HARRY POV'S.
Non so come abbia fatto a ridurmi in quello stato, ma erano due ore piene che piangevo senza mai darmi tregua. Ero consapevole che a pochi metri da me dei chirurghi lavoravano con ferri sul cervello di Camille, ed io ero chiuso nel bagno a piangermi addosso. Non si può assistere ad un'operazione del genere, e in ogni caso non avrei voluto farlo. Sarebbe stato struggente assistere ad un momento così incisivo sulla vita della persona che amo. Avevo chiamato sua sorella ed era corsa a gambe levate in ospedale, con addosso il pigiama ed una felpa da casa addosso. Era già in lacrime quando la vidi, e tutto quello che fui capace di fare fu stringerla. La consolai con il mio silenzio e le mie lacrime, e lei fece lo stesso con me. Ormai erano trascorse cinque ore.Fuori c'era luce da un bel po' di tempo, ed io e Paris eravamo ai distributori pubblici con un bicchiere di caffè in mano a testa. Io ero stanco, ma non riuscivo proprio a chiudere occhio. Mi bruciavano gli occhi e mi sudavano le mani, ma non potevo fare a meno che pensare a lei, che stava decisamente peggio di me.
Come ho potuto arrabbiarmi? Ora ero furioso con me stesso, perché lo ero stato precedentemente con lei. Avrei dovuto immediatamente allarmare queste strane sensazioni che diceva di provare. Perché avevo addirittura dovuto aspettare che non potesse più vedere i miei occhi, per aiutarla?
Sono un perdente, un idiota, uno stupido. Meriterei solo ed unicamente di andarmene al posto di Camille. Lasciare la sua vita in pace ed osservarla crescere e costruirsi una vita nel migliore dei modi. Se soltanto avessi potuto essere io quello in una situazione del genere, l'avrei lasciata con la consapevolezza che l'avrei sempre tenuta d'occhio come fossi il suo angelo custode.
-Non è colpa tua, Harry- Mi voltai verso Paris, che erano ore che non fiatava-Anche a me aveva detto di aver visto un gatto nel corridoio dell'ospedale-sghignazzò amaramente.
-Un gatto?-chiesi.
-Sì, un gatto grasso e grigio. Le avevo detto di non dire sciocchezze e di tornare a riposare. Perciò se proprio vuoi darti la colpa, puoi darla anche a me-sospirò posando il mento sul palmo di una mano. Avvolsi le sue spalle con le braccia e l'abbracciai per un paio di secondi. Si alzò improvvisamente, scusandosi e scappando all'interno del bagno.
Ci furono attimi di silenzio, prima che la sentissi emettere dei versi di rigetto. Stava vomitando, oh perfetto. Questa giornata non sarebbe potuta andare peggio di così.
Sentii lo sciacquone del WC, e lo scorrere dell'acqua del lavandino. Quando uscì di nuovo mi sorrise debolmente e si sedette di nuovo. Afferrò la testa fra le mani, e scoppiò a piangere.
Non dissi o feci nulla, rimasi semplicemente ad occhi chiusi ad assorbirmi il suo dolore e cercare di sopprimere il mio. Sentii un rumore di passi, e alla nostra destra camminavano verso di noi due medici. Uno vestito di bianco e l'altro di verde.
-Paris-la chiamai in un sussurro e scuotendole il ginocchio. Si asciugò le lacrime ed entrambi di alzammo in piedi. Sentivo che il loro verdetto sarebbe stato decisivo in qualche modo, e speravo solo in positivo__________________________________________________________________________________
ciao ragazze come ho detto all'inizio di questa storia non la scrivo io ma una mia amica e lei non aveva più voglia di continuare perchè non la legge quasi nessuno però sono riuscita a convincerla a fare questa piccola parte, non so quando scriverà la fine dipende da quanti la leggono credo, vi faro sapere un bacio ele :)
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365 giorni per dirti ti amo.
RomansaLa storia non è assolutamente mia, io la sto pubblicizzando a vanessa. http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2395117&i=1 "Una risata così familiare riempì il mio cuore facendo smettere alle lacrime di scendere. Capii perfettamente chi fosse...