandomi. Gli avevo colpito la spalla, ma nonostante non gli facessi alcun male, era come se mi sentissi in colpa e d'istinto mi avvicinai a lui abbracciandolo. Aveva ricambiato sfregando ancora ,in quel modo che solo lui sa fare, la sua grande mano sulla mia schiena.

Il mio respiro si fermò in gola non appena sentii il suo tocco risalire lentamente la mia coscia e quando le sue dita sfiorarono il mio inguine mi accorsi di quanta confidenza e sicurezza avesse ora mai preso con me, e nonostante tutto, non sembrava affatto sfacciato.

Non aveva nemmeno compiuto chissà quale azione ripugnante, teneva solo lì la sua calda mano trasmettendomi sicurezza.
Iniziai a farfugliare che adesso sarebbe dovuto andarsene perché avrei dovuto iniziare a vestirmi per la cena, ma non voleva alzarsi da quella sedia. Sorrisi mettendomi in piedi senza perdere il contatto con le nostre labbra.

Lo costrinsi ad alzarsi in quel modo e riuscimmo a raggiungere persino la porta, alla quale lui si appoggiò pesantemente di peso reggendosi con le sue forti braccia tese. 
-Posso tornare qui domani? Alle..nove?-mi aveva sorriso.

Io, sotto la sua enorme e potente figura, ricambiai il sorriso ed annuii mordendomi il labbro, per poi costringerlo ad uscire di casa, lasciandomi completamente sola con decine di vestiti e trucchi da scegliere. 

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